22/10/2015, 00.00
TURCHIA
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Attentati ed elezioni: Ankara colpisce la stampa. Giornalisti minacciati e arrestati

La strage alla marcia della pace e il voto del primo novembre hanno rafforzato la censura. Almeno 20 cronisti sono finiti di recente in prigione, con accuse legate alla legge antiterrorismo. Attivisti internazionali confermano il “deterioramento” in tema di libertà di espressione. Nel mirino il presidente Erdogan.

Istanbul (AsiaNews/Agenzie) - In Turchia è in atto una repressione sistematica della libertà di stampa, caratterizzata da censure, intimidazioni e arresti di giornalisti. La tretta è peggiorata ancora di più nelle ultime settimane, il seguito al sanguinoso attentato alla marcia della pace del 10 ottobre scorso ad Ankara in cui sono morte oltre un centinaio di persone. A lanciare l’allarme è un movimento formato da giornalisti internazionali che, nei giorni scorsi, ha compiuto una “missione di emergenza” nel Paese e che traccia un bilancio drammatico: “Molti giornalisti - afferma Barbara Trionfi, direttore esecutivo di International Press Institute - sono in prigione solo per aver svolto il proprio lavoro, che è quello di riferire le notizie all’opinione pubblica”. 

Almeno 20 giornalisti sono stati arrestati di recente, la maggior parte dei quali per accuse correlate alla famigerata “Legge antiterrorismo”. Gli arresti testimoniano una crescente pressione da parte delle autorità di governo - e dei suoi sostenitori - sulla stampa e i cronisti indipendenti. Il mese scorso decine di simpatizzanti filo-governativi hanno manifestato davanti alla sede di Hurriyet, dopo la pubblicazione di un articolo (a loro dire) denigratorio nei confronti di Erdogan; qualche giorno più tardi un editorialista del quotidiano è stato picchiato in modo brutale. 

A conclusione della missione in Turchia, i membri di International Press Institute confermano i “timori” per il progressivo “deterioramento” della libertà di stampa nel Paese e il possibile “impatto” sulle elezioni in programma il primo novembre. Durante una conferenza stampa a Istanbul, gli attivisti riferiscono che da mesi alcuni giornalisti sono rinchiusi in carcere in attesa di processo; altri sono già stati condannati per presunti legami con il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), dichiarato fuorilegge dalle autorità di Ankara. 

L’offensiva militare contro i separatisti curdi e l’avvicinarsi delle elezioni generale, la seconda tornata in cinque mesi, hanno spinto il presidente Recep Tayyip Erdogan a stringere ancora di più le maglie della stampa. Da qui l’arresto e l’espulsione di giornalisti internazionali, l’attacco a uno dei volti più noti della stampa anti-governativa, la “propaganda del terrore” lanciata contro il quotidiano per il quale lavora. 

Già il 7 giugno scorso Erdogan aveva provocato vibranti proteste dopo aver promesso di “farla pagare a caro prezzo” al direttore del giornale laico Cumhuriyet, reo di aver pubblicato in prima pagina la notizia secondo cui vi sono prove dell’invio di armi dalla Turchia ai ribelli siriani. E ancora, a settembre la cronista olandese Frederike Geerdink è stata cacciata dopo essere stata arrestata nel corso degli scontri fra ribelli curdi e forze di sicurezza curde. 

In una nota ufficiale International Press Institute si rivolge al presidente Erdogan perché “smetta di esercitare pressioni sui proprietari e/o i direttori di giornali critici” verso il governo e “interrompa l’uso della retorica negativa e ostile volta a colpire i giornalisti”. Proprio in questi giorni il governo di Ankara ha chiesto a tutti i cronisti nazionali e internazionali di accreditarsi in un’apposita lista, per poter coprire le elezioni del prossimo novembre. 

Secondo quanto riferisce il Comitato internazionale per la protezione dei giornalisti, per ben due anni (2012 e 2013) la Turchia ha detenuto il poco ambito primato di Paese con il maggior numero di giornalisti arrestati, superando in classifica sia l’Iran che la Cina. Nell’ultimo anno la situazione è di poco migliorata e la Turchia è scesa in decima posizione per numero di fermi. Tuttavia, secondo i proclami del presidente Erdogan la Turchia “è la nazione con la maggiore libertà di stampa al mondo”. Un assunto smentito anche da Reporters senza frontiere, che piazza il Paese al 149mo posto su 180 (dati del 2015) in tema di libertà di stampa, con un “aumento pericoloso della censura”. 

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