11/08/2014, 00.00
IRAQ
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Caos Iraq: al Maliki contro il presidente, forze fedeli al premier occupano vie di Baghdad

Il Primo Ministro ha ordinato lo stanziamento di truppe nelle aree strategiche della capitale, in particolare attorno alla “Zona Verde”. Maliki intende denunciare il capo di Stato per violazione dei termini costituzionali. Gli Stati Uniti rinnovano la fiducia nel presidente, il curdo Masum. Intanto continua l’impasse politica, nuova seduta del Parlamento per il 19 agosto.

Baghdad (AsiaNews/Agenzie) - Le forze di sicurezza irakene fedeli al Primo Ministro Nouri al Maliki hanno occupato diversi punti strategici della capitale, Baghdad, concentrandosi attorno alla "Zona Verde", sede delle principali istituzioni nazionali e delle rappresentanze diplomatiche. Nel frattempo  al Maliki, sciita, conferma di voler continuare con un terzo mandato alla guida del Paese; per questo egli respinge le richieste di dimissioni e intende denunciare il presidente Fuad Masum, per violazione della Costituzione non avendogli ancora affidato l'incarico. La linea dura scelta dal premier è un messaggio tanto ai rivali interni - sunniti, ma anche gli stessi sciiti non schierati col governo e curdi - in Iraq, quanto agli Stati Uniti che, nei giorni scorsi, avevano rinnovato il loro sostegno al presidente Masum. In un messaggio diffuso via Twitter un alto funzionario di Washington - al quarto giorno di raid aerei contro le milizie del Califfato nel nord, per fermarne l'avanzata in territorio curdo - ha dichiarato "pieno sostegno al presidente dell'Iraq Fuad Masum, in quanto garante della Costituzione". 

Il partito del Primo Ministro, uscito vincitore alle elezioni dell'aprile scorso, è in attesa di ricevere l'incarico per un terzo mandato; tuttavia, da settimane una frangia interna e gran parte della comunità internazionale - Stati Uniti, Onu, governi europei - chiede al premier di rinunciare, in favore di un governo più ampio di unità nazionale. Al Maliki è finito nel mirino della critica per aver attuato una politica incapace di riconciliarsi con i sunniti e per non aver garantito sicurezza al Paese, specie nell'ultimo periodo con l'avanzata nel nord delle milizie del Califfato islamico (ex Isis, Stato islamico dell'Iraq e del Levante).

Per molti sarebbero state proprio le politiche "confessionali" del premier, discriminatorie verso sunniti e curdi, a favorire l'avanzata dei jihadisti e il sostegno di parte del mondo sunnita irakeno. 

Intanto lo stesso al Maliki ha ordinato il dispiegamento di truppe dell'esercito e di mezzi blindati per le vie della capitale, dopo che il Parlamento ha sospeso la seduta di ieri aggiornandosi al prossimo 19 agosto senza aver designato un candidato premier. Il leader sciita ha perso nel tempo il sostegno di Stati Uniti, Iran, dei vertici religiosi sciiti e di parte del suo stesso schieramento, ma appare deciso a rimanere al potere e avviare un terzo mandato.  

In base ad accordi non scritti, la carica di primo ministro spetta a uno sciita, quella di presidente del Parlamento a un sunnita e quella di presidente della Repubblica a un curdo. Nonostante le ultime due cariche siano già state assegnate nelle ultime settimane, quella della guida del governo rimane vacante. Stime Onu riferiscono che luglio è stato un mese tragico per l'Iraq, in particolare per i civili: in atti di terrorismo e violenza sono morte 1.737 persone, mentre altre 1.978 sono rimaste ferite, mentre il governo centrale - lacerato da faide interne che non hanno finora determinato la destituzione del contestato premier Nouri al Maliki - appare incapace di fronteggiare la minaccia. 

 

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