20/02/2018, 12.14
CINA-VATICANO
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Cari nostri vescovi cinesi, dov’è la misura del vostro cuore?

di Joseph*

Un giovane cattolico della comunità ufficiale, apprezza la lucidità e il realismo di mons. Guo Xijin (vescovo sotterraneo), e dubita dello stile di altri vescovi sotterranei o ufficiali, come mons. Han Zhihai e Wei Jingyi. Una meditazione ad alta voce su gioie e dolori dei fedeli cinesi davanti al cosiddetto “imminente” accordo fra Cina e Vaticano.

Nanchino (AsiaNews) – “Misura”: nella cultura cinese indica uno strumento per determinare quantità, lunghezza, altezza, profondità o distanza di una cosa; o può essere uno strumento per misurare le cose. Può anche essere uno standard per determinare e misurare cose, e perfino per stimarle e rifletterci.

Il titolo di questo articolo si riferisce a come la Chiesa in Cina misura il cuore, e non la coscienza (sebbene in cinese queste due parole siano pronunciate in modo simile). L’articolo si focalizza sui temi infuocati di cui si parla oggi nella Chiesa di Cina, condividendo alcuni miei punti di vista.

Nel novembre 2017, mons. Giuseppe Han Zhihai di Lanzhou (Gansu, Cina nord-occidentale), ha pubblicato alcune lettere aperte su Catholic Online [un sito cattolico cinese – ndr], provocando molte discussioni e critiche. Io pure ho letto diversi commenti scritti dai sostenitori di mons. Han. Quando alcuni miei amici da fuori della Cina mi hanno domandato su questo tema, chiedendomi il parere, io ho solo sorriso un po’ amaramente. E ho detto a un mio amico: “Mons. Han dovrebbe tacere”. Il mio amico era curioso di capire la mia risposta, ma io sono rimasto in silenzio. Non avevo una risposta, o piuttosto temevo che la mia risposta lo cogliesse di sorpresa e lo confondesse. Molti stranieri non comprendono la Cina reale. Essi non comprendono perché mons. Han fosse così desideroso di spiegarsi e di mostrarsi “pulito”[1]. Per questo non ho espresso il mio punto di vista.

La festa del Capodanno cinese [iniziata il 16 febbraio – ndr] è sempre molto vivace, con tanto rumore ed eccitazione. Ad unirsi al circolo dell’allegria non vi è solo mons. Han, ma anche l’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia accademia delle scienze, che ha elogiato la Cina per essere la migliore nell’applicare la dottrina sociale della Chiesa. Nella valanga di commenti – tutti in un solo senso – ve n’era uno divertente che descriveva l’arcivescovo come uno che aveva bevuto troppo vino da messa, prima ancora di presiederla.

Al coro vivace si è aggiunto naturalmente l’irritante card. Joseph Zen. Il vescovo emerito di Hong Kong, con il suo solito stile, ha rivelato che la Santa Sede e la Cina sono quasi giunti ad un accordo sulle nomine dei vescovi. La Santa Sede perdonerà i vescovi illeciti della Cina, e intende mettere da parte mons. Zhuang Jianjian per lasciare spazio e far assumere la carica a mons. Huang Bingzhang; e farà indietreggiare mons. Guo Xijin di Mindong per aprire la strada a mons. Zhan Silu. Il suo articolo ha subito creato una tempesta.

La rapidissima risposta è giunta dal card. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Senza nominare il card. Zen, in un’intervista il card. Parolin ha sottolineato: “Certo, sono tante le ferite oggi ancora aperte. Per curarle, occorre usare il balsamo della misericordia”.

Padre Gan Baolu, un famoso blogger in Cina, ha scritto delle sofferenze di mons. Han Zhihai e il suo istallarsi come vescovo della Chiesa ufficiale per il bene dell’evangelizzazione, e ha criticato il card. Zen come il principale responsabile nel creare conflitti contro la normalizzazione fra Cina e Vaticano.

Durante il Capodanno cinese, sono fioriti molti altri eventi, come l’intervista di alcuni media stranieri al p. Zhao Qinglong di Pechino, in cui egli esprime le sue vedute e i suoi commenti; i cattolici di Hong Kong che lanciano una raccolta di firme, chiedendo alle conferenze dei vescovi nel mondo di esprimere la loro preoccupazione per l’accordo Cina-Vaticano. A questo proposito sono stati organizzati anche raduni di preghiera.

Uca News ha pubblicato un’intervista a mons. Guo Xijin di Mindong, il quale ha detto che egli non accetta l’accordo, ma avrebbe obbedito alla decisione della Santa Sede e avrebbe persuaso i suoi fedeli che vorrebbero rigettare la decisione.

In questa atmosfera così frizzante, non si poteva perdere – naturalmente – la cosiddetta voce autorevole del vescovo sotterraneo mons. Wei Jingyi di Qiqihar. Mons. Wei afferma: “Voglio chiedere agli amici fuori della Cina continentale, inclusi quelli di Hong Kong, Macao, Taiwan e tutti gli altri sparsi nei vari continenti, pregandoli con tutto il cuore: per favore, non parlate a nome nostro, non abbiate la pretesa di parlare al nostro posto, di parlare a nome della Chiesa clandestina”.

La festa del Capodanno per i cinesi è sempre molto viva e piena di spirito. La festa piena di gioia e di divertimento, è [anche] segnata da stanchezza e da umori oscuri. Il Capodanno è segnato dalle migrazioni, dalla pressione del traffico, dalla mancanza di lavoro e dalle città vuote. La gente che ritorna a casa fa i paragoni, esibisce i suoi guadagni, si ubriaca, gioca d’azzardo e così via, ma rimane sempre annegata e divertita. Lo stesso per la Chiesa in Cina. La Chiesa si sviluppa, ma è piena di molti problemi oscuri.

Nella sua lettera aperta, mons. Han Zhihai cita la Lettera ai cattolici cinesi di Benedetto XVI come base per il suo entrare nella Chiesa ufficiale. Non voglio giudicare il gesto di mons. Han, perché egli ha agito come la maggior parte degli altri vescovi istallati nella Chiesa ufficiale. Io non ho trovato ciò particolarmente strano, anche perché l’istallazione di mons. Han è giunta anni più tardi rispetto ad altri. L’entrata di mons. Han nella Chiesa ufficiale può portare al rapido sviluppo dell’evangelizzazione della diocesi di Lanzhou. Forse potrà aiutare a glorificare Dio e portare benefici al popolo. Ma senz’altro porterà una doppia lode al vescovo da parte del governo cinese e della Santa Sede.

In ogni modo, mons. Han non avrebbe voluto togliersi di dosso il suo manto da vescovo con su ricamate le parole “lealtà” e “sotterraneo”. Nella sua lettera aperta egli ha voluto esprimere un pensiero: Non solo io indosso un manto di “lealtà” e di “sotterraneo”, ma perfino i miei indumenti intimi sono segnati da “lealtà” e “sotterraneo”. Ma l’articolo di p. Gan Baolu, dal titolo “Come mai la Chiesa di Cina è colpita da dicerie?”, ha completamente denudato mons. Han, togliendogli gli indumenti intimi di “lealtà” e di “sotterraneo”.

Sulla retorica dell’arcivescovo Sanchez Sorondo, nell’elogiare la Cina, non voglio commentare oltre. In quanto cinesi, trovandoci con un ospite straniero, che ha fatto una lunga strada per arrivare in Cina, è ovvio per noi mostrare le nostre virtù ancestrali di ospitalità. Come nel Capodanno, noi offriamo ai nostri ospiti i piatti migliori. E di fronte agli ospiti, senza guardare troppo per il sottile, in modo intenzionale o non intenzionale, esageriamo un pochino. Prendendo a prestito il linguaggio del web, è come “baizuo Shengmu[2].

Il 16 febbraio scorso, il primo giorno del Nuovo anno, Vatican Insider ha pubblicato un’intervista con mons. Wei Jingyi, che ha detto: “Nella realtà attuale della Repubblica popolare cinese, nessuno può dire di rappresentare la Chiesa clandestina. Se qualcuno ha ricevuto da una comunità particolare o da una singola persona la richiesta di diffondere messaggi a nome loro, dichiari apertamente che lui parla a nome e per conto di quella determinata comunità o di quella singola persona, e di nessun altro. Io stesso non voglio essere “rappresentato” da qualcun altro, senza essere nemmeno informato. E seguendo quello che mi suggerisce la fede, a nome mio e della comunità affidata da Dio alla mia cura pastorale, voglio dichiarare solennemente: comunque vadano a finire le relazioni tra Cina e Vaticano, noi obbediremo totalmente alla decisione del Papa e della Santa Sede, qualsiasi essa sia. E non chiederemo nemmeno il perché”.

Sulle interviste ai due vescovi sotterranei, mons. Guo e mons. Wei, ho sentimenti contrastanti di gioia e tristezza. È per me una gioia sapere che la Chiesa in Cina ha ancora vescovi come Guo, un leader con grande saggezza e umiltà; ma sono triste nel vedere mons. Wei che non risparmia sforzi nel mostrare il suo grande sfarfallio.

Mons. Guo, interrogato dagli agenti del governo, ha spiegato le condizioni della Cina e della Chiesa in Cina, dando un resoconto equilibrato e ragionevole. Mons. Wei, che viene dalla Cina del Nord-est, pensa di essere il leader della Chiesa sotterranea cinese. In ogni modo, molti cinesi sul web hanno commentato la sua intervista dicendo: Così, nemmeno lui (Wei) può rappresentare la voce della Chiesa sotterranea perché la nostra Chiesa è universale e dobbiamo parlare secondo i principi universali della verità.

Il mio cuore è rattristato: cari nostri vescovi cinesi, dov’è la misura del vostro cuore?

Su questo tema io volevo discutere la misura del cuore, non della coscienza. I vescovi rappresentano un tipo di standard nella Chiesa. La vostra misura è il metro della Chiesa, uno standard per lo sviluppo della Chiesa. Se la vostra misura del cuore perde imparzialità, ciò significa che lo strumento per misurare la grandezza della Chiesa cambierà di conseguenza. Tutto ciò non solo influenza la direzione dello sviluppo della Chiesa, la Chiesa sotto la vostra direzione, ma anche la salvezza delle anime dei fedeli. San Giovanni Crisostomo ha detto: “La strada dell’inferno è lastricata di teschi di preti erranti; quelli dei vescovi sono usati come pietre miliari”.

 

*Laico della Chiesa ufficiale, della Cina dell’est.

 


[1] Mons. Han, per anni vescovo sotterraneo, è stato riconosciuto dal governo alcuni mesi fa per un accordo fra Pechino e il Vaticano. Si è poi scoperto che egli da anni cercava il riconoscimento governativo. Ora, come vescovo ufficiale, ha compiuto alcune scelte contro la comunità sotterranea. V. AsiaNews.it, 10/11/2017, “Da sotterraneo a ufficiale: si insedia il vescovo di Lanzhou, mons. Han Zhihai”.

[2] I cinesi sul web usano da tempo il termine “baozuo” (lett.: “sinistra bianca”) per prendere in giro le élite liberali dell’occidente. “Shengmu” (lett.: Santa Madre) si riferisce a persone dal cuore gentile.

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