09/12/2013, 00.00
RUSSIA-UCRAINA
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Chiesa e popolo in Ucraina rivendicano l'autonomia da Mosca

di Nina Achmatova
Continua la protesta a Kiev contro la rinuncia del presidente Yaukovich all'integrazione europea, dettata dalle pressioni della Russia. Il patriarca della Chiesa ucraina di Kiev, Filaret, si schiera con i manifestanti e rilancia l'appello all'unità e all'autocefalia.

(AsiaNews) - Nei giorni delle proteste di piazza in Ucraina non è solo una parte del popolo ucraino a rivendicare l'integrazione con l'Europa e l'autonomia da Mosca, ma anche parte della Chiesa ortodossa locale, schieratasi apertamente a favore dei manifestanti e che ha rilanciato l'appello per il riconoscimento dell'autocefalia [l'indipendenza da altre Chiese]. Mobilitata ormai da quasi 20 giorni, la piazza inizialmente chiedeva la firma dell'accordo di associazione con l'Unione europea, a cui il presidente Viktor Yanukovich si è sottratto, cedendo alle pressioni della Russia. Col passare dei giorni, però, tra la violenza usata dalla polizia sui manifestanti e le manovre dietro le quinte del presidente, che continua a strizzare l'occhio al Cremlino, l'obiettivo da raggiungere è diventato almeno quello delle dimissioni del governo.

Mosca ha impiegato diversi giorni prima di rompere il silenzio sugli eventi in corso a Kiev. Il presidente Vladimir Putin ha parlato solo il 2 dicembre, criticando il carattere nazionalista della protesta, che - a suo dire - "più che a una rivoluzione somiglia a un pogrom". Per Putin, le manifestazioni a Kiev "non hanno nulla a che fare con le relazioni tra Ucraina e Ue", ma "sono state preparate in vista delle elezioni presidenziali del 2015" e per far cadere "le autorità legittime" del Paese, con "gruppi di militanti ben addestrati". Riferimento diretto al sempre paventato "intervento straniero", come nel caso della rivoluzione arancione del 2004.

Anche la Chiesa ortodossa russa ha tardato a commentare la situazione ucraina, dove parte del clero è sceso in piazza con la gente e, lo scorso 30 novembre, ha offerto aiuto e riparo ai manifestanti nella cattedrale di San Michele a Kiev. L'8 dicembre, il patriarca Kirill ha lanciato un appello alla "pace" in Ucraina e affinché "venga conservata l'unità spirituale della Santa Rus', l'unità della sua Chiesa". Quello dell'"unità" tra i due popoli vicini è lo stesso leit-motiv di Putin, dei media ufficiali e la convinzione anche della maggior parte dei russi: un sondaggio condotto di recente dal centro Levada ha mostrato come il 61% degli intervistati non ritenga l'Ucraina uno "Stato estero". Proprio la perdita di questa unità, è quello che si teme sia al Cremlino, che al monastero Danilovsky (sede del Patriarcato).

Paese da 45 milioni di abitanti, l'Ucraina è l'ex repubblica sovietica più vasta dopo la Russia (escluse quelle centroasiatiche) ed è un pezzo importante dell'ex Impero, una pedina fondamentale nella costruzione del sogno eurosiatico putiniano di riunire sotto l'influenza economica e politica di Mosca l'ex spazio sovietico. Il progetto dell'Unione euroasiatica non può prescindere da Kiev per motivi economici, dati i forti legami russo-ucraini in tutti i settori della produzione e del commercio; geostrategici, con il porto di Sebastopoli che ospita la flotta russa sul Mar Nero; ma anche storico-culturali. L'idea è quella della confederazione del russki mir (il mondo russo), che ha alla sua base il riferimento alla Rus' di Kiev, ritenuta culla della Russia moderna, e di cui nel luglio scorso lo stesso Putin ha presieduto alle celebrazioni, insieme ai vertici della Chiesa ortodossa, dei 1025 anni della conversione al cristianesimo. Su questo punto, gli interessi del Cremlino coincidono con le aspirazioni del Patriarcato di Mosca, intenzionato ad assumere il ruolo di erede della tradizione cristiana orientale e esercitare la sua influenza su quell'immenso spazio transnazionale, dominato dalla cultura russa e dalle tradizioni ortodosse. L'Ucraina, in quest'ottica, è anche funzionale ad arginare il peso delle repubbliche dell'Asia centrale, a maggioranza islamica. Come il Kazakhstan, che ha già aderito insieme alla Bielorussia all'Unione doganale con Mosca.

Per questo, insieme al grido "Europa, Europa" scandito dalla piazza Indipendenza di Kiev non devono essere piaciute a Mosca neppure le prese di posizione del patriarca Filarete, 84enne capo della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev, a cui apparterrebbe - secondo diverse stime - circa il 15% della popolazione.  "La nostra Chiesa è con la gente", ha spiegato al New York Times il primate, scomunicato dal Patriarcato di Mosca nel '97 e guida di una delle tre entità della Chiesa ortodossa nel Paese, insieme alla Chiesa ucraina autocefala e a quella ucraina-Patriarcato di Mosca. Solo quest'ultima è in comunione con le altre Chiese ortodosse orientali, mentre le prime due - anche a causa delle pressioni russe - non sono mai state riconosciute. "Preghiamo Dio perché ci aiuti a entrare nell'Unione europea, in modo da mantenere la nostra sovranità nazionale, la pace e migliorare la vita delle persone", ha aggiunto Filarete. "La Chiesa russa - ha poi detto in una lunga intervista alla radio Eco di Mosca - deve riconoscere quella ucraina come autocefala e poi instaurare relazioni fraterne, come con le altre Chiese ortodosse. Questo sarebbe buono per la Chiesa ucraina e anche per quella russa". "Sono sicuro che Patriarcato di Kiev e Patriarcato di Mosca saranno un'unica Chiesa ortodossa ucraina", ha poi concluso, rifiutando di essere definito scismatico e sottolineando che già esistono "segnali di cambiamento, diretti all'unificazione".

 

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