01/02/2012, 00.00
MYANMAR
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Chiese e parrocchie aprono le porte ai profughi Kachin

Sono ancora decine di migliaia gli sfollati a causa del conflitto fra esercito birmano e milizie etniche ribelli. I leader locali respingono un nuovo "cessate il fuoco" e chiedono un "dialogo politico". Sacerdote locale: problemi con il rifornimento di cibo. Timori per le condizioni igienico-sanitarie.
Yangon (AsiaNews) - I profughi Kachin, che da mesi hanno abbandonato le loro case per il conflitto fra esercito birmano e milizie ribelli, hanno "paura" di rientrare perché temono una nuova ondata di violenze. A dispetto dei colloqui di pace fra rappresentati governativi e leader militari del Kachin Indipendence Army (Kia), la tensione non accenna a diminuire e per le decine di migliaia di sfollati - ospitati in strutture cristiane o case private - il futuro resta ancora incerto. Intanto i capi politici della minoranza etnica nel nord del Myanmar, nell'omonimo Stato al confine con la Cina, precisano di non essere interessati a un "cessate il fuoco", ma vogliono un "dialogo politico" formale con l'esecutivo guidato dal presidente Thein Sein. Il riacutizzarsi della guerra nel giugno scorso - dopo 17 anni di relativa calma - mostra secondo i leader Kachin che tutte le questioni più importanti, fra cui una "maggiore autonomia" sono rimaste irrisolte.

P. Luke Kha Li, parroco della chiesa di San Patrizio a Manwingyi (nel distretto di Bhamo), spiega a Ucan che le maggiori preoccupazioni sono "il rifornimento di cibo" ai profughi e le modalità di rientro nei loro villaggi. Nell'area ancora oggi quasi 500 profughi hanno trovato rifugio nei locali della parrocchia, mentre altri 1200 circa sono ospitati in abitazioni private, con il sostegno attivo di Karuna Banmaw Social Service (la Caritas locale).

Da quando è riesploso il conflitto fra esercito birmano e minoranza Kachin, nel giugno 2011, circa 60mila persone hanno lasciato le loro case trovando rifugio in chiese, parrocchie e case private di cristiani, che hanno aperto le porte per accogliere gli sfollati. Gli operatori umanitari hanno lanciato un allarme, esprimendo "forti preoccupazioni" per le condizioni di salute e igienico-sanitarie fra i profughi.

Di Di Ah Hlaw, infiermiera Kachin nelle aree di guerra, ha confermato al sito dissidente Irrawaddy che fra i problemi più gravi vi è l'aumento di aborti fra le donne incinte. "Non hanno alcuna alternativa - ha spiegato l'operatrice sanitaria - se non quella di fuggire dalle case verso luoghi sicuri, mentre molti dei mariti sono al fronte a combattere".
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