15/09/2020, 08.55
VIETNAM
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Condanne a morte e carcere a vita per gli abitanti del villaggio di Dong Tam

Mano pesante dei giudici nella controversia sui terreni sfociata nella morte di un anziano e di tre poliziotti. La pena capitale comminata ai due figli della vittima, ergastolo per il nipote. Il tribunale ha respinto la richiesta di far testimoniare vertici locali e nazionali del Partito comunista. Attivista vietnamita: un governo che vuole “imporre il proprio” volere al prezzo di “atrocità”.

Hanoi (AsiaNews) - Due condanne a morte, un carcere a vita e altre pene detentive che variano da 16 anni di galera a 15 mesi di libertà vigilata. È la sentenza emessa ieri da un tribunale vietnamita, nel contesto di un processo che vedeva imputati 29 abitanti del villaggio di Dong Tam (meno di 40 km a sud di Hanoi), finiti alla sbarra per una disputa sui terreni con una deriva violenta. Un verdetto atteso, come conferma una familiare interpellata da Radio Free Asia (Rfa) che commenta: “Mi ero preparata per il peggio”. 

La Corte ha emesso la pena capitale a carico dei fratelli Le Dinh Chuc e Le Dinh Cong, incriminati con l’accusa di omicidio per la morte di tre poliziotti. Le Dinh Doanh, figlio di Le Dinh Cong, dovrà scontare l’ergastolo mentre Bui Viet Hieu ha ricevuto una condanna a 16 anni di galera; altri due imputati, Nguyen Quoc Tien e Nguyen Van Tuyen, si sono visti comminare una pena di 12 e 13 anni di carcere ciascuno. Altri ancora da cinque a sei anni o pena sospesa e libertà vigilata; dei 29 imputati, almeno 13 sono stati giudicati innocenti.

Il 9 gennaio scorso almeno 3mila poliziotti hanno compiuto un raid nel villaggio, i cui terreni da diversi anni vengono sequestrati per costruire un aeroporto militare e per speculazioni edilizie. Nello scontro fra locali e polizia, oltre ai tre poliziotti, è stato ucciso – colpito dagli agenti – l’anziano del villaggio, Le Dinh Kinh. Le autorità, per tutta risposta, hanno accusato di omicidio del vecchio 84enne il figlio Le Dinh Chuc e i nipoti Le Dinh Doanh e Le Dinh Uy. Insieme a loro, altre 27 persone del posto sono accusate di complicità nell’assassinio.

Il presidente della corte Truong Viet Toan ha respinto la richiesta dei legali della difesa di far testimoniare il presidente della sezione di Hanoi del Partito comunista, Nguyen Duc Chung, in carcere per corruzione in un diverso procedimento, ed esponenti del ministero della Difesa. Fonti interne al processo rivelano che anche la vedova dell’anziano del villaggio Du Thi Thanh, madre dei due condannati a morte, non ha potuto comparire in aula come testimone. 

Interpellato da Rfa l’attivista e dissidente Nguyen Quang A, con base ad Hanoi, ha attaccato il Partito comunista definendolo “sordo e cieco” alle richieste di giustizia. “Il governo vietnamita - ha aggiunto - vuole solo imporre il proprio volere, al prezzo di atrocità e atti disumani contro il suo stesso popolo”. Anche Phil Robertson, vice-direttore per l’Asia di Human Rights Watch, non è sorpreso dal pesante verdetto: “I governanti del Vietnam - afferma in una nota - fanno di tutto per mostrare il loro volto più feroce contro gli abitanti del villaggio di Dong Tam, perché temono che la sfida di questa comunità possa essere contagiosa”. 

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