10/04/2012, 00.00
IRAQ - LIBANO
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Educare l’uomo, costruire la pace: il dialogo islamo-cristiano dal Libano all’Iraq

di Maroun Atallah
Una delegazione libanese, guidata da p. Atallah, ha trascorso la Settimana Santa a Kirkuk, nel nord dell’Iraq, per testimoniare il valore della pace. Educazione e cultura sono il primo passo perché cristiani e musulmani possano ricostruire “assieme” il Medio oriente. Un incontro interreligioso ha riunito leader politici, musulmani sunniti e sciiti, leader cristiani e turcomanni.

Kirkuk (AsiaNews) - Educare il cittadino e prima ancora l'uomo, a prescindere dalla fede religiosa professata. E ricostruire "assieme" il Libano e l'Iraq, insegnando alla persona i valori fondamentali della libertà, della giustizia, della fratellanza, della responsabilità personale e collettiva. Ecco i punti che hanno delineato la missione del combattivo p. Maroun Atallah, 84enne monaco libanese, che ha trascorso la Settimana Santa a Kirkuk, nel nord dell'Iraq, per partecipare assieme a un gruppo di fedeli alle iniziative promosse dal locale arcivescovo mons. Louis Sako.

Con i giovani, e soprattutto partendo dalla cultura che "può riunire ciò che le religioni sembrano dividere", p. Atallah - protagonista dell'opera di riconciliazione in Libano durante gli anni della guerra civile - promuove incontri e scambi interreligiosi in tutto l'Oriente da diverso tempo. Oggi anche in Iraq, con tutta una serie di iniziative fra cui la pubblicazione di un enciclopedia dedicata al patrimonio culturale d'Oriente e ai suoi viaggi in Occidente.

Di seguito AsiaNews raccoglie l'invito dell'arcivescovo di Kirkuk mons. Sako e pubblica il racconto di p. Atallah sulle giornate trascorse in Iraq: "Bisogna essere folli, o visionari - racconta il sacerdote - per proporre agli abitanti di una città segnata dalle guerre e ancora in preda alla violenza, per accogliere la richiesta di venire ad ascoltare la recita di poesie".  

Un'idea folle, ma dai risultati imprevedibili. Alle 5 del pomeriggio del 3 aprile scorso, nel cortile della cattedrale del Sacro Cuore di Kirkuk, erano presenti tutti: rappresentanti del potere civile locale (governo della provincia, della municipalità) e ufficiali dell'esercito, esponenti delle diverse "etnie" e dei rispettivi partiti politici - arabi, curdi, turcomanni, assiri - insieme a dignitari religiosi, siano essi cristiani-assiri (branca ortodossa che ha dato origine alla Chiesa caldea) o siriaci, musulmani sciiti e sunniti, Fratelli musulmani e salafiti. Mentre tutti o quasi [questi gruppi] sono in conflitto aperto fra loro, e hanno enormi difficoltà a sedersi tutti attorno a un tavolo in seno al governatorato, hanno risposto all'invito di mons. Louis Sako - arcivescovo caldeo di Kirkuk - e si sono presentati con indosso il loro vestito più bello, alle porte della grande sala parrocchiale adiacente la cattedrale.

Strano - e bello - spettacolo questa prima fila di turbanti, altri con la kefiah o berretti militari, in mezzo ai quali si confondevano alcune sottane... Ultimate le delicate procedure di etichetta, mentre soldati armati e altre guardie del corpo aspettavano con pazienza all'esterno, per tutto l'arco di una serata discussioni e divisioni sono state messe da parte. Il poeta libanese Hicham Chidiac ha recitato il "bouquet" di poesie, che lui stesso ha scelto con particolare cura per l'occasione fra le ultime opere realizzate e inerenti a temi universali fra cui: Dio, l'amore, le madri o, ancora, la nazione... In una breve - e toccante - introduzione, egli ha descritto l'essenziale: "Siamo qui perché Dio è in noi, qualunque sia il nostro modo di amare, perché Dio è il più grande ('Allah Akhbar') per i secoli dei secoli...". Come lui, anche io ho scelto di prendere di petto i problemi causati dalle tensioni interreligiose - ma, ormai, soprattutto di carattere etnico - che insanguinano l'Iraq dalla caduta del regime di Saddam Hussein nel 2003; per questo ho citato un verso del Corano funzionale all'ottica di un vivere in comune: "Se Dio l'avesse voluto, avrebbe fatto di voi una nazione sola".

Quanto alle possibili ripercussioni dell'avvenimento sulla loro vita quotidiana e il loro avvenire nel Paese, i cristiani di Kirkuk interpellati all'uscita si dibattevano fra speranza e inquietudine... Alcuni, fra i più giovani, vi scorgevano un segno di "solidarietà", la speranza che infine "non guardino più a noi come miscredenti, degli infedeli, ma che possano accettarci". Un'altra parrocchiana relativizzava: "Il problema è piuttosto il sermone che si tiene ogni venerdì nelle moschee e che influenza moltissimo i giovani musulmani". Oussama Thomas ha ricordato che, già in passato, si sono tenuti incontri di questo tipo su iniziativa di mons. Sako, come avvenuto in occasione del sanguinoso attentato del 31 ottobre 2010 alla cattedrale di Baghdad, o per la giornata mondiale della pace. Egli ha inoltre espresso il desiderio che il prossimo [incontro] "abbia luogo in una moschea".

Nel corso di tutta la Settimana Santa, portando ciascuno la propria esperienza, i membri della piccola delegazione eteroclita libanese hanno a modo loro cercato di portare questo messaggio di una coesistenza possibile a livello multietnico e multiculturale. Una catechista di nome Najwa ha riunito una ventina di parrocchiani della propria città per approfondire il testo di Giovanni Paolo II sulla "dignità della donna" e ha partecipato all'incontro delle famiglie tormentate da anni di conflitti. Suor Michelina, religiosa del Buon Pastore, ha immaginato un corso di "educazione alla pace" per i catechisti della diocesi e i loro allievi del catechismo, ispirata in prima persona dalla vita trascorsa in Libano: nella sua comunità, sparsa in vari villaggi ancora cristiani nella piana di Bekaa, la suora cerca con pazienza di convincere gli abitanti della necessità vitale di tessere legami con i loro vicini sciiti.

Al catechismo, infine, ciascun bambino irakeno ha dovuto pensare quale "ponte" concreto potesse costruire attorno a sé per favorire la pace e il dialogo. Come fosse un eco al messaggio più volte rilanciato dallo stesso mons. Sako, inerente al dialogo con i musulmani: "Non abbiamo scelta. È anche parte della nostra missione: creare dei legami tra le diverse comunità, testimoniare per loro l'amore di Cristo, amarli".

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