10/09/2015, 00.00
INDIA
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Gesuita indiano: Ignorare i profughi significa non vedere l’enorme tragedia umana

di Nirmala Carvalho
P. Prakash Louis sj è l'ex direttore del Jesuit Refugee Service e dell’Indian Social Insitute di Bangalore. “Rincuorante che alcuni Paesi europei abbiano aperto le frontiere”. La sensibilità di papa Francesco che ha aperto parrocchie e centri religiosi. La necessità di azione a livello globale, anche portando alla risoluzione i conflitti nei teatri di guerra.

Mumbai (AsiaNews) - Rimanere in silenzio “di fronte a questa crisi di massa vuole dire far finta di non vedere l’enorme tragedia umana che si porta dietro”. Lo dice ad AsiaNews il dott. Prakash Louis sj, padre gesuita ed ex direttore del Jesuit Refugee Service, a proposito dell’imponente ondata migratoria di rifugiati che ogni giorno cercano rifugio in Europa, scappando da teatri di guerra e difficili realtà sociali nei Paesi di origine. “È rincuorante – continua – che alcuni Paesi europei hanno deciso di aprire le proprie frontiere [stamattina la Danimarca ha ripreso i collegamenti ferroviari con la Germania, interrotti a causa del flusso di richiedenti asilo - ndr] e accogliere 150mila rifugiati provenienti da Medio Oriente e Nord Africa. Sono anche rincuoranti le manifestazioni di benvenuto avvenute in Paesi come la Germania, che ha deciso di concedere l’asilo ai migranti. Questi poveri esseri umani sono in cerca di sicurezza e riparo”.

Non si fermano le discussioni sulla crisi migratoria di proporzioni mai viste che si sta riversando in Europa nelle ultime settimane. Gli ultimi dati parlano di 53 milioni di rifugiati nel mondo, di cui la maggior parte provengono da Asia e Medio Oriente. Ieri pomeriggio nel suo discorso sullo stato dell’Unione davanti al Parlamento europeo riunito a Strasburgo anche Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, ha ribadito la necessità di considerare il lato “umano” della sofferenza dei migranti e ha rivolto un duro appello agli Stati membri, colpevoli di non aver accolto con prontezza le richieste dei rifugiati (respinti anche alle frontiere tra Ungheria-Serbia e Grecia-Macedonia).

P. Prakash sottolinea a questo proposito: “La Comunità internazionale ha la responsabilità di lavorare insieme ad organismi come le Nazioni Unite per affrontare questa crisi, che continua ad attanagliare il Medio Oriente”. Secondo le ultime stime, il numero dei rifugiati siriani che scappano dalla guerra civile contro il regime di Assad e dalle violenze dei terroristi dello Stato islamico, ha raggiunto la quota record di quattro milioni, la maggior parte ospitati nel confinante Libano.

Il gesuita, direttore anche dell’Indian Social Institute di Bangalore, apprezza “la sensibilità di papa Francesco che ha invitato ad accogliere coloro che hanno bisogno di aiuto [spingendo ogni parrocchia, centro religioso in Europa ad aprire le proprie strutture per accogliere i migranti - ndr]. Il papa ha dato voce a coloro che sono perseguitati e vulnerabili, difendendo la loro causa. Questo è il vero senso di coscienza che ogni cittadino appartenente ad una famiglia globale dovrebbe avere”. “Questo non significa – conclude p. Prakash – sottovalutare le minacce alla sicurezza interna, o il lavoro che deve essere condiviso, i sacrifici da affrontare. Bisogna però rispondere con decisione a questa tragedia umana, cercando anche la risoluzione dei conflitti nelle zone di guerra, in modo da garantire pace, giustizia e sviluppo per tutto il genere umano. Se non si agisce, perpetueremo all’infinito la crisi dei rifugiati”.

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