12/09/2012, 00.00
TAIWAN
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Giovani taiwanesi in missione nello Swaziland

di Xin Yage
Per circa un mese, 41 giovani sostenuto da alcuni missionari, hanno lavorato in un ospedale del Paese africano e in ambienti per ragazzi di strada. I problemi dell'Aids, della tubercolosi, della carenza di medici e strutture sanitarie paragonate alla società taiwanese, piena di benessere.

Taipei (AsiaNews) - La prossima settimana, in tutta l'isola riprenderanno i corsi universitari. Per molti giovani taiwanesi  i mesi estivi sono stati tempo di vacanza, ma anche di servizio e condivisione. Un esempio positivo è il gruppo di giovani che ha svolto un'intensa collaborazione internazionale organizzata dalla diocesi di Taichung: una lunga visita di cooperazione in Swaziland, che tra luglio e agosto ha impegnato più di 40 volontari provenienti da Taiwan. Questa "spedizione umanitaria" comprendeva medici, infermieri, studenti di medicina, semplici operai e altri giovani volontari. Taiwan è una società molto avanzata con un sistema sanitario eccellente per tutti i suoi cittadini; il contatto dei volontari con una società africana molto povera costituisce un impatto che segna in modo indelebile

Padre Xin Ying Hong (幸英宏) e suor Wu Hui Lu (吳惠如) hanno guidato 41 giovani in questa esperienza, dividendoli in due gruppi. Gli apparati medici sono scarsi in Africa. Un medico di Taiwan è nello Swaziland da cinque anni, e proprio grazie a lui, la Caritas locale, insieme a varie congregazioni femminili, il vescovo del luogo e l'università di medicina di Taipei, hanno potuto organizzare la missione estiva. Il gruppo principale ha lavorato in un ospedale che cura 8mila malati ogni mese, pur avendo solo undici medici! Il cibo è scarso e le apparecchiature mediche molto povere In un contesto segnato dal grande problema dell'Aids, la sopravvivenza dell'ospedale dipende in modo decisivo dagli aiuti esterni e internazionali. I malati sieropositivi sono trattati dai medici ogni mercoledì; la coda di accesso alla cura è impressionante, e ultimamente il problema è aggravato dal fatto che molti malati di Aids sviluppano forme acute di tubercolosi.

Il gruppo di volontari è stato colpito anche dal fatto che nell'intero Swaziland ci sono solo due oculisti specializzati. Uno dei due, molto famoso nel paese, ha condiviso il suo metodo per trattare i malati: 1. Non rifiutare pazienti (不拒絕病人) 2. Nessuna lista di attesa (不讓病人久候) 3.Training continuo (不斷訓練) 4. Aggiornamento costante (持續教學). Ogni due anni  egli va negli Stati Uniti ad aggiornarsi sui migliori metodi per trattare i sieropositivi con problemi agli occhi.

I medici di Taipei hanno aiutato ad ottimizzare il lavoro in ospedale: causa carenze di strumenti e dotazioni adeguate, gli infermieri spesso si rifiutano di lavorare.

La Caritas in Swaziland ha aperto 62 luoghi di accoglienza per la cura dei bambini orfani, o di bambini con la mamma malata di Aids, che non può più nutrirli. In aggiunta, le condizioni sanitarie di base sono molto precarie: la mancanza di igiene provoca nei bimbi soprattutto malattie della pelle, oltre che infezioni all'apparato digestivo.

Gli studenti taiwanesi hanno portato numerosi libri donati da aziende taiwanesi per l'educazione dei ragazzi. Per i medici del gruppo è stato importante dedicare tutto il loro tempo libero dalle visite, all'educazione sanitaria dei ragazzi.

Il secondo gruppo ha lavorato in montagna, affiancando i padri Salesiani che da più di 30 anni continuano il lavoro iniziato da don Larry McDonnell, cioè dare un tetto e una professione ai giovani della città di Manzini. Ora il Manzini Youth Care è costituito da cinque residenze per più di 100 bambini di strada e dall'orfanatrofio McCorkindale con 38 ragazzi.

Gli studenti taiwanesi hanno condiviso il loro tempo con i bambini aiutandoli a praticare l'inglese e presentando loro la cultura taiwanese. Ogni giorno padre Xin Ying Hong (幸英宏) durante la messa offriva la possibilità di condividere l'esperienza di fede che si incarna nel servizio ai più bisognosi.

Suor Wu Hui Lu (吳惠如) racconta che al termine dell'intensa esperienza,  i volontari non potevano dire "arrivederci" a questa  esperienza, che richiederà nuovi volontari. Essi sono certi di portare in altri luoghi quanto hanno imparato dal contatto umano e professionale con una condizione di povertà così toccante.

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