28/07/2004, 00.00
ARABIA SAUDITA
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Gruppo per i diritti umani: Powell sollevi il caso O'Connor in Arabia Saudita

Washington (AsiaNews) – Il Centro per la libertà religiosa del gruppo per i diritti umani Freedom House ha chiesto al segretario di stato americano Colin Powell di affrontare con il governo saudita il caso del giovane cattolico indiano Brian O'Connor - detenuto nel Paese da 7 mesi e ripetutamente torturato - durante la sua prossima visita in Arabia Saudita questa settimana.

"Mentre si cercano alleanze con il Medio Oriente nella guerra al terrorismo, il Segretario di Stato non deve tralasciare il terrore che i governi della regione infliggono ai propri cittadini, soprattutto sul piano della libertà religiosa" – ha dichiarato Nina Shea, direttrice del Centro, che in un comunicato stampa afferma che Colin Powell "dovrebbe sollevare il caso di O'Connor". "Le restrittive leggi sulla blasfemia hanno ripercussioni sia sui musulmani, sia su i non musulmani – continua ancora Nina Shea - mentre i governi ripetutamente alimentano divisione e odio settario, oltre a violare i diritti universali della libertà di espressione, culto e associazione".

Con l'accusa di aver predicato Gesù Cristo, fatto uso di droga e venduto liquori, Brian O'Connor è stato messo in carcere e più volte ha subito torture e pressioni affinché rinunciasse alla fede cristiana. Alcuni siti internet cattolici – tra cui AsiaNews - hanno lanciato una campagna a favore della sua liberazione.

Lo scorso marzo, tre dissidenti musulmani moderati – il professor Abdulla Al-Hamad, lo scrittore Ali Al-Deminy e Matrouk Al-Faleh – sono stati arrestati e sono ancora detenuti perché chiedevano riforme politiche.

Secondo l'Istituto saudita di Washington, vi sono diverse forme di persecuzione e repressione religiosa. I giudici dei tribunali sauditi, tutti uomini appartenenti alla setta wahabita - che ha una visione fondamentalista dell'islam e predica un modello di vita rigidamente basato sugli insegnamenti del Corano, rifiutando i costumi occidentali – spesso accusano blasfemia i musulmani non wahabiti e li condannano a morte ascoltando solo la testimonianza degli accusatori. A gennaio 2003, Hail Al-Masri, un fruttivendolo yemenita che viveva a Gedda, è stato decapitato per non aver accettato di pregare con il suo compagno di stanza wahabita. A giugno 2002, Ali Thafer Al-Misaad, 25 anni, è stato condannato a 8 anni di carcere e 2000 frustate per aver detto che il Corano era "noioso". È riuscito a fuggire dal tribunale e non è più stato trovato. (ThR)

 

 

 

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