17/01/2011, 00.00
HONG KONG - CINA
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Hong Kong, concluso il calvario del diritto di residenza

Dopo circa 12 anni di dibattiti, il governo del Territorio concede ai figli dei residenti – nati però in Cina – la possibilità di riunirsi con i propri genitori. Ma, nel frattempo, molti sono morti. L’impegno della Chiesa per mettere un freno a questa ingiustizia.
Hong Kong (AsiaNews/Agenzie) - Dopo più di 12 anni, sembra essere arrivata al termine la controversa questione del diritto di residenza per i figli di abitanti di Hong Kong nati in Cina. Dopo averli di fatto banditi dal Territorio, una nuova legge annunciata ieri dall’esecutivo dell’ex colonia concede a questi ragazzi la possibilità di riunirsi con la famiglia ad Hong Kong. Il nuovo corso inizierà ad aprile.
 
La questione del diritto di residenza (Right of abode) è dibattuta da almeno 12 anni e parte dal fatto che molti cinesi fuggiti dalla Cina per rifugiarsi ad Hong Kong hanno ancora figli e moglie in Cina. I legislatori si sono domandati se i figli viventi in Cina hanno diritto di risiedere nel Territorio e se debbano essere sottomessi al diritto di Hong Kong o a quello cinese.
 
Il problema è scoppiato nel 1999, quando la Corte di appello finale ha deciso che i figli di genitori residenti nel territorio hanno lo stesso diritto di residenza goduto dai parenti. La Corte permetteva in pratica il ricongiungimento familiare. Ma il governo di Hong Kong – a quel tempo guidato dal filocinese Tung Chee-hwa - si è opposto, temendo un’invasione di quasi 2 milioni di persone. In realtà, allora il numero degli aventi diritto si aggirava all’epoca intorno ai 200mila.
 
Per bloccare la temuta invasione, il governo del territorio ha rimesso nelle mani di Pechino la re-interpretazione della costituzione di Hong Kong e del Right of abode. Pechino, a sua volta, ha ristretto questo diritto. In tal modo, molti figli di cittadini di Hong Kong si sono ritrovati ad essere “illegali”. Nel ’99 la Chiesa di Hong Kong ha pubblicato una lettera pastorale, molto critica verso il governo, a firma dell’allora vescovo - il cardinale Giovanni Battista Wu - con la collaborazione dei vescovi ausiliari Zen e Tong.
 
La nuova politica è stata annunciata ieri dal Segretario alla sicurezza Ambrose Lee Siu-kwong. Per gli attivisti a favore del diritto di residenza si tratta di un “passo avanti” che arriva però troppo tardi: moltissimi genitori sono infatti morti nel corso del decennio di dibattito. Al momento, molti attivisti chiedono al governo di Hong Kong delle scuse ufficiali per aver bloccato per così tanto tempo la legislazione.
 
Secondo la legge presentata ieri, i figli di abitanti di Hong Kong nati in Cina - e sotto i 14 anni al momento della concessione della residenza del Territorio ai genitori - possono presentare domanda per divenire residenti a loro volta. Secondo i funzionari, ci vorranno circa sei mesi per completare ogni domanda. Fra le molte ragioni che hanno portato al cambiamento della politica vi è quello demografico, data la caduta registratasi ad Hong Kong del tasso di crescita della popolazione. Dal 2005 al 2009 il Territorio ha avuto un tasso di crescita dello 0,7%. Il tasso di incremento delle nascite è uno dei più bassi al mondo: nel 2009 è stato dell'11,7 per mille.
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