28/10/2019, 09.01
HONG KONG - CINA
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Hong Kong, il 21mo weekend di proteste e violenze

di Paul Wang

Una manifestazione illegale a Tsim Sha Tsui sotto stretto controllo della polizia ha innescato scontri diffusi fino a Mong Kong e Yau Ma Tei. La polizia ha usato violenza anche contro i giornalisti. Fra i dimostranti vi sono anche membri dei gruppi etnici presenti ad Hong Kong: indiani, pakistani, srilankesi, occidentali: “Anche noi siamo hongkonghesi”. Mille cattolici pregano il rosario per la pace. 

Hong Kong (AsiaNews) – Le proteste contro il governo sono entrate nella 21ma settimana e non si riesce a vedere alcuna conclusione. Iniziate lo scorso giugno per contestare una legge sull’estradizione in Cina, esse sono divenute un vero e proprio movimento che domanda democrazia e la fine delle violenze delle forze dell’ordine, accusate di attuare uno “stato di polizia”.

Ieri pomeriggio, come in molti weekend passati, un migliaio di manifestanti si sono radunati a Tsim Sha Tsui, il distretto dello shopping per criticare l’uso di “armi chimiche” da parte della polizia, riferendosi ai gas lacrimogeni e agli idranti in uso alle forze dell’ordine. La manifestazione era illegale perché senza permesso; inoltre, diversi dimostranti avevano il viso coperto, ciò che è illegale dopo il varo di una legge di emergenza che proibisce coprirsi il volto in luoghi pubblici. Non appena poliziotti hanno fermato alcuni manifestanti chiedendo la loro identità, vi sono stati lanci di pietre e urla; sono seguiti scontri a cui la polizia ha risposto con gas lacrimogeni e idranti.

Le tensioni si sono diffuse in tutta l’area: vicino al Peninsula Hotel, a Mody Road vicino all’Holiday Inn, Nathan Road, Mong Kok e Yau Ma Tei.

La polizia ha usato violenza anche contro i giornalisti: due di loro sono stati feriti da pallottole di gomma; altri sono stati spruzzati con spray urticante; altri ancora sono stati fermati e obbligati a togliersi la maschera anti-gas, sebbene avessero il cartellino della stampa e il gilet di riconoscimento.

I gruppi radicali dei manifestanti hanno appiccato il fuoco a un’uscita della stazione di Mong Kok, che è stata chiusa insieme a quella di Yau Ma Tei.

Fra i dimostranti vi sono anche membri dei gruppi etnici presenti ad Hong Kong: indiani, pakistani, srilankesi, occidentali. Qua e là appaiono scritte e slogan che legano le proteste di Hong Kong ad altre manifestazioni nel mondo: Barcellona, Cile, Libano, Iraq. Diversi espatriati convergono insieme ai manifestanti dandolo loro acqua o curandoli dopo i gas lacrimogeni: “Anche noi – dicono – siamo hongkonghesi”.

Lo scorso sabato 26 ottobre, inoltre, circa mille cattolici del Territorio si sono riuniti al Chater Garden per recitare il rosario. La preghiera è stata organizzata dalla Commissione diocesana Giustizia e Pace con il tema “Seminare la speranza”.

Era presente il vescovo ausiliare mons. Joseph Ha Chi-Shing, che ha ricordato: “Siamo tutti figli di Dio. Il rispetto reciproco è una delle strade per ricostruire la pace”. Inoltre, il presule ha invitato i fedeli a pregare il rosario ogni giorno alle 10 di sera per la creazione di una commissione di inchiesta indipendente sulla questione della legge sull'estradizione.

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