16/03/2006, 00.00
India
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India, "riconvertiti" all'induismo 500 tribali cristiani

di Nirmala Carvalho

"Non sono cattolici – dice ad AsiaNews mons. Lewis, vescovo di Jaipur – ma poveri tribali pentecostali: dipendono completamente dal resto della popolazione e, per non morire di fame, sono costretti a dirsi indù".

Meherat (AsiaNews) – Il Vishwa Hindu Parishad [Vhp, formazione paramilitare giovanile di nazionalisti indù ndr] ha "riconvertito" all'induismo circa 500 persone della comunità di Meherat, nel Rajasthan.

La cerimonia è avvenuta la scorsa settimana, quando i membri del Vhp si sono recati nei villaggi della zona ed hanno posizionato un idolo indù nel nuovo tempio di Baba Ramdev. A questo punto, hanno effettuato la yajna [cerimonia tradizionale di accettazione dell'induismo ndr]. Fino ad ora, la comunità era composta da cristiani, indù e musulmani: durante la visita del Vhp, anche i non "riconvertiti"sono stati "convinti" a tornare alle loro radici indù.

In un'intervista ad AsiaNews mons. Oswald Lews, vescovo di Jaipur [la capitale dello Stato ndr], commenta: "Prima di tutto, vorrei dire che i riconvertiti non sono cattolici. Sono tribali di una setta evangelica pentecostale, estremamente poveri e senza alcuna difesa, che dipendono in toto dalla maggioranza della comunità per sopravvivere".

"Il governo – sottolinea – vuole rafforzare l'impegno contro le riconversioni con atti come il Decreto anti-riconversione, ma queste frange nazionaliste, di fatto, fanno tutto ciò che vogliono senza alcun controllo. La cristianità intera è sotto il controllo di queste persone che, con il tacito consenso del governo, continuano su questa scia".

Secondo il Decreto anti-riconversione, vi è bisogno di una serie di documenti legali e di testimonianze giurate per permettere ad una persona di cambiare status religioso. Commentando l'atteggiamento del governo, che di fatto non lo applica nei confronti delle "riconversioni" all'induismo, mons. Lewis annuncia una "Protesta per la pace" organizzata dalla Chiesa cattolica il 21 marzo.  "Dobbiamo fare in modo che la gente abbia consapevolezza in materia. Parteciperanno tutte le denominazioni cristiane: vogliamo far in modo che essa diventi, oltre che una protesta, anche una giornata di preghiera per lo Stato intero".

"La Chiesa ed i cristiani in generale sono molto spesso vittime di questo tipo di attacchi: noi perdoniamo e guardiamo avanti, ma questo non vuol dire che non possiamo cercare di mostrare la giusta prospettiva di tutte le cose. E' in questo senso che abbiamo organizzato la protesta".

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