23/10/2019, 10.08
LIBANO
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Iran e Usa perdono il Paese dei Cedri

di Pierre Balanian

Continuano le manifestazioni in tutto il Paese. Bocciate le riforme proposte da Hariri. Musulmani, cristiani, drusi, uomini e donne sono uniti dal voler cacciare “il governo ladro ed impunito”. Il superamento delle divisioni confessionali. Militante di Hezbollah critica Hassan Nasrallah. Ieri impiegati della Banca Centrale hanno lavorato per quattro ore, trasferendo a conti esteri ingenti depositi di molti politici. Il governatore della Banca Centrale, Riad Salameh, bollato come “il gestore della politica Usa” in Libano.

Beirut (AsiaNews)- Continua ancora oggi la rivolta del popolo libanese, scoppiata in modo spontano una settimana fa, il 17 ottobre scorso. Tutti i tentativi dei politici, compreso il pacchetto di riforme proposto dal premier Saad Hariri, sono stati inutili. Il popolo libanese è ormai immune alla morfina delle false promesse ed è deciso ad andare fino in fondo: alla caduta del governo, all’arresto dei politici e al recupero del denaro da loro sottratto da decenni: una cifra calcolata a 360 miliardi di dollari.

İl numero dei manifestanti di tutte le confessioni, età e sesso non diminuisce neanche durante le ore notturne. Stupisce l’assenza di litigi, risse o qualsiasi altro tipo di episodi simili che di solito avvengono fra masse eterogenee radunate in mezzo alla confusione. Sono tutti uniti, “una mano sola”; tutti hanno un unico obiettivo: cacciare “il governo ladro ed impunito”; tutti vogliono la stessa cosa: “dignità, giustizia sociale, un nuovo Paese laico” e soprattutto “normale”.

İl Paese dei Cedri non ha mai vissuto un tale evoluzione, I figli di questo Paese, sono finalmente divenuti un popolo, non più divisi da psicosi confessionali seminate per decenni da chi li governa. Questa gente guarda oltre, anche verso una sovranità assoluta per il nuovo Libano.

Le timide critiche ad Hassan Nasrallah e Nabih Berri, ossia le critiche al’Iran, si fanno sempre più forti perfino a Baalbek, da sempre feudo sciita. Un militante di Hezbollah, che ha combattuto contro Daesh sui monti al confine con la Siria, in diretta tv ha indirizzato le sue parole contro il segretario generale degli Hezbollah dicendo: “ Nasrallah, tu non sei Dio!”.

Questo tabù è andato in frantumi anche nella piazza di Tripoli, dove un manifestante ha bruciato la bandiera di Hezbollah. L’uomo è stato subito fermato dalla maggioranza dei manifestanti - sunniti -che pur essendo contrari a Hezbollah, hanno condannato il gesto perché poteva essere interpretato come un insulto agli sciiti e provocare una divisione confessionale.

Non è solo l’Iran a rimetterci, ma anche gli Usa e quelli che i manifestanti definiscono dai i loro “burattini” a Beirut.

Fonti sicure - che hanno voluto mantenere l’anonimato - hanno rivelato ad AsiaNews che ieri, nonostante le banche fossero chiuse, alcuni impiegati della Banca Centrale hanno lavorato per quattro ore, trasferendo a conti esteri ingenti depositi di molti politici.

Le manifestazioni al centro di Beirut si sono concentrati ieri attorno alla sede del governo e sulla via delle banche.

Per la prima volta dall’inizio di quella che viene ormai definita “l’Intifada del popolo libanese”, sono stati lanciati slogan contro Riad Salameh, il governatore della Banca centrale, al grido “In carcere!” “Fuori l’uomo dell’America!”.

Salameh è ritenuto dai manifestanti “il gestore della politica Usa” in Libano, il “manovratore e protettore dei politici”, “complice di tutte le magagne finanziarie e della corruzione”, “responsabile della crisi di contanti, della fluttuazione e della sparizione dei dollari Usa sul mercato”.

“Nessuno politico corrotto può fare una qualunque transazione economica senza l’avallo e la conoscenza della Banca centrale” ha detto ad AsiaNews Ali  Sakr, un manifestante sciita di Beirut.

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