23/08/2011, 00.00
INDIA
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La falsa battaglia di Anna Hazare può distruggere l’India

di Arundhati Roy
La famosa scrittrice indiana Arundhati Roy interviene con un lungo articolo nel dibattito sul disegno di legge anti-corruzione proposto dall’attivista, al suo terzo sciopero della fame. Quella che è in corso, spiega, “è una guerra per la sovranità del Paese. E le collusioni del suo movimento con aziende e politici ultra-nazionalisti dovrebbero farci riflettere”.
New Delhi (AsiaNews) - La salute dell’attivista anti corruzione Anna Hazare, giunto al quinto giorno di sciopero della fame a New Delhi, si sta deteriorando e ''potrebbe essere ricoverato d'urgenza nelle prossime 24 o 48 ore'' secondo i medici. E' quanto riferisce oggi il Times of India. L'attivista ha perso oltre 5,5 kg nel suo digiuno di protesta, ma ha detto oggi a una televisione che ''sta bene e ha le forze per resistere ancora una settimana o anche più''. I dottori gli hanno consigliato riposo, e evitare di tenere comizi. Intanto sembra aprirsi uno spiraglio nel duro confronto con il governo sul disegno di legge anti corrotti (Lokpal Bill) che si trova all'esame del Parlamento. Il ''team Anna'' ha chiesto al governo di nominare un mediatore ufficiale per emendare il provvedimento o presentarne uno nuovo. Per domani è inoltre prevista una riunione dei leader di tutti i partiti.

Nel frattempo sta creando molto dibattito in India un articolo pubblicato il 21 agosto scorso su “The Hindu” dalla famosa scrittrice indiana, Arundhati Roy, intitolato “Preferisco non essere Anna”, dove sostiene che “per ragioni completamente differenti e in modi completamente diversi, si può dire che i maoisti e il Jan Lokpal Bill (la legge anti-corruzione di Anna Hazare, n.d.r) hanno una cosa in comune: cercano entrambi di rovesciare lo stato indiano”. Ecco il testo dell’articolo
:

Se quella che stiamo guardando in televisione è una vera rivoluzione, allora deve essere una delle più imbarazzanti e incomprensibili degli ultimi tempi. Per adesso, qualunque siano le domande che potreste avere sul Jan Lokpal Bill, qui ci sono le risposte che probabilmente avreste (scegliete la busta): A) Vande Mataram; B) Bharat Mata ki Jai; C) L’India è Anna, Anna è l’India; D) Jai Hind.

Per ragioni completamente differenti, e in maniere completamente differenti, si potrebbe dire che i maoisti e il Jan Lokpal Bill hanno una cosa in comune: entrambi cercano di rovesciare lo Stato indiano. Uno lavorando dal vertice, usando una lotta armata sostenuta da una grossa armata di adivasi [i tribali del nord dell’India, considerati dei ‘fuori casta’ ndT] composta dai più poveri fra i poveri. L’altro lavorando dal basso, usando un colpo di Stato non violento alla Gandhi guidato da un santone ‘alla menta fresca’, che guida un’armata di persone sostanzialmente urbanizzati e certamente migliori. (In questo caso, il governo sta collaborando facendo praticamente tutto il possibile per rovesciarsi da solo).

Nell’aprile del 2011, a pochi giorni dal primo “digiuno fino alla morte” di Anna Hazare, il governo ha invitato il ‘Team Anna’ (il nome scelto da questo gruppo di persone, membri della “società civile”) a unirsi a una Commissione congiunta che doveva redigere una nuova legge anti-corruzione. L’esecutivo cercava in quei giorni ogni possibile strada per distrarre l’attenzione dagli enormi scandali emersi che ne minavano la credibilità. Pochi mesi dopo, quella linea di azione è stata abbandonata e il governo ha portato in Parlamento la propria proposta: un decreto così difettoso che era impossibile prenderlo sul serio.

Quindi il 16 agosto, la mattina del suo secondo “digiuno fino alla morte” Anna Hazare è stato arrestato e incarcerato prima di iniziare il digiuno o commettere alcun reato. La spinta per far approvare il Jan Lokpal Bill è divenuta una lotta per il diritto a protestare, una lotta per la democrazia stessa. Poche ore dopo questa “seconda lotta per la libertà”, Anna è stato rilasciato. In maniera molto cauta si è rifiutato di lasciare la prigione, ma è rimasto presso il carcere Tihar come ospite d’onore: qui ha iniziato un digiuno e ha chiesto di poter digiunare in un posto pubblico. Per tre giorni, mentre fuori dalla cella si assembravano persone e televisioni, i membri del Team Anna sono entrati e usciti a piacimento da un carcere di massima sicurezza portando all’esterno i videomessaggi dell’attivista, che sono stati poi trasmessi dalle televisioni nazionali in tutti i canali. (E a chi altro sarebbe mai concesso questo lusso?). Nello stesso tempo 250 impiegati della Commissione municipale di Delhi, 15 camion e 6 escavatrici si sono messi al lavoro senza tregua per preparare il terreno fangoso di Ramlila per il grande spettacolo del fine settimana. E ora – guardato a vista, osannato da folle adoranti e ripreso da telecamere, assistito dai dottori più ricercati del Paese – è iniziato il terzo “digiuno fino alla morte” di Anna. Gli intrattenitori televisivi continuano a dire che “dal Kashmir al Kanyakumari, l’India è Una”.

Mentre i suoi metodi potrebbero essere gandhiani, le richieste di Anna Hazare di sicuro non lo sono. Contrariamente alle idee gandhiane di decentralizzazione del potere il Jan Lokpal Bill è una draconiana legge anti-corruzione che prevede che un gruppo di persone attentamente selezionate amministri una burocrazia gigante, con migliaia di dipendenti e con il potere di mettere sotto inchiesta chiunque a partire dal primo ministro, i membri del giudiziario, i parlamentari e tutta la burocrazia, fino ai più bassi rappresentanti governativi. Il Lokpal prevede il potere di investigare, sorvegliare e perseguire. Se si supera il fatto che non avrebbe una sua propria prigione si tratta di fatto di un’amministrazione indipendente, concepita per combattere quella corruzione estesa e non quantificabile che abbiamo già. In pratica, due oligarchie al posto di una sola.

Che possa funzionare o meno dipende dal modo in cui concepiamo la corruzione. La corruzione è una questione puramente legale – fatta di irregolarità finanziaria e tangenti – oppure è la valuta di una transazione sociale in una società egregiamente ineguale, in cui il potere continua a essere concentrato nelle mani di una minoranza sempre più esigua? Immaginiamo, per esempio, una città fatta di centri commerciali in cui il commercio degli ambulanti sia stato proibito. Un ambulante paga al poliziotto locale e al rappresentante del comune una piccola tangente che gli permette di vendere per strada la sua merce a coloro che non possono permettersi i prezzi dei centri commerciali. È una cosa tanto terribile? In futuro, quest’uomo dovrà pagare anche i rappresentanti del Lokpal? La soluzione ai problemi della gente ordinaria si trova nel riparare la disuguaglianza sociale o nella creazione di un’altra struttura di potere a cui la gente dovrà rispondere?

Nel frattempo sono scesi in campo i sostenitori e la coreografia, sono state srotolate le bandiere e il nazionalismo aggressivo della Rivoluzione di Anna: dalle bandiere delle proteste contro gli abusi commerciali a quelle della vittoria per la Coppa del Mondo fino a quelle della celebrazione per i test nucleari. Queste bandiere vorrebbero dirci che se non sosteniamo Il Digiuno non siamo “veri indiani”. I canali televisivi, che trasmettono 24 ore al giorno, hanno deciso che nella nazione non succede null’altro che valga la pena di segnalare.

Il Digiuno non si riferisce ovviamente allo sciopero della fame di Iron Sharmila, che è durato per più di dieci anni (oggi viene nutrita a forza) e che cercava di far revocare l’Afspa, disegno di legge che permette ai soldati del Manipur di uccidere sulla base del semplice sospetto. Non si riferisce neanche al prolungato sciopero della fame ancora in corso, ovvero quello dei 10mila abitanti di un villaggio a Koodankulam, che protestano contro una centrale nucleare. E Il Popolo non si riferisce agli abitanti del Manipur che sostengono Sharmila, o alle migliaia di persone che affrontano con coraggio poliziotti armati e la mafia delle miniere di Jagatsinghpur, Kalinganagar, Niyamgiri, Bastar o Jaitapur. Non ci riferiamo neanche alle vittime della fuga di gas di Bhopal, o alla gente di Pune, o di Haryana o di qualunque altro posto nel Paese che resistono alle requisizioni della terra.

Il Popolo si riferisce soltanto a coloro che si sono radunati a guardare lo spettacolo di un uomo di 74 anni che minaccia di morire di fame se il Jan Lokpal Bill non viene discusso e approvato dal Parlamento. Il Popolo sono quelle decine di migliaia di persone che per miracolo si sono moltiplicate in milioni, almeno secondo le nostre televisioni, come Cristo che moltiplica i pani e i pesci per sfamare gli affamati. “Un miliardo di voci hanno parlato – ci dicono – l’India è Anna”.

Ma chi è lui veramente, questo nuovo santo, la Voce del Popolo? Stranamente non lo abbiamo sentito esprimersi su alcuna questione urgente. Nulla sui suicidi dei contadini nelle sue vicinanze, nulla sull’operazione Green Hunt. Nulla su Singur, Nandigram, Lalgarh; nulla su Posco o sulle agitazioni dei contadini o sulla questione delle Sez [le Sezioni economiche speciali, che mineranno i diritti dei piccoli proprietari terrieri ndT]. Sembra non avere un punto di vista sul piano del governo di dislocare l’esercito indiano nelle foreste della parte centrale del Paese.

Invece sostiene la xenofobia del Marathi Manoos di Raj Thackeray [etnia indo-ariana, che vive nello Stato del Maharashtra e predica l’isolamento completo dalle altre etnie e il ritorno alla purezza hindutva ndT] e loda apertamente il “modello di sviluppo” del Gujarat, il cui primo ministro ha guidato il pogrom anti-musulmano del 2002. (A causa dell’enorme protesta popolare Anna ha ritirato queste dichiarazioni, ma presumibilmente non la sua ammirazione).

Nonostante tutto questo baccano, alcuni sobri giornalisti hanno fatto quello che i giornalisti fanno di solito. Oggi sappiamo dei rapporti di vecchia data fra Anna e l’Rss [il Rashtriya Swayamsevak Sangh, partito di estrema destra nazionalista accusato di portare avanti campagne di violenza e discriminazione contro i non indù ndT]. Abbiamo sentito il parere di Mukul Sharma, che ha studiato la comunità del villaggio di Anna a Ralegan Siddhi, dove non si sono verificate elezioni di alcun tipo negli ultimi 25 anni. Conosciamo il sentimento di Anna nei confronti degli “ariani”: “Era la visione del Mahatma Gandhi: ogni villaggio dovrebbe aver un chamar, un sunar, un kumhar e via di seguito [tutte figure religioso-amministrative ndT]. Questi dovrebbero fare il proprio lavoro secondo ruolo e occupazione e, in questo modo, un villaggio potrà essere auto-sufficiente. Questo è quanto abbiamo messo in pratica a Ralegan Siddhi”. Vi sorprende il fatto che i membri del Team Anna siano in contatto con i “Giovani per l’uguaglianza”, il movimento che combatte contro i posti riservati [per le minoranze] nel mondo del lavoro? La campagna è stata portata avanti da alcune persone che guidano una cricca di Organizzazioni non governative generosamente rifornite, che hanno fra i donatori Coca Cola e Lehman Brothers. La Kabir, guidata da Arvind Kejriwal e Manish Sisodia (entrambi figure di spicco del Team Anna) ha ricevuto negli ultimi 3 anni circa 400mila dollari dalla Fondazione Ford. Fra i finanziatori della campagna “India contro la corruzione” vi sono anche industrie e fondazioni indiane che guidano fabbriche di alluminio, costruiscono porti e Zone economiche speciali e gestiscono il mercato dell’immobiliare: tutti strettamente correlati a politici che guidano imperi finanziari dal valore di migliaia di milioni di rupie. Alcuni di questi sono al momento sotto inchiesta per corruzione e altri crimini. Ma perché sono tutti così entusiasti?

Va ricordato che la campagna per il Jan Lokpal Bill ha creato una coltre di fumo attorno a rivelazioni imbarazzanti di Wikileaks e altri scandali fra cui il 2G Spectrum: importanti aziende, giornalisti di fama, ministri governativi, politici del Congress e del Bjp [i due maggiori partiti politici dell’India, il primo democratico e il secondo nazionalista ndT] tutti coinvolti in vari modi per far sparire miliardi di rupie di denaro pubblico. Per la prima volta da anni i giornalisti lobbysti sembravano caduti in disgrazia, e alcuni fra i più importanti tycoon dell’India parevano sul punto di finire in galera. Una tempistica perfetta per un’agitazione popolare contro la corruzione. O no?

In un momento storico in cui lo Stato si ritira dai suoi compiti tradizionali e le industrie e le Ong subentrano in alcune funzioni governative (distribuzione di acqua ed elettricità, trasporti, telecomunicazioni, industria mineraria, salute, istruzione pubblica); in un momento storico in cui il terribile potere dei media di proprietà privata sembra riuscire a controllare l’immaginario pubblico uno potrebbe pensare che queste istituzioni – industrie, media, Ong – siano comprese nel Lokpal Bill. Invece, la proposta di legge non li menziona proprio.

Oggi, urlando più forte di tutti e spingendo una campagna contro questi malvagi politici e la corruzione del governo, sono riusciti ad allontanarsi dall’amo. Ancora peggio: demonizzando soltanto il governo hanno costruito un pulpito da cui chiedere un ulteriore ritiro dello Stato dalla sfera pubblica e un secondo turno di riforme. Fra quelle previste ci sono nuove privatizzazioni, la possibilità di maggior accesso alle infrastrutture pubbliche e alle risorse naturali del Paese. Non ci vorrà molto prima di vedere legalizzata la corruzione aziendale, che si chiamerà “tassa di lobby”.

Gli 830 milioni di persone che vivono con meno di 20 rupie al giorno (30 centesimi di euro) avranno un vero beneficio dal rafforzamento di un gruppo di politiche che li impoveriscono ancora di più e avvicinano la nazione alla guerra civile?

Questa tremenda crisi si è creata per il fallimento della democrazia rappresentativa dell’India, in cui i governi sono composti da criminali e politici milionari che hanno smesso di rappresentare il loro popolo. In cui nessuna istituzione democratica è accessibile alla gente ordinaria. Non vi fate ingannare dallo sventolio delle bandiere. Stiamo assistendo al trascinamento dell’India in una guerra per la sovranità che è mortale quanto qualunque battaglia combattuta dai signori della guerra in Afghanistan. Soltanto che qui c’è molto, molto di più in gioco.
 
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