21/01/2017, 09.03
LIBANO - UE
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La missione culturale e politica del Libano e dell’Europa

Il Paese dei Cedri potrebbe risvegliare il continente europeo a riscoprire la dimensione religiosa dimenticata. Senza il ricordo delle sue radici cristiane, senza una visione e una volontà di pace, nulla di grande avverrà in Europa, né tra essa e il mondo. La dimensione religiosa è importante per il dialogo politico e culturale con il Sud del mondo. L’intervento del card. Parolin a Davos.

Beirut (AsiaNews) – Non è più tempo di giocare ma dobbiamo compiere il nostro dovere di nazione. Il capo di Stato Michel Aoun l’ha affermato con chiarezza nel suo discorso davanti al corpo diplomatico il 17 gennaio scorso: le lezioni apprese dalla guerra del 1975-1990 dobbiamo ora sforzarci di trasmetterla a tutti gli Stati arabi scossi dalla violenza. E la prima di queste lezioni è che “ogni guerra deve avere una fine”. Perché non si è capito nulla della guerra finché non si impara a odiare la guerra e a preferirle una soluzione negoziata.

Provvidenzialmente salva dalla violenza di questi tempi, il Libano non dovrebbe accontentarsi di compiacersi e ricordarsi che non è stato sempre così. Pur difendendo le frontiere, il Libano, o piuttosto la diplomazia libanese dovrebbe ingegnarsi oggi ad essere l’infaticabile avvocato di un arresto della violenza. Ciò facendo, il regime dovrebbe staccarsi dagli Hezbollah che offre assistenza al regime siriano e con questo perpetua il ciclo di violenze e il progetto di una soluzione violenta della crisi siriana. La dinamica della moderazione di cui il Libano è testimone in questo momento, che sul piano interno ha permesso al Paese di ritrovare il suo spirito e le sue istituzioni, potrebbe ispirare altri a estinguere i conflitti invece di attizzarli.

La missione diplomatica del Libano nel mondo arabo potrebbe anche raddoppiarsi in una missione culturale, storica, spirituale e andare oltre il mondo arabo per raggiungere una Europa malmenata. In effetti, nel mondo arabo, appianare i conflitti politici potrebbe rivelarsi insufficiente, se questa pacificazione non diviene doppia con l’instaurazione di un dialogo in profondità fra le due grandi famiglie dell’islam, in modo da superare le questioni che le hanno generate. E chi meglio di un élite intellettuale libanese potrebbe farlo? Fra noi vivono uomini eccezionali che potrebbero offrire il meglio di sé.

La missione del Libano potrebbe anche superare le frontiere del Machrek e del mondo arabo e toccare il bacino del Mediterraneo, il Mare Nostrum.

Parlando al Forum economico di Davos (Svizzera), il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, giovedì 19 gennaio ha implorato per una maggiore giustizia nel mondo e invitato l’Unione europea a ritornare allo spirito dei padri fondatori, come riporta Antoine d’Abbundo, corrispondente del Figaro a Davos.

“A margine delle grandi sessioni del forum, il segretario di Stato della Santa Sede è venuto a ricordare ai 3mila dirigenti politici ed economici riuniti nella località svizzera, i valori portati dalla Chiesa cattolica e il ruolo vitale che questi possono giocare nel costruire un mondo più umano”

“Il braccio destro di papa Francesco ha subito messo in rilievo i grandi obbiettivi che la diplomazia vaticana persegue: lotta contro la povertà, costruzione di ponti per favorire il dialogo, compiere la pace. ‘Ma la Chiesa non si accontenta di enunciare grandi principi… Sul terreno, ovunque nel mondo, la principale preoccupazione della Chiesa è di difendere la libertà religiosa che,  come l’ha detto con forza san Giovanni Paolo II, è il primo dei diritti umani. Ma noi lavoriamo non solo per difendere la libertà dei cattolici. Difendere e promuovere il diritto dei credenti è anche difendere la persona umana che deve essere rispettata in tutte le sue dimensioni, compresa la dimensione spirituale. Se si riduce l’uomo alla materia, se non si tiene conto della sua trascendenza, se non è chiaro che siamo fratelli, allora il futuro dell’umanità viene compromesso’”.

“Interrogato suilla crisi che attraversa l’Unione europea e le minacce che pesano sulla sua unità, il rappresentante della Santa Sede a invitato a riconoscere i benefici apportati dalla costruzione europea: anzitutto la pace, ma anche la libera circolazione degli uomini e delle idee. E ha esortato a tornare allo spirito dei padri fondatori ‘che volevano un’Europa dei popoli e non solo del commercio e dell’economia’.. ‘Bisogna dare un’anima all’Europa’, ha detto il cardinal Parolin, riprendendo la formula utilizzata dal presidente della commissione Jacques Delors nel 1992”.

Pur con tutte le riserve per quanto concerne quest’anima, che deve ritrovare e non creare dal nulla, il Libano non può che sottoscrivere tale appello, nell’ora in cui l’Unione europea e la comunità internazionale non cessano di sgridarla sulla questione dei rifugiati invocando i diritti umani solo per frenare i flussi migratori dei rifugiati e allontanarli dalle loro coste, ad ogni prezzo.

In più, la “minaccia islamista”, nella misura in cui essa si radicalizza e si diversifica, diventando anche culturale, politica e militare, è sulla via di provocare un risveglio dell’Europa cristiana. Ma vi sono di fatto due tipi di risveglio. Uno è spirituale ed è il riappropriarsi della fede e dell’apertura all’altro; l’altro è identitario, che è una radicalizzazione del proprio credo e la chiusura all’altro.

Ora, in Libano noi abbiamo fatto e continuiamo a fare l’esperienza di questi due risvegli ed è custodendo la memoria e le nostre affinità con l’Europa – e singolarmente con la Francia che è possibile dire una parola su questo tema.

“Abbiamo dimenticato come abbiamo vinto”: lo ha detto una volta Lech Walesa, l’uomo che è riuscito a scuotere il giogo del comunismo in Polonia. L’Europa deve ricordarsi che, qualunque siano i suoi programmi, senza il ricordo delle sue radici cristiane, senza una visione e una volontà di pace, nulla di grande avverrà in essa, né tra essa e il mondo. La Polonia ha scosso il giogo sovietico con la fede. Il carbone e l’acciaio della Ruhr sono stati messi insieme dalla fede. L’Europa è nata nel crogiolo della sofferenza, e solo degli uomini di fede sanno il prezzo della guerra e delle sue indicibili sofferenze.

Ora, fra l’Europa e un buon numero dei Paesi del “Sud del mondo”, fra cui il Libano, esiste oggi uno iato culturale e anche spirituale. Sul piano dell’etica politica o del dialogo fra le civiltà, noi non parliamo più la stessa lingua, né dello stesso uomo.

Sul piano politico, il presidente Michel Aoun ha rilevato nel suo discorso: “Questi ultimi anni abbiamo assistito alla messa in atto di un progetto definito come un ‘caos costruttivo nella nostra regione… Da quando il caos è costruttivo?... Alcuni Stati qualificano come terrorismo gli atti che ledono alla loro sicurezza e qualificano come rivoluzione il terrorismo che serve ai loro interessi”.

Sul piano della civiltà, l’occidente post-moderno ignora tranquillamente Dio al punto da essere divenuto “anomico” (senza norma, legge: la parola è del saggista Jean-Claude Guillebaud), inventando dei “miti di rimpiazzo”, uno più ingannatore dell’altro (Emmanuel Mounier), mentre noialtre nazioni del “Sud” cerchiamo disperatamente di conciliare la fede e la ragione. L’Occidente in questione dovrebbe prenderne nota. Perché anche noi vogliamo un’Europa “dei popoli” e non solo “del commercio e dell’economia”. Anche noi vogliamo un’Europa che ha un’anima, e non soltanto… degli stati d’animo.

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