05/12/2007, 00.00
CINA
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La politica del figlio-unico compromette la crescita della Cina

Fonti ufficiali chiedono sia cambiata. Entro una generazione mancherà la mano d’opera e “scoppierà” l’inadeguato sistema pensionistico. Intanto si registra un aumento della criminalità giovanile e dei divorzi. Esperti: sta sconvolgendo la società e creando una generazione di persone attente solo a loro stesse.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La politica del figlio-unico fa aumentare la criminalità giovanile e il numero dei divorzi. Crescono le critiche, anche da fonti ufficiali, mosse in realtà dalla preoccupazione che questa politica comprometta lo sviluppo economico futuro.

Secondo lo statale China Daily, sono coinvolti minori nei due terzi dei 4 milioni di reati denunciati ogni anno e i criminali minorili sono cresciuti dai 33mila casi del 1988 agli 80mila di quest’anno. Liu Guiming, funzionario pubblico del settore, spiega che si abbassa l’età di questi “criminali”, che si associano in vere bande e commettono nuovi tipi di reato (quali frodi tramite internet). Tra le cause ricorda “l’insufficienza dell’istruzione scolastica e la rottura delle famiglie”, specie per i 150 milioni di contadini che vanno a lavorare nelle ricche città orientali lasciando i figli affidati a parenti o amici. Ma è anche conseguenza di una generazione di figli unici, “schiacciati” dalle aspettative familiari e incapaci di tessere normali rapporti dopo essere cresciuti come piccoli “imperatori”: coccolati dall’intera famiglia ma privi degli insegnamenti della tradizione confuciana, improntata al rispetto per gli altri e all’ideale di una famiglia numerosa e unita, e persino degli ideali marxisti.

Il professor Fucius Yunlan, psichiatra, osserva che l’esponente di questa generazione, specie chi vive in città, “è attento soprattutto a sé stesso, non agli altri o alla società”. Questi figli-unici, ormai adulti, scelgono un partner con famiglia agiata per avere una vita più facile. Ma tra loro cresce il numero di divorzi, anche dopo poche settimane o mesi. Intanto le famiglie prediligono figli maschi, anche con aborti selettivi: si è giunti a 123 neonati maschi ogni 100 bambine e si prevedono decine di milioni di uomini soli.

Pechino ha adottato questa politica negli anni ’80 per contenere la popolazione e favorire la crescita economica. Ma sempre più voci chiedono di rivederla, in quanto si sta rilevando una “lenta tragedia umanitaria” che “mina in modo diretto le possibilità di sviluppo futuro del Paese”, come osserva il noto demografo Usa Nicholas Eberstadt. Per il 2030 ci saranno 235 milioni di persone oltre i 65 anni: in un Paese privo di un adeguato sistema pensionistico, i figli–unici cresciuti come “piccoli imperatori” dovranno occuparsi, da soli, di genitori e nonni. Si prevede che dal 2015 diminuirà la popolazione attiva (tra i 15 e i 64 anni) e tra una generazione la forza lavoro sarà inferiore a oggi.

Ye Tingfang, membro dell’Accademia sociale delle scienze di Pechino, osserva che “all’inizio si pensava che la nostra enorme popolazione fosse un freno allo sviluppo economico. Ma negli ultimi dieci anni l’esperienza ci ha detto il contrario. Il Giappone, ad esempio, ha pochissime risorse e mostra una delle più alte densità di popolazione al mondo. Eppure è una delle nazioni più ricche e la sua economia è in crescita. Il lavoro è la più importante fonte di ricchezza”. A marzo insieme a 30 delegati della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Ccppc) ha chiesto al governo di abolire la legge sul figlio unico perché “crea problemi sociali e disturbi alla personalità nei giovani”.

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