31/07/2009, 00.00
MYANMAR
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La sentenza contro Aung San Suu Kyi è posticipata

Attesa per oggi, è stata rimandata all’11 agosto. Il ritardo è forse dovuto alle pressioni internazionali e ai timori di manifestazioni nel Paese. Il tribunale era tutto circondato da militari; le strade della prigione di Insein bloccate da soldati e cavalli di frisia.

Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Il verdetto per il processo contro Aung San Suu Kyi, leader birmana pro-democratica, atteso per oggi è stato rimandato a un prossimo futuro. Secondo alcuni diplomatici stranieri presenti al processo, la corte ha rimandato all’11 agosto la lettura della sentenza perché i giudici possano avere più tempo per valutare il caso.

Il processo contro Aung San Suu Kyi ha suscitato grande attenzione internazionale e pressioni diplomatiche perché essa non venga condannata. Secondo alcuni osservatori, il ritardo è dovuto al tentativo della giunta militare di sfuggire all’attenzione di media e politici. Questa mattina il tribunale dove avrebbe dovuto essere letta la sentenza era stato circondato da militari. La giunta ha minacciato i sostenitori della “Signora” a non manifestare. Tutte le strade che portano alla prigione di Insein, dove è rinchiusa la Suu Kyi, sono controllate da militari e cavalli di frisia.

Se ritenuta colpevole, la leader pro-democrazia rischia 5 anni di prigione. Essa è accusata di aver violato i termini dei suoi arresti domiciliari ospitando persone esterne in casa sua. L’ospite - non invitato - è lo statunitense John Yettaw, che nuotando nel lago prospiciente la casa della “Signora”, è arrivato alla casa evitando il controllo delle guardie. Yettaw afferma di aver voluto mettere in guardia Aung San Suu Kyi,  perché ha avuto una visione in cui ella veniva assassinata.

La Lega per la democrazia, il partito della Suu Kyi, sospetta che tutto il caso è stato montato dalla giunta perché la loro leader non partecipi alle elezioni in programma per il 2010.

Il processo doveva durare pochi giorni e invece è andato avanti per almeno due mesi. Tre giorni fa, il 28 luglio, vi era stata l’ ultima arringa della difesa.

Nell’ultimo ventennio, Aung San Suu Kyi, 64 anni, ha passato circa 14 anni come prigioniera, in massima parte agli arresti domiciliari. Per la popolazione birmana essa rimane il simbolo della democrazia e della possibile vittoria sulla dittatura della giunta.

 

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