01/09/2010, 00.00
ASIA - VATICANO
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Laici cattolici, una “minoranza creativa” per l’Asia

di Bernardo Cervellera
L’intervento del card. Rilko, di p. Felipe Gomes di Manila e del card. Toppo. Riscoprire il battesimo per affrontare le sfide dell’Asia: globalizzazione, povertà, violazione dei diritti umani, relativismo e fondamentalismo. Il continente ha visto molte ondate di evangelizzazione, ma anche molte persecuzioni. La storia piena di successo della conversione dei tribali. Il canto nella luce e nell’oscurità.
Seoul (AsiaNews) – I laici cattolici in Asia sono una “minoranza creativa” e hanno un ruolo decisivo per il presente e il futuro del continente: è quanto sottolinea il card. Stanislaw Rilko, presidente del Pontificio consiglio per i laici ai membri delle Chiese asiatiche radunate nel Congresso che si è aperto oggi a Seoul, sul tema “Proclamare Gesù Cristo nell’Asia oggi”.
 
Radunati in una sala modernissima, presso la cattedrale di Myongdong, dedicata all’Immacolata, vi sono circa 400 laici da 20 Paesi dell’Asia (escluso il Medio oriente): fedeli delle nuove Chiese dell’Asia centrale e della Mongolia; Chiese mature come quella dell’India o della stessa Corea; Chiese povere come quelle del Nepal e del Pakistan; moderne e ricche come quella del Giappone.
Le uniche comunità che non hanno risposto all’appello del Pontifico consiglio sono quelle della Cina popolare (ma sono presenti Hong Kong e Taiwan), la Cambogia e il Bangladesh, oltre naturalmente alla Corea del Nord, soffocata da una dittatura spietata.
 
Da oggi fino al 5 settembre sono previste diverse relazioni e discussioni tutte tese a rendere più missionari  i laici di questo continente che è ormai presente da protagonista nella ribalta economica, sociale, politica mondiale.
 
Il card. Rilko ha presentato il quadro della situazione, che è anche quello delle sfide che si offrono alla testimonianza dei cristiani. L’Asia è il continente che abbraccia i due terzi dell’umanità ed è forse l’area in cui in modo spesso violento crescono di più la globalizzazione e l’economia. Ma questo sviluppo galoppante è anche portatore di enormi problemi sociali: estrema povertà in molte zone; abusi dei diritti umani. A causa della modernizzazione selvaggia che penetra e scardina molte tradizioni e religioni, nel continente cresce anche il fondamentalismo (islamico, indù, buddista,…), mentre nelle città si diffonde un modo di vivere dettato dal materialismo commerciale e dal relativismo.
 
Il card. Rilko e tutti i relatori di oggi hanno sottolineato il carattere minoritario che la Chiesa cattolica riveste in Asia: solo 120 milioni di fedeli su una popolazione di circa 4 miliardi; una percentuale che a fatica raggiunge il 2%. Eppure, questa “minoranza” cresce del 4-5% ogni anno e non è “timida”, ma “piena di vitalità”.
 
L’enorme compito che attende i cattolici asiatici non è risolvibile con strategie e organizzazioni, ma con un affondo personale nel rapporto con Gesù Cristo. Per questo, il primo passo che il card. Rilko ha chiesto all’assemblea è di “riscoprire il proprio battesimo” per essere ancora di più “sale” e “lievito” del continente. “Anche il sale nel cibo è in minoranza – ha detto – ma dà sapore”. Il vero problema – ha sottolineato – “non è essere minoranza, ma essere irrilevanti” nella società.
 
Ai fedeli è chiesto di essere parte organica della Chiesa e insieme “essere cristiani non solo nel culto, ma nella società”, mostrando senza complessi di inferiorità tutta la gioia, la libertà, la bellezza dell’essere cristiani.
 
Altri due relatori hanno mostrato nella storia della Chiesa in Asia questo mistero di “grandezza e povertà”. Il p. Felipe Gomes, insegnante all’East Asian Pastoral Institute di Manila, ha mostrato che l’Asia è il continente segnato da Gesù Cristo (che è “asiatico”); dove sono morti la maggioranza degli apostoli; dove si sono avute epopee missionarie che già nei primi secoli hanno diffuso il cristianesimo in Armenia, in Persia, in India, in Cina, tanto che fino al 1200 vi erano almeno 21 milioni di cristiani. Poi però, la crescita dell’islam, la mancanza di comunicazioni, la fatica ad adattarsi alle culture locali e le persecuzioni hanno decimato la Chiesa. In compenso, la Chiesa asiatica ha il primato dei martiri: persiani (190 mila); giapponesi (200 mila); coreani (10 mila); cinesi (oltre 32 mila solo nella persecuzione dei Boxer, nel 1900); armeni (2,1 milioni); ecc…
“Forse – ha concluso p. Gomes - l’orologio di Dio batte per l’Asia un ritmo diverso e noi dobbiamo riverire il mistero”.
 
Una storia molto positiva e di successo è invece quella dell’evangelizzazione dei tribali in India, presentata dal card. Telesphore Toppo, lui stesso tribale. Nell'800, grazie al gesuita p. Constant Lievens, in soli 7 anni a Chotanagpur (una fascia dell’India centrale) si sono convertiti oltre 80 mila tribali. La loro conversione è stata anche segnata da uno sviluppo educativo e sociale impressionante, che ha dato frutti anche alla Chiesa: ora nell’area vi sono 12 diocesi con vescovi locali, migliaia di sacerdoti e migliaia di religiose.
 
Prima delle relazioni, dei saluti e dei messaggi del papa e del presidente Lee Myung Bak, tutta l’assemblea ha partecipato alla messa presieduta dal cad. Rilko nella cattedrale dell’Immacolata, a cui ha partecipato anche il card. Nicholas Cheong di Seoul.
 
Il raduno – organizzato in modo magistrale dalla Commissione per i laici della Corea, guidata dal prof. Thomas Han - ha avuto anche un momento molto accattivante: l’esibizione di un coro di bambine della scuola media di Incheon, che ha cantato un canto polacco, uno ispirato a Rossini e un Gloria. Mentre eseguivano il Gloria a piene luci nella ribalta, con un passo previsto dal copione, si sono spente le luci e il coretto ha continuato a cantare il Gloria al buio, alla luce flebile di alcune torce colorate. E questo Gloria nella luce e nell’oscurità è come un simbolo per la testimonianza della Chiesa dell’Asia, piccola “minoranza creativa” nel grande continente, che non teme neanche il buio della persecuzione.
 
Foto: P. Hin Lee
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