03/12/2003, 00.00
cina
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Laici maturi nella fede, urgenza della Chiesa cinese

di Angelo S. Lazzarotto

L'uso di internet, come una moderna "via della Seta" per mettere in comunicazione il continente Cina col mondo e aiutare la Chiesa a maturare nella sua missione. Il governo, intanto promuove l'ateismo.

L'undici ottobre scorso prendeva avvio a Pechino il pri­mo Programma organico di teologia cattolica di ba­se, aperto a laici e anche a non cattolici, organizzato dal­l'Istituto per lo studio di cristianità e cultura della dio­cesi. Il primo gruppo di partecipanti comprende 28 studenti, di cui metà cattolici e due protestanti, mentre il resto proviene dalle Università della capitale, comprese l'Università di Pechino, la Qing Hua e l'Uni­ver­sità di Lingue estere. Il corso impegna nei pomeriggi del sabato per 28 settimane, con un totale di 112 ore di lezione, che coprono teologia dogmatica e morale, Sa­cra scrittura, dottrina sociale della Chiesa, pensiero del Concilio Vaticano II, liturgia. L'ammissione ri­chie­de che i partecipanti, se non hanno già un grado ac­cademico, siano iscritti al secondo anno di universi­tà e abbiano sufficiente conoscenza di una lingua stra­niera. Ad attrarre gli studenti, mi spiegava l'organizzatore padre Peter Zhao Jianmin, contribuisce probabilmente la prospettiva di conseguire, frequentando con assiduità e sottoponendo delle brevi ricerche per o­gnuna delle materie, un diploma dell'Istituto che per­mette di fare poi anche uno stage all'estero per approfondire un specifico aspetto di scienze religiose. Oltre al padre Zhao, che ha conseguito la laurea in diritto ca­no­ni­co lo scorso anno presso l'Università cattolica di Lo­vanio, tra i docenti del programma c'è un altro sa­­cer­dote munito di dottorato, Chen Shujie, mentre altri tre sacerdoti e una laica hanno ottenuto una licenza al­l'estero. Un altro sacerdote cinese, padre Giovan­ni Yang Xiaotin della diocesi di Zhouzhi nello Shaan­xi, in­terrogato recentemente sui bisogni prioritari del­la Chiesa cinese, sottolineava l'urgenza di of­frire anche ai laici una più profonda formazione nella fede, che per­metta loro di inserirsi attivamente nella crescita del­la comunità. Padre Yang, che si laureò in teologia al­l'Univer­si­tà Urbaniana di Roma nel 1999, conseguì poi un master in studi sociali negli Usa e da oltre un an­no in­segna sociologia della religione nel seminario re­gio­nale di Xian.

Naturalmente, al di là delle qualificazioni accademi­che, è anzitutto il "contagio" personale di chi ha in­con­trato Gesù nella propria vita, ad assicurare l'effica­cia del messaggio evangelico. Lo dimostra una significativa esperienza verificatasi in una zona rurale at­tor­­no a Wuan (provincia Hebei), dove il numero dei cat­tolici è passato da cinque mila a 30 mila in pochi an­­ni, per l'entusiasmo che spinge gli stessi neofiti a testimoniare e diffondere la fede. Lo straordinario svi­luppo è cominciato dopo l'arrivo a Wuan del sacerdo­te Zheng Ruiping, sette anni fa. 

Una giovane ricercatrice cattolica, Teresa Xiao Enhui, che ha lasciato un lavoro ben retribuito (si era laureata in una facoltà tecnica in Cina) per venire ad approfondire gli studi di teologia a Roma, è convinta che "mai come oggi tanti giovani e intellettuali si interessano al cristianesimo. (…) Una "sana cooperazione" fra Chiesa e Cina diventa sempre più possibile. L'o­sta­co­lo maggiore all'evangelizzazione della Cina è oggi la mancanza di pionieri e di entusiasmo. La porta è già aperta. Occorrono apostoli ben preparati e convinti". Della signorina Xiao è apparso recentemente una do­cu­mentata rassegna sui numerosi Centri di ricerca a­perti in numerose università cinesi per studiare i più di­versi aspetti del Cristianesimo e della storia della Chie­sa in Cina (Teresa Xiao Enhui, "Chi studia il cri­stia­nesimo in Cina?", in Studi Cattolici, Milano, n. 511, sett. 2003, p. 652-56). Teresa Xiao evidenzia le at­tuali carenze notando che a tutt'oggi esistono soltanto tre istituzioni ecclesiastiche attivamente impegnate in campo culturale: il Centro di Shanghai Guangqi (dal nome del grande convertito del 17° secolo amico di pa­dre Matteo Ricci); il Centro editoriale Shin (Fede) di Shi­jiazhuang (provincia Hebei) diretto da padre Gio­van­­ni B. Zhang Shijiang, che pubblica un quindicinale diffuso ormai in tutte le diocesi di Cina e che dal 2000 ha potuto avviare anche un'iniziativa di ricerca a livel­lo accademico in collaborazione con studiosi di varie università, e l'Istituto di Cultura cattolica Shangzhi (Sa­pienza) di Pechino, fondato nel 2002 e diretto dal padre Peter Zhao sopra ricordato.

Purtroppo, certi vecchi pregiudizi contro l'attivo coinvolgimento del laicato nell'impegno per l'evangelizzazione sono duri a morire. Ne ha fatto amara esperienza una donna cattolica di Shenyang, nel Nord-est della Cina, quando, guarita da una grave malattia, de­ci­se quindici anni fa di dedicare la propria vita al Van­gelo e sentì il bisogno di approfondire la propria co­no­scenza teologica. Chiese invano di poter seguire dei cor­­si di teologia predisposti per la preparazione dei sa­cer­doti; con difficoltà poté seguire un corso biblico per corrispondenza organizzato da un seminario pro­te­­stante, e solo in seguito le fu concesso di continuare gli studi in un seminario cattolico. Da qualche anno, Gao Caixia, che ha oggi 47 anni, è accettata e apprezzata anche al di fuori della sua diocesi per il suo zelo e competenza. La scorsa estate ha contribuito ad organizzare un programma di aggiornamento di sette settimane per i sacerdoti della provincia del Hebei.

Ma tra le ragioni obiettive del grave ritardo che si ri­scontra sul piano culturale anche tra i cattolici non si può sottovalutare la politica perseguita dalla Repub­bli­ca popolare cinese nei confronti delle religioni. An­co­ra oggi, la legislazione cinese, che pure riconosce (all'art. 36 della Costituzione) la "libertà di credenza religiosa", si preoccupa che le religioni non possano "in­terferire" in campo educativo e sociale. Questa po­li­tica ha assicurato per oltre mezzo secolo un monopo­lio incontrastato all'ideologia del Partito unico nei pro­grammi educativi in tutte le scuole cinesi a tutti i li­velli. La recente nascita dei primi centri culturali cattolici sembra indicare che i dirigenti cominciano finalmente a rendersi conto che il clima sta cambiando an­che in Cina, ma la legislazione rimane la stessa ed è sem­pre possibile qualche "colpo di coda" provocato dai nostalgici del "maoismo" vecchio stile, che sono an­cora forti nel Comitato centrale del Partito eletto un an­no fa. Ne è prova il documento emanato il 17 ottobre scorso dall'Amministrazione Statale di Radio, Film e Televisione, che impone a tutti i produttori di pro­grammi nazionali di promuovere l'ateismo e di de­nun­ciare "credenze devianti". Questa direttiva del go­ver­no si concretizza in dieci punti che impongono ai grandi mezzi di co­municazione di promuovere l'atei­smo e la scienza in tutti i loro programmi, notiziari gior­nalieri, eventi ar­ti­stici, dibattiti, drammi televisivi e film. Il documento ricorda inoltre che gli esponenti del Partito hanno l'obbligo di "credere nel marxismo or­todosso", senza ce­dere alla "superstizione". Qual­che studioso cinese in­terpellato ha affermato che il nuovo ordine non cambierà la condizione delle cinque religioni riconosciute in Cina (taoismo, buddhismo, islam, cattolicesimo e pro­testantesimo), ma intanto si fa notare che il documento è forse stato provocato dall'interesse suscitato fra la gente da alcuni riti buddhisti teletrasmessi durante la crisi per la Sars. Il documento assai elaborato sottolinea che i responsabili dei mass media devono saper presentare in modo attraente e le­gato alla vita di ogni giorno l'ateismo (che è sempre pro­posto come "la scienza" che spiega la realtà del­l'universo), incoraggiando lo studio del marxismo-le­ni­nismo, maoismo e delle teorie politiche di Deng Xiao­ping come dell'ex presidente Jiang Zemin. I me­dia devono così applicare la politica del Partito comunista cinese in materia di libertà religiosa, che afferma la libertà ai credenti e ai non credenti ma sottolinea che "le religioni possono organizzare proprie attività soltanto in luoghi a ciò autorizzati e che la promozione delle rispettive credenze non deve contraddire il so­cia­lismo".

Purtroppo questi giri di vite sono frequenti, come lo dimostrano i tre nuovi documenti sulla gestione della Chiesa (cfr AsiaNews, giugno 2003, pp. 13-26), o le ar­roganti interferenze del potere politico nella scelta e nella consacrazione di nuovi vescovi cattolici (cfr A­sia­News, novembre 2003, pp. 15-17). Ma parlando con alcuni esponenti delle nostre comunità in Cina mi ha sempre meravigliato il fatto che, radicati sul mistero della croce, non drammatizzano la situazione, con­vinti che la Chiesa nonostante tutto riesce non solo a sopravvivere, ma anche a crescere, come ricordavo recentemente (cfr AsiaNews, ottobre 2003, p. 22).

I problemi della formazione, che rimangono prioritari, sono assai complessi coprendo molteplici settori, dalla pastorale giovanile al confronto fede-scienza, a quello fede-modernità; bisogna inoltre ancora confrontarsi con la scarsità di strumenti necessari per qualificare gli operatori pastorali ai vari livelli. Il Colloquio "Eu­ro­pei cattolici e Cina" svoltosi all'inizio di settembre a Lovanio in Belgio ha concentrato l'attenzione sulla "collaborazione con le Chiese cinesi verso la forma­zione di ministeri ecclesiali nell'epoca della globalizzazione" (cfr AsiaNews, ottobre 2003, p. 23). La voce di molti giovani cinesi (sacerdoti, religiose e laici) che studiano attualmente in Europa ne ha messo in luce vari aspetti, mostrando al tempo stesso la preziosità del contributo che può offrire la solidarietà e la collaborazione delle Chiese sorelle, sostenendo i seminari e le altre strutture formative all'interno della Cina e offrendo borse di studio per specializzazioni che per ora non sono possibili all'interno del Paese.

L'uso di Internet è definito da qualcuno la moderna "via della seta" capace di aprire l'immensa Cina non so­lo alle opportunità dell'economia mondiale, ma an­che ai valori della cristianità. Con oltre 68 milioni di u­tenti, la Repubblica popolare è in questo campo il se­condo Paese in assoluto dopo gli Stati Uniti. Da parte lo­ro, le autorità della Nuova Cina sono decise a tenere sotto controllo questo potente strumento di globalizza­zione dell'informazione, impiegando enormi risorse per imporre filtri sofisticati, che impedisca­no la diffusione di tematiche "politicamente perico­lo­se". Per quel che riguarda le religioni, non risulta che sia­no sta­te imposte specifiche limitazioni. E già nu­me­ro­si programmi creati da individui e strutture cristiane sia in Cina che presso le comunità della "diaspora" of­fro­no no­tizie, documentazione e occasioni di forma­zio­ne al­la dottrina e alla vita cristiana.

 

 

Le citazioni di AsiaNews si riferiscono alla edizione su carta.

 

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