11/01/2019, 12.53
INDIA
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L’Alta corte di Delhi difende il ‘diritto di fare missione’

Il dott. Christo Thomas Philip lavorava in un ospedale del Bihar. Nel 2016 è stato fermato all’aeroporto di New Delhi e deportato a Istanbul. Mons. Mascarenhas: “Tutte le persone hanno il diritto di praticare in libertà la propria fede”.

New Delhi (AsiaNews) – Con una sentenza destinata a far discutere, l’Alta corte di Delhi difende il diritto di fare missione in India. Il caso riguarda il dott. Christo Thomas Philip, cristiano, cittadino americano di origini indiane. Nel 2016 le autorità di Delhi gli avevano ritirato il visto per lavorare in un ospedale protestante nel Bihar. I giudici affermano che “l’India è un Paese laico. Tutte le persone di questo Paese hanno il diritto di praticare la propria fede nella maniera che ritengono opportuna, fin tanto che non offendono altre persone. Se la fede del dott. Christo lo spinge a prestare volontariato in campo medico in un ospedale, egli è libero di farlo. Non esiste nessuna legge che glielo impedisce”.

Ad AsiaNews mons. Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana, esprime enorme soddisfazione e si congratula “con gli avvocati che hanno seguito il caso. Il tribunale ha riaffermato tre elementi importanti: il primo è che tutte le persone hanno il diritto di praticare in libertà la propria fede; il secondo è di mettere in pratica la propria fede facendo volontariato in campo sociale; il terzo è che nessuna legge indiana vieta di farlo”.

Il medico cristiano è seguito dagli avvocati di ADF India, associazione che si occupa della protezione legale dei cristiani perseguitati. AC Michael, direttore del settore sviluppo, racconta che la vicenda del dott. Philip risale al 26 aprile 2016, quando egli è stato bloccato al controllo immigrazione dell’Indira Gandhi International Terminal mentre ritornava da un raduno di medici in Grecia. Qui i funzionari gli hanno comunicato il divieto di mettere piede sul suolo indiano e che sarebbe stato deportato a Istanbul, dato che era appena sbarcato da un volo della Turkish Airlines. Dopo due giorni di carcere, il medico si è trasferito in Nepal, dove nel frattempo è stato raggiunto dalla famiglia, per poter essere più vicino al tribunale indiano e seguire la sua causa.

Il motivo della sua deportazione, spiega l’attivista, è dovuto al fatto che “il governo indiano aveva disposto il ritiro della OCI Card (Overseas Citizens of India). Si tratta di un ‘visto a vita’ riservato a medici, infermieri e dentisti americani di origine indiana, che consente loro di mantenere la cittadinanza Usa e al contempo di svolgere lavoro in India”.

Il dott. Christo, nato in Kerala nel 1982, all’età di 10 anni si è trasferito con la famiglia negli Usa. Nel 2011 si è specializzato in Medicina d’urgenza alla University of Texas Southwestern Medical Centre di Dallas. Nel 2014 era tornato in India per lavorare al Duncan Hospital di Raxaul, nel Bihar. Nel 2016 il Consolato generale dell’India a Houston ha cancellato il suo permesso, accogliendo la denuncia di alcune persone che accusavano il dottore “di attività evangelizzatrice e sovversiva” e di attuare “conversioni forzate causando problemi di ordine pubblico”.

Secondo Michael, “la Corte ha dimostrato che il governo ha agito in malafede e gli ha intimato di comportarsi rispettando la legge del Paese. Questa sentenza è davvero importante per coloro che stanno attraversando tempi difficili nel praticare in libertà la propria religione”. La Corte ha ordinato al Ministero dell’Interno di restituire il visto, in modo che il medico possa tornare a occuparsi dei malati.

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