30/12/2010, 00.00
CINA
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L’inflazione in Cina causerà il collasso del regime

di Wei Jingsheng
Per arricchire poche persone, il governo comunista mantiene la maggior parte della popolazione nella povertà. Se vuole veramente il benessere del proprio popolo, Pechino deve permettere la rivalutazione dello yuan e deve aprire il mercato interno all’Occidente.
Washington (AsiaNews) – L’inflazione che sta colpendo in questo periodo la Cina, causa di tante proteste sociali, è diversa da tutte le altre che si sono mai verificate nel Paese: essa nasce e si spiega semplicemente con l’avidità di una minoranza di persone, che sfrutta il lavoro a basso costo e l’autoritarismo del regime per arricchirsi.
 
Wei Jingsheng, attivista democratico e autore del Muro della democrazia, spiega perché il governo cinese sta giocando con il fuoco in questa fase critica del proprio sviluppo: soltanto i governi democratici, dice, “possono gestire con successo una trasformazione economica simile a quella che vive la Cina contemporanea”.
 
L’economia cinese è spesso colpita da inflazioni eccessive. Ma ogni inflazione non è proprio identica alle altre. Quella che ha colpito il Paese durante l’era di Mao Zedong era dovuta a una mancanza di beni causata dalla pianificazione economica. Gli esperti la chiamano “economica di ribasso”. Ma anche dopo le riforme economiche degli anni Ottanta, l’inflazione è emersa con forza. Al momento la recente inflazione dovuta all’aumento valutario ha assunto intensità tali che molte persone si chiedono: “Dato che la Cina si è aperta all’economia di mercato, perché mancano ancora tanti benefici ed esiste questa inflazione?”.
 
Alcuni amici con delle conoscenze di economia direbbero: “Anche le nazioni capitaliste che adottano un’economia di tipo keynesiano hanno di tanto in tanto una piccola inflazione”. Dunque analizziamo l’inflazione keynesiana delle nazioni occidentali per capire quali siano le differenze con l’attuale inflazione valutaria in corso in Cina. Dopo analizzeremo come limitare e controllare questo fenomeno, per spiegare che soltanto delle politiche democratiche possono evitare una iper-inflazione.
 
Senza alcuna eccezione, ogni inflazione è dovuta al fatto che nel mercato esiste più valuta di quanto valgano le merci. Il mercato, di conseguenza, bilancia in maniera automatica il rapporto fra i due in modo da creare il valore aggregato del denaro, che in questo modo pareggia il valore totale delle merci. Questo fa sì che il prezzo delle merci aumenti. Se vogliamo esporre questa teoria con parole meno tecniche possiamo dire: “Quando c’è tanto denaro e poca merce, la merce diventa più cara”.
 
Alcuni chiederanno: “Ma oggi la Cina non è una nazione produttrice? Come può essere a corto di beni? Questo non è logico”. E, in effetti, non è logico. La politica economica del Partito comunista cinese è quella di arricchire poche persone, in modo da renderle ricche. L’industria mondiale cinese è un’industria che rende alcuni ricchi invece di creare una classe media in grado di godere dei benefici che una nazione produttrice può offrire. Di conseguenza non importa quanto sia grande questa fabbrica: dato che il mercato interno della Cina è molto piccolo, esiste una piccolissima offerta di beni. Secondo le dimensioni del proprio mercato interno, la Cina è ancora una nazione molto povera: non è neanche una nazione povera nella media mondiale.
 
Quindi cosa significa il Prodotto interno lordo della Cina? Un Pil che sale non significa che un Paese sia prospero? Certo. Ma la prosperità di quel Paese è a disposizione di una piccola minoranza. Che è divenuta estremamente ricca. Il problema vero è che la media della popolazione cinese, la vera maggioranza, non è ricca. Hanno un potere d’acquisto molto limitato, così come limitato è il mercato interno. Quindi cosa significa quell’impressionante Pil? Che una piccola minoranza possiede la maggior parte della produzione. Se queste persone usassero il loro potenziale d’acquisto per consumare i beni del mercato interno cinese, quanto meno il mercato rimarrebbe bilanciato. Pur avendo la media della popolazione ancora povera, almeno non ci sarebbe inflazione.
 
Se a guadagnare questo denaro fossero le classi inferiori, o quelle medie, state certi che lo spenderebbero nel mercato interno, incrementando la spesa dei consumatori nella vita quotidiana. Dopo aver migliorato con questo denaro il proprio stile di vita, non rimarrebbe molto di inutilizzato.
 
Ma con i super-ricchi il discorso è diverso. È del tutto impossibile, per loro e per i loro familiari, spendere tutto il benessere che hanno fra le mani. Quindi devono trovare una via d’uscita per tutto questo denaro. Ed è qui che la differenza fra la Cina e l’Occidente inizia a mostrarsi.
 
In una società normale, il denaro in più verrebbe investito o depositato in banca, in modo da permettere ad altri di investire. Questo modello di risparmio e investimento è la forza che sta alla base dello sviluppo economico. Quando si verifica un eccessivo risparmio, ma l’investimento si mostra inadeguato al mercato, allora si può verificare una crisi economica. Questa situazione è una delle ragioni alla base della Grande Depressione verificatasi negli Stati Uniti negli anni Trenta, quando l’eccessiva capacità di produzione si scontrò con una restrizione del mercato in cui si doveva vendere. La bancarotta continua del sistema bancario provocò un continuo restringimento del mercato; il tutto divenne un circolo vizioso. E la conseguenza di tutto questo fu l’inflazione. Come si può promuovere l’economia in un ciclo positivo, restringendo nel contempo l’inflazione entro dei limiti ragionevoli? Deve intervenire il governo, che è responsabile della propria nazione e della propria società.
 
Ma la situazione cinese è diversa. Tutti dicono che la Cina è la fabbrica del mondo, ma la sua capacità produttiva non è indirizzata al mercato interno. Al contrario, punta ai più ricchi mercati occidentali. Esiste soltanto per gli altri. Se vogliamo misurarla al proprio mercato interno, possiamo dire che la Cina ha semplicemente troppo surplus produttivo. E questo esiste per consentire a quella piccola minoranza di ottenere sempre maggior benessere. Usa il lavoro a basso costo della Cina e i mercati ad alto reddito dell’Occidente per garantirsi enormi profitti. È questo lo scopo produttivo del capitale burocratico cinese.
 
La metà di questi profitti in eccesso finisce in Occidente, sotto forma di guadagno per i grandi affaristi di quel mondo; l’altra metà viene distribuito fra la classe dirigente cinese sotto forma di valuta interna, lo yuan renminbi. Né gli uomini d’affari né i dirigenti cinesi corrotti pensano che il proprio denaro, in Cina, sia al sicuro; tanto meno ritengono che la propria società sia degna di fiducia. Quindi convertono i propri yuan in valuta straniera, e questo rende le riserve cinesi di valuta straniera le maggiori del mondo, mentre la moneta interna torna sul mercato. Oppure usano il denaro per comprare beni come quelli immobiliari per preservare il valore d’acquisto, e questo fa tornare la moneta interna sul mercato. Quindi, mentre il vero potere d’acquisto della moneta si disperde, il denaro rimane all’interno del Paese. E questo spiega la potenziale, e crescente, inflazione.
 
Il graduale accumulo dell’inflazione non può essere dimostrato in maniera immediata e diretta. A causa di fattori come quello finanziario, ha bisogno di uno stimolo simile a quello che scatena la polvere da sparo all’interno di un proiettile. E questo stimolo si verifica quando inizia a vacillare uno dei maggiori pilastri dell’economia cinese. Parlo dell’esportazione a basso costo, che causa recessione economica e disoccupazione in Occidente. Le democrazie occidentali devono dare la priorità ai bisogni interni, e quindi devono bloccare questo modello economico che rende ricche quelle minoranze occidentali e orientali mentre la popolazione ne paga le conseguenze.
 
In una situazione come questa, il governo di una nazione democratica deve cercare di usare la valuta straniera che possiede per assorbire gli yuan in eccesso, così come deve cercare di ammorbidire le restrizioni imposte ai beni stranieri che cercano di entrare in Cina. L’unico modo giusto per risolvere il problema dell’inflazione è ridurre la circolazione degli yuan e sostenere il flusso dei beni esterni. Invece, il governo cinese sta facendo esattamente l’opposto. Non permette uno scambio libero della valuta straniera e non ammorbidisce le restrizioni imposte ai beni stranieri che vogliono entrare in Cina. In questo modo, la maggior parte dei prodotti delle imprese straniere presenti nel Paese non hanno mercato, o si trovano davanti un mercato già saturo.
 
Questa saturazione è la vera causa dell’iper-inflazione che colpisce oggi la Cina. La politica economica cinese non punta a sviluppare l’economia del Paese, ma ad arricchire alcune persone. Mira anche a mantenere basso il costo del lavoro. È per questo che il regime comunista cinese non permetterà la rivalutazione della moneta cinese, o tanto meno permetterà un libero scambio di mercato fra la Cina e le nazioni straniere. Mantenere l’enorme dislivello fra il mercato cinese e quello straniero è la politica fondamentale del regime per arricchirsi insieme ai capitalisti di tutto il mondo. Soltanto un regime autoritario può fare una cosa simile.
 
Di conseguenza, l’esistenza di questo regime autoritario è la causa della deformazione dell’economia cinese. Fino a che la Cina rimarrà non democratica, questa situazione continuerà. Fino al collasso del regime comunista cinese.
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