27/01/2010, 00.00
INDIA
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Mons. Menamparampil: i sacerdoti recuperino il “misticismo smarrito”

di Nirmala Carvalho
A febbraio si tiene a Guwahati l’Incontro generale della Conferenza episcopale indiana sull’Anno sacerdotale. Il vescovo di Guwahati spiega ad AsiaNews come i sacerdoti possano affrontare la società indiana attuale e diffondere il cristianesino.

New Delhi (AsiaNews) – A febbraio si terrà a Guwahati l’Incontro Generale della Conferenza episcopale cattolica indiana sull’Anno sacerdotale, proclamato lo scorso giugno da Papa Benedetto XVI, per rinnovare l’attività e la contemplazione dei sacerdoti cattolici. Mons. Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati e Presidente dell’ufficio per l’Evangelizzazione della Federazione delle Conferenze dei Vescovi asiatici, spiega in esclusiva ad AsiaNews quali sfide e quali problemi affrontino oggi i sacerdoti nella multiculturale e multireligiosa India.

“Il sacerdote –dice il prelato- per rispondere alla realtà quotidiana deve recuperare il ‘misticismo smarrito’. Un teologo realistico come Karl Rahner ha detto che il cristiano nel futuro dovrà essere un mistico, oppure cessare di credere, e da questo possiamo capire quanto sia importante per un sacerdote essere un ‘mistico’. Questa dichiarazione di Rahner si è dimostrata profetica. Abbiamo assistito alla perdita della fede di larghe sezioni di cristiani in varie parti del mondo. Molti hanno cercato di costruire un mondo giusto senza l’aiuto della fede cristiana e si sono trovati inadeguati.”

“Quando parlo di mistico, non intendo con necessità una persona che si ritira dall’azione, ma uno che si muove nel grumo degli eventi per assistere e salvare, per suggerire e guidare, per dare ispirazione e guidare, per soffrire e -se necessario - per donare la sua vita. In questi tempi di sfida non ci servono prosaici pragmatici che pensano di tirare fuori soluzioni preconfezionate tramite formule ideologiche, come da un cappello magico, ma eroi che commuovano i cuori, tengano alti i loro ideali e trascinino i loro pesi fino anche alle stelle. Ci servono sacerdoti di questo tipo. Ci servono mistici capaci di dare fiducia anche a chi l’ha persa. Il punto di partenza della loro contemplazione spesso sono i bassifondi, le baracche dei poveri, i luoghi dove i giovani sono a rischio, le zone di conflitto armato”.

“E’ sorprendente come i mistici trascendano le culture e i sistemi settari, come ha fatto Madre Teresa. Loro sono veloci nel trovare il terreno comune con la gente di altre fedi e nel proporre di costruire su questo. Loro hanno una capacità inspiegabile di entrare in sintonia con persone molto differenti. Hanno una innata sicurezza che li rende capaci di raggiungere anche chi è più differente da loro. Hanno sviluppato un intuito che è come una seconda vista. Occorrono sacerdoti di questo tipo, radicati in modo profondo nella preghiera ma pronti ad affrontare le tempeste della vita insieme agli altri esseri umani. Per il nostro Paese e per l’intero mondo”.

“In India noi siamo preoccupati per il crescente divario tra ricchi e poveri. Ma ogni strategia che affronti il problema deve mirare al bene comune e partire dalla comprensione dell’essere umano e del processo storico. Milioni di persone sono morte a causa di chi ha impiegato la forza per cercare di fare un mondo giusto.”

“La Chiesa indiana è multiculturale e multietnica, uno specchio della Chiesa universale. Nella Chiesa di Guwahati ci sono persone di 40 diversi gruppi etnici, che operano insieme come membri di un’unica famiglia. Questo rapporto è già una sorta di evangelizzazione. Quando un gruppo umano così diverso si incontra ogni domenica e opera insieme per il bene sociale, la gente può vedere che tra costoro ci sono legami di fede e di amore. Oggi la gente è spesso più aperta al messaggio evangelico di quanto pensiamo. Occorre un approccio personale per arrivare alla persona, non un approccio dogmatico, freddo e troppo clericale”.

I conflitti interetnici sono frequenti in India. Mons. Menamparampil è intervenuto in modo determinante per risolvere simili conflitti nel nordest del Paese. Osserva che “sappiamo che la pace non ci viene servita su un piatto d’argento, occorre conquistarla e meritarla. Non possiamo sperare di ricevere da altri, se non ci impegniamo. Né possiamo limitarci a parlare di speranza, ma occorre lavorare per costruirla. Allora d’improvviso scopriamo che abbiamo edificato le fondamenta della nostra stessa speranza. Io ero senza speranza, e il Signore mi ha dato le ragioni per la speranza. ‘Dio, fammi un portatore di pace, un messaggero di speranza a quelli che sono nella disperazione’. Un sacerdote che porti la speranza agli altri è quanto occorre in ogni società e in ogni situazione”.

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