08/08/2014, 00.00
COREA - VATICANO
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Mons. You: Papa Francesco in Corea, un "vulcano" che accenderà i giovani alla missione

di Bernardo Cervellera
Mons. Lazzaro You, vescovo di Daejeon, ospiterà fra pochi giorni decine di migliaia di giovani da tutta l'Asia e il suo ospite più illustre: papa Francesco. Questo incontro è il motivo principale del viaggio del pontefice in Estremo oriente. I giovani segnati dalla competizione e dall'individualismo, ma assetati di Dio e desiderosi di servire gli altri. La missione in Asia e il contributo del cristianesimo: la storia, la persona, la comunità.

Daejeon (AsiaNews) - A pochi giorni dalla visita di papa Francesco in Corea del Sud, si sfornano a iosa le interpretazioni "politiche" di questo viaggio: un segnale alla Cina; una carezza a Kim Jong-un; una strizzata d'occhio al Giappone... E si rischia di dimenticare che questo viaggio è nato soprattutto per incontrare i giovani della Corea e dell'Asia, per lanciare una nuova evangelizzazione fra la gioventù asiatica.

A catalizzare la decisione del pontefice di venire in Estremo oriente - la prima volta di un papa dopo 23 anni! - è stata una lettera di mons. Lazzaro You Heung-sik, il vescovo di Daejeon, che dai vescovi asiatici aveva ricevuto il compito di preparare la Giornata asiatica della gioventù (Gag), che si terrà dal 10 al 17 agosto proprio nella sua diocesi.

"Avevo saputo - racconta - che papa Francesco d'estate in agosto rimane a Roma, a leggere libri, ascoltare musica. E allora mi è venuta l'idea: sarebbe bello che in agosto il papa venisse in Corea per partecipare alla Gag! E ho pensato: qui verranno 2mila giovani, facendo forse una bellissima esperienza. Ma occorre pensare agli altri giovani, a quelli che non è facile incontrare: bisogna far nascere una nuova evangelizzazione per i giovani! Ma per fare questo bisogna smuovere vescovi e sacerdoti. Io non potevo farlo, ma il papa sì!".

Mons. You, 63 anni, spiega con scoppiettante allegria di aver scritto al papa, di aver parlato col card. Parolin, con il sostituto mons. Angelo Becciu, con il card. Filoni e infine col papa stesso che additandolo gli ha detto: "Lei mi ha scritto! Lei mi ha scritto! Quando ho letto la sua lettera, ho sentito in cuore un suggerimento: dobbiamo andare in Corea! Ho subito domandato a mons. Becciu se in quel periodo avevo degli impegni già presi ed ho visto che ero libero!".

La preparazione non è stata semplice: mons. You ha dovuto scrivere lettere nominali per ogni giovane invitato per garantire loro il visto per la Corea. Solo chi viene da Giappone, Hong Kong e Taiwan non ha bisogno di visto. Ma ormai tutto è pronto: si attendono 2mila giovani dall'estero e 4mila dalla Corea per i lavori durante la Gag; a questi si aggiungeranno almeno altri 20-30mila giovani. "Nei primi giorni - spiega il vescovo - essi vivranno nelle famiglie coreane; il 13 saranno a Salmoe [la città natale di s. Andrea Kim, martire coreano] per aprire la Gag. Il 15 ci sarà il papa. Prima dell'intervento del pontefice, tre giovani, un cinese di Hong Kong, un cambogiano, un coreano si presenteranno con un intervento. Poi sarà la volta di Francesco. Penso che lui sarà come un vulcano: metterà il fuoco nel cuore di questi giovani!".

Mons. You descrive le difficoltà che i giovani incontrano: "Più che in altri Paesi, in Corea fin dalla scuola elementare, i giovani sono spinti alla competizione, a vincere sempre, a superarsi l'un l'altro. Avere un buon titolo di studio conta molto nella società confuciana e ti inserisce nella gerarchia sociale, sempre più in alto. La prima comunità cristiana in Corea era famosa perché in essa, grazie al Vangelo, non si faceva distinzione fra nobile e gente comune, fra ricco e povero. Questo superamento delle classi è stato un contributo che la Chiesa ha dato alla nazione. Nonostante ciò, ancora adesso vi sono queste spinte alla competizione, a superare tanti ostacoli. E la Chiesa trova difficoltà a incontrare i giovani perché questi devono sempre fare qualcosa che serve loro a salire di grado: sport, musica, studi supplementari, lezioni private.

Fra i ragazzi, crescendo, vi è un discreto allontanamento dalla fede. Alle elementari, a messa viene il 30% dei bambini cattolici; al liceo è più o meno la stessa percentuale; ma all'università, la percentuale si abbassa fino al 5%. Tanti universitari non praticano la fede: lo studio, la voglia di guadagnare, la voglia di far carriera li allontana.

L'ateismo pratico, il materialismo dilaga e frena il cristianesimo. Questo avviene perché anche in Corea a poco a poco si sta distruggendo la famiglia e la capacità educativa di padri e madri. Una volta in Corea divorziare era sentito come una vergogna. Adesso invece ci si vanta. Fra i cattolici la media dei divorzi è leggermente minore di quella nazionale".

Pur con queste difficoltà, la Chiesa coreana cresce ogni anno ed è ormai oltre il 10% della popolazione e molti giovani domandano il battesimo. "Fino a 30 anni fa - spiega mons. You - i giovani erano attirati dalla giustizia sociale [quando il Paese era sotto la dittatura- ndr]. Ora quello che li muove è il servizio ai poveri, agli emarginati. E noi cattolici proponiamo loro occasioni per lavorare, per sudare, per offrire tempo a chi ha bisogno e questo li rende contenti.

Anche gli adulti divengono cattolici per questo. In diocesi, per esempio, abbiamo due autobus con cucine ambulanti: ci spostiamo in diverse cittadine e prepariamo il pranzo per i poveri e i senzatetto. Qualche volta io vado insieme a loro per servire i pasti. La gente vede e capisce che la Chiesa è per il popolo; vede che noi non guadagniamo da queste attività, ha fiducia nella Chiesa perché vede trasparenza, senza falsità e tentativi di arricchirsi. E così la Chiesa cresce".

Oltre a risvegliare i giovani alla fede, per il vescovo di Daejeon la visita del papa servirà a lanciare la Chiesa coreana nella missione in Asia e nel mondo.

"Noi crediamo - dice - che la venuta del papa sarà una spinta ancora più decisa per l'evangelizzazione. La venuta di Giovanni Paolo II nell'84, è stato un risveglio per la Chiesa coreana; la sua venuta nell'89 è stata l'occasione di aprirsi alla società. Questa volta, io penso che il papa ci spingerà alla missione in Asia e nel mondo. E penso che questo sia anche un grande desiderio del papa".

Il continente asiatico, continua il vescovo, ha molte culture e religioni, ma "dove in Asia la cultura è evangelizzata, lì c'è una vita migliore, la società ha espressioni più umane. Di certo, l'evangelizzazione va fatta non con la potenza, ma in uno stile mariano, materno, umile, servizievole. Tutti aspettano questa testimonianza: i coreani e gli asiatici hanno grande desiderio di Dio".

Il contributo che la fede cristiana dà alle culture asiatiche è fondamentale. "In Asia - afferma - si vive di miti, di immagini statiche che alla fine non hanno influenza nella vita di tutti i giorni: non c'è il concetto di storia. Invece per noi cristiani la storia è importante perché Dio è entrato nella storia e ha iniziato una storia nuova, più buona, attraverso cui cambiare tutto il mondo. Se non c'è storia, non c'è nemmeno il concetto di società, come unità e come progetto.

Un altro contributo è il concetto di persona: nella società asiatica non si tratta l'essere umano come persona, piena di dignità, di diritti. E se non c'è persona, non c'è nemmeno la comunità come fraternità e condivisione. Fra noi ci sono solo gruppi, clan, etnie, associazioni per uno scopo limitato.

Questi tre concetti - storia, persona, comunità - sono importantissimi da inculturare in Asia perché attraverso questi si trasformano le persone e la società. E come si fa? Offrendo un modello. Gesù mandava i discepoli a due a due perché la gente vedendo come loro si volevano bene, erano spinti a convertirsi. Anche durante le prime persecuzioni, le comunità cristiane sono cresciute di numero. E perché? Perché vi era un rapporto nuovo, di amore, fra persone di diverse estrazioni sociali".

"Per tutto questo - conlcude mons. You - papa Francesco inizia i suoi viaggi in Asia a partire da un incontro coi giovani, segno del futuro, e da un luogo dove è viva la memoria dei martiri. I martiri sono quelli che hanno messo insieme la fede e la vita, l'ortodossia e l'ortoprassi. Essi sono un modello per noi. Essi che danno la vita per la fede in tante parti dell'Asia, possono essere il modello per la Chiesa nel mondo e per i giovani".

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