28/06/2025, 08.09
MONDO RUSSO
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La scomparsa dell’arcivescovo Pitirim, cantore della ‘Ortodossia popolare’

di Stefano Caprio

Fra le figure più popolari della Chiesa ortodossa, è morto a 65 anni. Scrittore e poeta, fra i “cantori” di Putin e della guerra in Ucraina, ma inviso al patriarca Kirill. Pitirim diviene vescovo della capitale di Komi nel 1995, a 34 anni. Il suo stile molto popolare per la comunicazione senza formalismi, soprattutto con i giovani. Le sue odi esempio di “obbedienza al destino” della Russia.

È morto improvvisamente a 65 anni di età una delle figure più popolari della Chiesa ortodossa russa, l’arcivescovo di Syktyvkar nella repubblica settentrionale di Komi, Pitirim (Voločkov). La sua personalità era decisamente fuori dall’ordinario, scrittore e poeta, autore di inni e canzoni di vario contenuto, e negli ultimi anni dedicati in particolare a Vladimir Putin e alla Svo, la “operazione militare speciale” in Ucraina, rendendolo ancora più famoso, pur essendo uno dei gerarchi meno sopportati dal patriarca di Mosca Kirill.

Era chiamato “l’arcipastore di tutte le Komi”, una parodia del titolo patriarcale per la regione del nord, che nel XIV secolo era stata il simbolo dell’evangelizzazione della Russia settentrionale delle etnie ugro-finniche, nel periodo della rinascita del monachesimo ad opera di S. Sergij di Radonež e del suo discepolo S. Stefan di Perm, apostolo dei Komi. Nella blogosfera ortodossa nessuno credeva alla notizia della sua morte, in età relativamente ancora non avanzata, soprattutto per la sua grande vitalità, che invadeva le reti social. Perfino il suo segretario, l’archimandrita Filipp (Filippov), fino all’ultimo ha smentito le comunicazioni sulla vicenda, assicurando che “sua eccellenza è stato portato via da un’ambulanza, ma presto si riprenderà”, per poi arrendersi di fronte all’informazione definitiva sul suo infarto cardiaco. Pitirim non si era mai lamentato della salute, era sempre allegro e attivo, dimostrando sempre molto meno della sua età, con barba e capelli castani senza un pelo bianco, e un grande sorriso a disposizione di tutti. 

Il giorno prima della sua morte era intervenuto a un concerto a Syktyvkar, per l’ennesima celebrazione dell’inizio della Grande Guerra Patriottica. Con il suo “approccio creativo”, Pitirim aveva proposto una nuova versione della storia del 22 giugno 1941, ben lontana dalla verità fattuale, secondo cui nello scontro con i nazisti quel giorno “erano morti circa centomila abitanti di Kiev” su 900 mila abitanti, come una “punizione divina per l’appoggio alle armate del diavolo”, quando è noto che l’assalto di Hitler non conobbe vera opposizione fino alle tre grandi capitali di Leningrado, Mosca e Stalingrado. Dopo la manifestazione, l’arcivescovo aveva celebrato la Divina Liturgia, proclamando con grande emozione un’omelia sui santi russi le cui spoglie vengono esposte alla devozione dei fedeli, concludendo che “noi siamo figli di Dio, e i bambini possono essere felici quando nella camera c’è un morto nella bara? Certo che possono, se il morto è un santo o un eroe!”.

Pitirim era chiamato il “vescovo fragrante” per l’enorme successo della sua canzone su “Ortodossia come fragranza” (Pravoslavie – Blagoukhanie), dove il fedele ortodosso viene paragonato al pubblicano che prega pentendosi, a fronte dell’ipocrisia del fariseo che si crede superiore a tutti, in una paradossale inversione di ruoli nel confronto tra le confessioni religiose. La sua carriera era iniziata da giovanissimo come ministrante e segretario del vescovo di Krasnodar nella Russia meridionale, Germogen (Orekhov), uno dei gerarchi del gruppo dei nikodimtsy, i seguaci del metropolita di Leningrado Nikodim (Rotov), principale artefice del compromesso tra la Chiesa russa e il partito comunista nel periodo di Leonid Brežnev, il cui erede più eminente è l’attuale patriarca Kirill.

Germogen proseguì la sua carriera in Paesi particolarmente importanti per la politica sovietica come la Siria, Israele e la Svizzera, mentre il giovane Pavel (nome di battesimo di Pitirim) divenne diacono a 22 anni, quindi monaco Pitirim nell’anno successivo e ordinato sacerdote “ieromonaco” nel 1987, ancora in epoca sovietica, ma già nei cambiamenti gorbacioviani, e inviato al servizio della repubblica di Komi. La giovane età dei monaci e sacerdoti era una caratteristica dei nikodimtsy, e lo stesso Kirill era diventato vescovo nel 1976 a soli 29 anni, diffondendo questa pratica ai suoi stessi collaboratori, ciò che ha sempre alimentato molti sospetti sulle relazioni tra i membri di questa particolare casta ecclesiastica. Lo stesso Pitirim divenne infine vescovo della capitale di Komi nel 1995, a 34 anni.

Il suo stile divenne subito molto popolare, per la comunicazione senza formalismi con la gente e soprattutto con i giovani, ciò che suscitò una forte avversione nei suoi confronti da parte dell’allora metropolita Kirill (Gundjaev), responsabile delle relazioni esterne del patriarcato. Quando da patriarca Kirill organizzò la riforma amministrativa delle sedi episcopali nel 2010, Komi rimase l’unica regione nella parte europea della Federazione russa a non essere trasformata in metropolia, e Pitirim rimase l’unico vescovo della generazione dominante negli anni Novanta a non assurgere al rango di metropolita. Soltanto nel 2016 venne promosso da vescovo ad arcivescovo, e proprio in quell’anno venne anche accolto nell’Unione degli scrittori russi, consacrandosi come figura eccezionale nel panorama ecclesiastico-culturale.

Se Kirill rappresenta la classica “Ortodossia politica” nel rapporto tra la Chiesa e lo Stato in Russia, e il metropolita della Crimea, Tikhon (Ševkunov), il “padre spirituale” di Putin, è il massimo esponente della “Ortodossia ideologica” che giustifica le pretese imperiali della Russia in quanto “Mosca-Terza Roma”, l’arcivescovo Pitirim era piuttosto il campione della “Ortodossia popolare”, in grado di esprimere i sentimenti della gente comune, che vede nella Chiesa la possibilità di dare un senso alle mille contraddizioni della storia e della politica. Al momento del suo ingresso nell’Unione degli scrittori egli pubblicò una “Ode di Putin”, che esaltava le sue doti e protezioni divine:

La preghiera del presidente / san Ioann Kronštadskij non scordò / con i Volti della Trinità nella sua stanza / lo accolse e benedisse. / Santa Ljubov della Vittoria, Santa Irene / con i nomi gloriosi della vittoria e della pace / e Santa Tatiana custode della vita / tutte loro hanno protetto il nostro Putin.

All’inizio della Svo in Ucraina, Pitirim è stato il gerarca ortodosso più esplicito nella proclamazione della “missione divina” di Putin, presentandolo come “guida e profeta del popolo” eletto direttamente da Dio, e pretendeva dal patriarca Kirill di celebrare la sua incoronazione:

Noi siamo insieme al nostro presidente. / Vivere alla russa con lui è una benedizione. / Essere con Cristo nell’intelletto e nell’onore / e amare la Russia con tutto il cuore… / Ci guida come Mosè il nostro Putin, / egli conserva nel cuore lo Spirito di Cristo. / Dio è forte in lui, Consigliere prodigioso! / Al presidente siano dati la corona, la spada e lo scudo.

Difficile dire quanto queste espressioni siano sincere fino in fondo, assomigliando molto a un’auto-parodia tipica degli eccessi dello spirito russo, capace di esaltarsi e di apparire ironico allo stesso tempo. Le odi di Pitirim sono un vero esempio di “obbedienza al destino” della Russia, recitate e cantate sempre con particolare enfasi ed allegria, danzando ritmicamente per renderle una sceneggiata da volgere a qualunque interpretazione, ciò che veramente corrisponde al “consenso popolare” dei russi verso il proprio zar e la propria religione. Nel 2016 a Komi venne anche nominato governatore Sergej Galikov, già presidente della Olimpstroj, la ditta che aveva costruito le faraoniche strutture per le Olimpiadi di Soči, uno dei grandi sogni di gloria universale di Putin, e l’arcivescovo trovò un perfetto compagno di canti elegiaci.

Lo stesso Pitirim aveva una grande opinione delle sue doti poetiche, Dio mi ha dato un corno spirituale / il suo suono raduna in chiesa i suoi figli amati… / Il mio corno risuona nei versi / e le persone sono felici oltre misura / esso richiama i morenti al Salvatore / e la vita viene loro concessa per la gioia di tutta la terra. Egli diffondeva le sue opere soprattutto attraverso il principale social russo VKontakte, anche se molte poesie si possono trovare sul sito ufficiale degli scrittori Stikhi.ru, e si calcola che ne abbia composte oltre tremila. Le sue stanze erano adornate di colori vivaci, soprattutto il rosa, e si diffondevano sempre aromi che confermavano il suo inno sulla “fragranza dell’Ortodossia”, la versione “pop” di una religiosità più naturale che rivelata, più popolare che canonica, più paradossale che apocalittica:

L’aroma mi ricrea come essere felice, / l’aroma è la parola raffinata di Cristo, / scruta il cuore il leone dalla criniera dorata / sul suo capo risplende l’aureola. / L’aroma riproduce la melodia / Alleluia! – canta con me l’Anima suprema. / Lo spirito che respira mi conosce / e vola verso di Lui, quando Cristo chiama.

Pitirim traduceva le narrative ultra-conservatrici attraverso il groviglio di fantasie e auto-riflessioni, criticava l’ex-capo del dipartimento per gli esteri del patriarcato, il metropolita Ilarion (Alfeev), per il suo “ecumenismo massonico”, non aveva timore di mostrare il vero volto del mondo russo, quello dell’anima incontrollabile delle periferie, senza temere l’emarginazione da parte dei vertici del potere ecclesiastico e statale. La Russia è in realtà un’immensa e unica periferia senza confini, e ogni tentativo di definirla in dimensioni comprensibili finisce per disperdersi nella “fragranza dell’Anima suprema”.

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