13/03/2008, 00.00
IRAQ
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Morto l'arcivescovo di Mosul

Vescovo di Arbil: "Una grande Croce per la nostra Chiesa prima della Pasqua". Ancora ignote le cause del decesso. Il dolore del Papa.
Mosul (AsiaNews) - E' morto l'arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Faraj Rahho, rapito il 29 febbraio scorso dopo la Via Crucis celebrata nella chiesa del Santo Spirito. Lo hanno comunicato i rapitori che hanno indicato ai mediatori il luogo dove recuperare il corpo del presule, 67 anni. “Una grande Croce per la nostra Chiesa prima della Pasqua” ha detto mons. Rabban al Qas, vescovo di Arbil, commentando la notizia ad AsiaNews. Personalità della Chiesa caldea, tra cui mons. Shlemon Warduni, hanno portato il cadavere all’ospedale di Mosul per accertare le cause, ancora ignote, del decesso. I funerali si svolgeranno domani nella vicina cittadina di Karamles. Mons. Rahho sarà sepolto vicino a p. Ragheed, il suo sacerdote e segretario ucciso il 3 giugno 2007 all’uscita dalla messa da un commando terrorista.
 
Il presule, era molto malato. Pochi anni fa aveva subito un infarto e da allora aveva bisogno di assumere medicine quotidiane. Le difficili trattative andate avanti in questi 14 giorni di sequestro avevano da subito preoccupato per la totale assenza di contatti diretti con l’ostaggio. Tra le condizioni poste dai rapitori - fanno sapere fonti di AsiaNews a Mosul - oltre ad un ingente riscatto nell’ordine dei milioni di dollari, si è parlato anche di forniture di armi e della liberazione di prigionieri arabi nelle carceri curde.
 
La notizia della morte di mons. Rahho “colpisce e addolora profondamente” il Papa, come ha riferito il direttore della sala stampa vaticana, p. Federico Lombardi. Benedetto XVI auspica che “questo tragico evento richiami ancora una volta e con più forza l'impegno di tutti e in particolare della comunità internazionale per la pacificazione di un Paese così travagliato”. Per tre volte in questi giorni il Papa aveva lanciato un appello per la liberazione del vescovo. Per il rilascio del presule si erano espressi numerosi leader musulmani, sunniti e sciiti, in Iraq, Libano e Giordania, che hanno anche condannato il gesto come “contrario all’islam”.
 
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