13/01/2020, 11.40
OMAN
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Oman, capi politici e religiosi per l’ultimo saluto al sultano Qabus. Dal successore continuità

L’anziano monarca è scomparso all’età di 79 anni. Egli ha saputo modernizzare il Paese e assumere un ruolo di mediatore nei conflitti della regione. Anche i cristiani rendono omaggio a un “leader unico”. Il successore Haitham ben Tarek promette di seguirne le orme e “promuovere soluzioni pacifiche” alle crisi regionali. 

Mascate (AsiaNews) - Leader religiosi e politici nel mondo hanno reso omaggio, nel fine settimana, alla memoria di Qabus bin Said al Said, sultano dell’Oman scomparso il 10 gennaio scorso all’età di 79 anni. Fra i più anziani e illuminati monarchi della regione, egli ha saputo modernizzare il Paese mantenendo un equilibrio fra le potenze regionali, tanto da far valere al Paese il soprannome di “Svizzera del Medio oriente”. Al suo posto ha già giurato, quale nuovo sultano, il cugino e già ministro della Cultura e del patrimonio Haitham ben Tarek. 

Nel palazzo Alam, usato in passato dal sultano per le cerimonie ufficiali, si è tenuta una funzione per ricordare l’anziano leader scomparso. Presenti diverse capi Stato e di governo della regione e mondiali, fra cui il principe ereditario di Abu Dhabi Sheikh Mohammed bin Zayed l’emiro del Qatar Sheikh Tamim bin Hamad Al-Thani. Insieme a loro il ministro iraniano degli Esteri Mohammad Javad Zarif (che ha incontrato il nuovo sultano) e il principe Carlo d’Inghilterra, insieme al Primo Ministro Boris Johnson. 

Fra i leader cristiani che hanno reso omaggio alla memoria del sultano vi è Youssef Absi, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti, secondo cui “il mondo arabo ha perso […] un leader unico” che ha costruito uno Stato moderno. Egli ha saputo promuovere nel tempo iniziative capaci di “colmare le spaccature” nel mondo arabo e “ridurre l’escalation nella nostra regione infestata da conflitti”. Messaggi di cordoglio sono giunti anche da papa Tawadros II, patriarca della Chiesa copta ortodossa, secondo cui è stato “simbolo della forza e dell’unità” per il Paese.

Il sultano Qabus è nato nel 1940 e si è diplomato presso l’Accademia militare reale Sandhurst, in Inghilterra, servendo nell’esercito d’Oltremanica. Egli aveva preso il posto del padre con un golpe nel 1970 e, fin dall’inizio, ha cercato di riallacciare le relazioni con gli Stati occidentali. Durante il regno ha riformato una nazione fino ad allora arretrata, diventando una destinazione turistica di primo piano e un interlocutore chiave in Medio oriente. La sua mediazione, tanto per fare un esempio, è risultata fondamentale nella liberazione di p. Tom, sacerdote indiano rapito in Yemen. 

Il cugino e nuovo leader Haitham ben Tarek ha già prestato giuramento lo scorso 11 gennaio, poco dopo l’estremo saluto al sultano Qabus. Nel discorso inaugurale, egli ha sottolineatoato di voler seguire l’esempio del predecessore, pur cercando di avviare una nuova fase di sviluppo per la nazione. Analisti ed osservatori lo descrivono come una personalità ricca di cultura, calma e capace di garantire il processo di continuità nel ruolo di mediazione assunto dall’Oman in questi anni. 

“Seguiremo il cammino del defunto sultano” ha sottolineato, ribandendo la politica di non-interferenza che gli ha garantito ottimi rapporti sia con la potenza sunnita regionale (leggi Arabia saudita), che con l’Iran sciita. Egli ha poi manifestato sostegno “per la nostra politica estera nazionale di pace fra le nazioni e i popoli […] rispettando la sovranità nazionale e la collaborazione internazionale”. Sotto il suo regno l’Oman continuerà a “promuovere soluzioni pacifiche” alle crisi regionali e globali.

L’Oman rappresenta un “modello” fra gli Stati del Golfo, sia per la lotta al terrorismo che in tema di libertà religiosa. Una nazione conservatrice sul piano sociale, in cui i cittadini lottano per difendere valori e tradizioni pur rivendicando parità di diritti di genere; limitata, inoltre, l’interferenza dello Stato nella vita delle persone, a differenza di quanto avviene con la polizia religiosa islamica (mutaween) in Arabia Saudita. I cattolici sono circa 55mila, espatriati e lavoratori migranti, pari al 2% del totale della popolazione. I cristiani sono il 6,5%, gli indù il 5,5%; la grande maggioranza (pari al 75% circa) è di fede musulmana. 

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