28/11/2011, 00.00
SIRIA
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P. Dall’Oglio sotto minaccia di espulsione dalla Siria: "chiudono le porte a iniziative di dialogo"

Intervista al gesuita fondatore della comunità al-Khalil a Deir Mar Musa, da 30 anni nel Paese e impegnato nel dialogo con l’islam, che rischia di essere espulso. Ha preso posizione a favore della democrazia del consenso, della libertà di espressione e della riconciliazione nazionale.
Mumbai (AsiaNews) – “Sto correndo il grave rischio di essere espulso dalla Siria”: così padre Paolo Dall’Oglio, fondatore del monastero di Deir Mar Musa inizia la sua intervista ad AsiaNews sulla situazione personale che lo vede a rischio di dover abbandonare il Paese. “Il governo siriano ha mandato una lettera al vescovo siro-cattolico di Homs, chiedendo gli di mandarmi all’estero. La giustificazione esplicita fornita sta nelle posizioni che ho preso a favore della democrazia del consenso, della libertà di espressione e della riconciliazione”.

Deir Mar Musa, il monastero di San Mosé l’Abissino è una comunità monastica di rito siro-cattolico, vicino alla città di Nabk, circa 80 km a nord di Damasco. Il monastero è stato costruito da monaci greci nel VI secolo. Abbandonato nel XIX secolo, è diventato di nuovo la casa di un piccola comunità religiosa. Padre Dall’Oglio, che è l’anima della comunità al-Khalil, lancia accuse serie: “La cosa più triste, in questo caso, è che alcuni fattori che hanno portato a questa decisione bisogna cercarli all’interno del contesto ecclesiastico, probabilmente come una reazione alla mia azione, in passato, in casi di corruzione e di mancanza di trasparenza di alcuni prelati”.

La comunità di al-Khalil che vive a Deir Mar Musa da 20 anni, è molto in ansia per questa possibile espulsione. E dice il gesuita: “personalmente, lasciare la Siria in mezzo alla tempesta, dopo 30 anni in questo Paese, è qualcosa che mi spezza il cuore. E questo significa che le porte si chiudono per iniziative a favore del dialogo, delle riforme reali e della riconciliazione. Speriamo ancora che questa decisione sia rivista, e speriamo che la Siria esca da questa crisi, mantenendo la sua unità, e trasformandosi in una democrazia pluralista dove tutte le particolarità sono rispettate e armonizzate”.

La posizione di padre Dall’Oglio sulla crisi è molto chiara. “I siriani vogliono, e meritano, i diritti umani, a cominciare dalla stampa libera e dalla dignità della persona umana. Dovremmo cercare un accordo con il negoziato, e garanzie internazionali. Naturalmente il rischio del fondamentalismo islamico esiste, così come quello dell’influenza di ‘complotti’ da parte di poteri regionali. Per questo i cristiani e le altre minoranze tendono ad appoggiare le politiche repressive. Ma la violenza e la discriminazione sono direttamente contrarie ai nostri valori etici. E non sono una garanzia per la nostra presenza a lungo termine; solo la vera fratellanza, il dialogo, la stima teologica dell’altro possono essere una garanzia”.

Sulle prospettive dei rapporti interreligiosi il gesuita non è ottimista, a breve periodo. “Fino ad ora non c’è un problema di emigrazione cristiana, o una minaccia contro i luoghi religiosi, Ma è già cominciato un pericoloso processo di guerra civile, principalmente fra sunniti ed alawiti, per esempio a Homs. Un serio sforzo per fermarlo dovrebbe essere fatto. A Deir Mar Musa continuamo ad accogliere visitatori di ogni fede per pregare e lavorare, e restiamo pienamente impegnati nella fratellanza islamico-cristiana. Alcuni dicono che siamo ingenui, forse è vero…contempliamo un futuro pacifico per le comunità cristiane orientali, come elementi innovativi e costruttivi nel cuore di una libera fiorente Umma islamica”.

C’è paura fra i siriani che gli islamici, o figure vicine agli islamici, possano prendere il potere?

La paura esiste, specialmente fra le minoranze religiose: cristiani ma anche (e talvolta in misura maggiore) fra le comunità islamiche eterodosse, come alawiti, drusi, ismaeliti…L’islam fondamentalista (salafiti e wahabi) esiste in Siria, ma rappresenta una minoranza. I Fratelli musulmani sono molto più popolari, ma non dovrebbero essere subito etichettati come estremisti. La paura di un islam politico è stata usata a lungo dalle autorità siriane per giustificare un forte sistema di repressione. Non dovremmo dimenticare che questa paura è stata usata dall’occidente per giustificare amicizia e rapporti commerciali con Ben Ali e Mubarak, fra gli altri dittatori arabi. Come minoranze cristiane nel mondo islamico, non dovremmo essere paralizzati dalla paura dell’islam politico. Soprattutto, questo non ci dovrebbe portare a appoggiare politiche e sistemi contrari ai nostri valori etici. Il nostro futuro a lungo termine, nell’Umma islamica, dipendere da un atteggiamento di buon vicinato, stima teologica e e militanza comune verso il progresso umano”.

Le minoranze religiose sono in ansia per il futuro della Siria?

Le comunità che hanno goduto di una posizione privilegiata negli ultimi decenni ovviamente non vogliono perderla. La situazione ora è bloccata, con una escalation simmetrica nella violenza e scontri letali che accadono ogni venerdì, e se non ogni giorno. In alcune città vediamo già scontri violenti fra gente di comunità diverse.

Che cosa ci può dire del suo ministero a Deir Mar Musa?

Deir Mar Musa al-Habashi è un antico monastero situato nelle montagne desertiche di Qalamun. Dopo due secoli di abbandono, è stato restaurato e ospita una comunità monastica di monaci e suore, impegnati nel dialogo con l’islam, nella preghiera, nel lavoro manuale e nell’ospitalità. Molti siriani di tutte le fedi ci visitano per stare qualche giorno, qualche settimana o qualche mese con noi. Trovano un luogo di serenità, tolleranza e introspezione. Infine, a livello personale, prego affinché il presidente della Repubblica accetti il mio desiderio di restare in questo Paese, come un segnale da parte sua di pace attraverso il negoziato. Per molte persone il segnale di questa comunità dedicata all’armonia è qualche cosa di essenziale per un futuro migliore. Sono un religioso di origine italiana ma dopo 30 anni in questo Paese, mi sento radicalmente siriano. La speranza di un progresso pacifico, una maturazione verso una democrazia pluralista, nazionale e laica deve essere rinnovata. E’ una risposta costruttiva sia alla scivolare verso la guerra civile e alla dissoluzione nazionale, sia al desiderio pericoloso di porre fiducia nel ritorno a come le cose stavano. Una democrazia del consenso”. (N.C.)
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