10/01/2011, 00.00
VATICANO
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Papa: la libertà religiosa aggredita da terrorismo ed emarginazione

Nel discorso al corpo diplomatico, Benedetto XVI denuncia violenze e ingiustizie contro i cristiani in Iraq, Egitto, Cina, Pakistan, Nigeria, India e Medio Oriente. In Occidente c’è un processo che tende a trattare la fede come un fatto personale e irrilevante. “Non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni” e “libertà religiosa non è solo libertà di culto”.
Città del Vaticano (AsiaNews) – In Iraq, Egitto e Nigeria cristiani uccisi nelle chiese, in Pakistan di fronte a una legge sulla blasfemia “pretesto per provocare ingiustizie e violenze”, in Cina in “un momento di difficoltà e di prova”, in Occidente fatti oggetto di una “crescente emarginazione” che arriva a pretendere il rifiuto di un “riferimento alle convinzioni religiose e morali”. Tocca centinaia di milioni di persone e spazia in tutto il mondo l’elenco delle violazioni e degli attacchi alla libertà religiosa fatto oggi da Benedetto XVI ai rappresentanti dei 180 Paesi e organizzazioni internazionali che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede.
 
L’incontro con i diplomatici è occasione ormai tradizionale nella quale i papi gettano il loro sguardo sulla situazione mondiale e quest’anno Benedetto XVI l’ha incentrato sullo stato della librtà religiosa, in esplicito legame con il suo messaggio per la Giornata mondiale della pace nel quale essa viene definita “la via fondamentale per la costruzione della pace”.
 
Un quadro, quello fatto oggi dal Papa, di tante ombre, ma anche di qualche luce, come la notizia che il Vietnam ha accettato a nomina di un rappresentante papale, non fisso, a quanto pare, ma che comunque mette fine a quasi 60 anni di mancanza di rapporti diplomatici. O lo schieramento di alcuni Paesi europei a favore della esposizione del crocefisso nei luogi pubblici, che ha visto anche il citato intervento del Patriarcato di Mosca e, in genere, del mondo ortodosso, o, infine, dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto.
 
Il punto di partenza, nelle affermazioni di Benedetto XVI, è che “la dimensione religiosa è una caratteristica innegabile e incoercibile dell’essere e dell’agire dell’uomo, la misura della realizzazione del suo destino e della costruzione della comunità a cui appartiene. Pertanto, quando l’individuo stesso o coloro che lo circondano trascurano o negano questo aspetto fondamentale, si creano squilibri e conflitti a tutti i livelli, tanto sul piano personale che su quello interpersonale.
E’ in questa verità primaria e fondamentale che si trova la ragione per cui ho indicato la libertà religiosa come la via fondamentale per la costruzione della pace, nel Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace di quest’anno. La pace, infatti, si costruisce e si conserva solamente quando l’uomo può liberamente cercare e servire Dio nel suo cuore, nella sua vita e nelle sue relazioni con gli altri”.
 
In questo quadro, “non si può creare una sorta di scala nella gravità dell’intolleranza verso le religioni. Purtroppo, un tale atteggiamento è frequente, e sono precisamente gli atti discriminatori contro i cristiani che sono considerati meno gravi, meno degni di attenzione da parte dei governi e dell’opinione pubblica. Al tempo stesso, si deve pure rifiutare il contrasto pericoloso che alcuni vogliono instaurare tra il diritto alla libertà religiosa e gli altri diritti dell’uomo, dimenticando o negando così il ruolo centrale del rispetto della libertà religiosa nella difesa e protezione dell’alta dignità dell’uomo. Meno giustificabili ancora sono i tentativi di opporre al diritto alla libertà religiosa, dei pretesi nuovi diritti, attivamente promossi da certi settori della società e inseriti nelle legislazioni nazionali o nelle direttive internazionali, ma che non sono, in realtà, che l’espressione di desideri egoistici e non trovano il loro fondamento nell’autentica natura umana. Infine, occorre affermare che una proclamazione astratta della libertà religiosa non è sufficiente: questa norma fondamentale della vita sociale deve trovare applicazione e rispetto a tutti i livelli e in tutti i campi; altrimenti, malgrado giuste affermazioni di principio, si rischia di commettere profonde ingiustizie verso i cittadini che desiderano professare e praticare liberamente la loro fede”.
 
Le violazioni, le tante violazioni, cruente o no, nascono da qui. Il loro elenco comincia da Oriente e conferma che è l’Asia il continente ove la libertà religiosa è più violata.
 
E’ un quadro che comincia con l’Iraq, dove “gli attentati hanno seminato morte, dolore e smarrimento tra i cristiani”, “al punto da spingerli a lasciare la terra dove i loro padri hanno vissuto lungo i secoli” e con l’Egitto con la strage di Alessandria. “Questa successione di attacchi è un segno ulteriore dell’urgente necessità per i Governi della Regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose. Bisogna dirlo ancora una volta? In Medio Oriente, ‘i cristiani sono cittadini originali e autentici, leali alla loro patria e fedeli a tutti i loro doveri nazionali. E’ naturale che essi possano godere di tutti i diritti di cittadinanza, di libertà di coscienza e di culto, di libertà nel campo dell’insegnamento e dell’educazione e nell’uso dei mezzi di comunicazione’ (Messaggio al Popolo di Dio dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, 10). A tale riguardo, apprezzo l’attenzione per i diritti dei più deboli e la lungimiranza politica di cui hanno dato prova alcuni Paesi d’Europa negli ultimi giorni, domandando una risposta concertata dell’Unione Europea affinché i cristiani siano difesi nel Medio Oriente. Vorrei ricordare infine che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni. Incoraggio, inoltre, ad accompagnare la piena tutela della libertà religiosa e degli altri diritti umani con programmi che, fin dalla scuola primaria e nel quadro dell’insegnamento religioso, educhino al rispetto di tutti i fratelli nell’umanità. Per quanto riguarda poi gli Stati della Penisola Arabica, dove vivono numerosi lavoratori immigrati cristiani, auspico che la Chiesa cattolica possa disporre di adeguate strutture pastorali”.
 
“Tra le norme che ledono il diritto delle persone alla libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a compiere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religiose. Il tragico assassinio del Governatore del Punjab mostra quanto sia urgente procedere in tal senso: la venerazione nei riguardi di Dio promuove la fraternità e l’amore, non l’odio e la divisione. Altre situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, possono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici”. In un riferimento che appare legato alle violenze anticristiane in India, Benedetto XVI ha aggiunto che “il peso particolare di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita sociale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi”.
 
In diversi Paesi, d’altronde, “la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat. II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non dire un monopolio, dello Stato sulla società. Bisogna che cessino tali ambiguità, in modo che i credenti non si trovino dibattuti tra la fedeltà a Dio e la lealtà alla loro patria. Domando in particolare che sia garantita dovunque alle comunità cattoliche la piena autonomia di organizzazione e la libertà di compiere la loro missione, in conformità alle norme e agli standards internazionali in questo campo. In questo momento, il mio pensiero si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova”.
  
“Spostando il nostro sguardo dall’Oriente all’Occidente, ci troviamo di fronte ad altri tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza, estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con diversi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale. Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro professione senza riferimento alle loro convinzioni religiose e morali, e persino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi operatori del diritto. In tale contesto, non si può che rallegrarsi dell’adozione da parte del Consiglio d’Europa, nello scorso mese di ottobre, di una Risoluzione che protegge il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza di fronte a certi atti che ledono gravemente il diritto alla vita, come l’aborto”.
  
“Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in particolare, del cristianesimo, consiste nel bandire dalla vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo così, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della loro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profonda e la coesione sociale di numerose nazioni”. In proposito, Benedetto XVI ha espresso “gratitudine” verso quei Paesi europei che “si sono associati al ricorso del Governo italiano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici” e a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso, “in particolare il Patriarcato di Mosca e gli altri rappresentanti della gerarchia ortodossa”.
 
“Riconoscere la libertà religiosa significa, inoltre, garantire che le comunità religiose possano operare liberamente nella società, con iniziative nei settori sociale, caritativo od educativo. In ogni parte del mondo, d’altronde, si può constatare la fecondità delle opere della Chiesa cattolica in questi campi. E’ preoccupante che questo servizio che le comunità religiose offrono a tutta la società, in particolare per l’educazione delle giovani generazioni, sia compromesso o ostacolato da progetti di legge che rischiano di creare una sorta di monopolio statale in materia scolastica, come si constata ad esempio in certi Paesi dell’America Latina”.
 
“Proseguendo la mia riflessione, non posso passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”.
 
La religione, conclude “con forza” il Papa “non costituisce per la società un problema, non è un fattore di turbamento o di conflitto” e “la Chiesa non cerca privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei alla sua missione, ma semplicemente esercitare questa missione con libertà”.
 
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