10/09/2019, 22.35
VATICANO
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Papa: ‘non ho paura degli scismi’, le critiche si fanno in faccia

Pace, xenofobia, dialogo interreligioso, globalizzazione alcuni dei temi affrontati da Francesco nel lungo dialogo con i giornalisti durante il volo di ritorno dal Madagascar.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Il Papa non ha paura degli scismi, “prego perché non ce ne siano” e che ci sia il dialogo, “ma non ho paura”. Lo ha detto Francesco nella lunga conferenza stampa tenuta nel corso del volo che lo ha riportato a Roma, dove è arrivato poco prima delle 19.

La pace – “le guerre distruggono, fanno perdere tutto” – l’invecchiamento – “è un’opinione personale, penso che il benessere sia alla radice” – la xenofobia – “è una malattia umana… è una malattia che entra in un Paese, entra in un continente, e mettiamo muri. Ma i muri lasciano soli quelli che li fabbricano”, alcuni tra i temi affrontati dal papa nel colloquio con i giornalisti. E ancora, il dialogo interreligioso – “non si cancella la differenza delle religioni ma si sottolinea che tutti siamo fratelli, che tutti dobbiamo parlare” – la globalizzazione, quella “vera” è “un poliedro dove ogni popolo conserva la propria identità ma si unisce a tutta l’umanità. Invece la colonizzazione ideologica cerca di cancellare l’identità degli altri per farli uguali e ti vengono con proposte ideologiche che vanno contro la natura di quel popolo, la storia di quel popolo, contro i valori di quel popolo”.

Rispondendo alla domanda sul fatto che il Papa è “sotto attacco di un settore della Chiesa americana”, Francesco ha risposto: “Prima di tutto, le critiche sempre aiutano, sempre. Quando uno riceve una critica subito deve fare l’autocritica e dire: questo è vero o non vero? Fino a che punto? E io sempre dalle critiche traggo vantaggi. A volte ti fanno arrabbiare… Ma i vantaggi ci sono. Nel viaggio di andata a Maputo uno di voi mi ha dato quel libro in francese su come gli americani vogliono cambiare il Papa. Sapevo di quel libro, ma non l’avevo letto. Le critiche non sono soltanto degli americani, ci sono un po’ dappertutto, anche in Curia. Almeno quelli che le dicono hanno il vantaggio dell’onestà di dirle. A me non piace quando le critiche stanno sotto il tavolo: ti fanno un sorriso facendo vedere i denti e poi ti danno il pugnale da dietro. Questo non è leale, non è umano. La critica è un elemento di costruzione, e se la tua critica non è giusta, tu stai preparato a ricevere la risposta e fare un dialogo e arrivare a un punto giusto. Questa è la dinamica della critica vera. Invece la critica delle pillole di arsenico, di cui parlavamo a proposito di questo articolo che ho dato a padre Rueda, è un po’ buttare la pietra e nascondere la mano… Questo non serve, non aiuta. Aiuta ai piccoli gruppetti chiusi, che non vogliono sentire la risposta alla critica. Invece una critica leale - io penso questo, questo e questo - è aperta alla risposta, questo costruisce, aiuta. Davanti al caso del Papa: questo del Papa non mi piace, lo critico, parlo, faccio un articolo e gli chiedo di rispondere, questo è leale. Fare una critica senza voler sentire la risposta e senza fare il dialogo è non voler bene alla Chiesa, è andare dietro a un’idea fissa, cambiare il Papa, o fare uno scisma. Questo è chiaro: sempre una critica leale è ben ricevuta, almeno da me. Secondo, il problema dello scisma: nella Chiesa ci sono stati tanti di scismi”. “Sempre c’è l’opzione scismatica nella Chiesa, sempre. Ma è una delle opzioni che il Signore lascia alla libertà umana. Io non ho paura degli scismi, prego perché non ce ne siano, perché c’è in gioco la salute spirituale di tanta gente. Che ci sia il dialogo, che ci sia la correzione se c’è qualche sbaglio, ma il cammino dello scisma non è cristiano”. “Uno scisma sempre è un distacco elitario provocato da un’ideologia staccata dalla dottrina. È un’ideologia, forse giusta, ma che entra nella dottrina e la stacca… Per questo prego perché non siano degli scismi, ma non ho paura”. Oggi, “c’è l’ideologia della primazia di una morale asettica sulla morale del popolo di Dio. I pastori devono condurre il gregge tra la grazia e il peccato, perché la morale evangelica è questa. Invece una morale di un’ideologia così pelagiana ti porta alla rigidità, e oggi abbiamo tante scuole di rigidità dentro al Chiesa, che non sono scismi ma vie cristiane pseudo scismatiche, che finiranno male. Quando voi vedete cristiani, vescovi, sacerdoti rigidi, dietro ci sono dei problemi, non c’è la santità del Vangelo. Per questo dobbiamo essere miti con le persone che sono tentate da questi attacchi, stanno passando un problema, dobbiamo accompagnarli con mitezza”.

La xenofobia “è una malattia umana, come il morbillo… È una malattia che entra in un Paese, entra in un continente, e mettiamo muri. Ma i muri lasciano soli quelli che li fabbricano. Sì, lasciano fuori tanta gente, ma coloro che rimangano dentro i muri rimarranno soli e alla fine della storia sconfitti per via di grandi invasioni. La xenofobia è una malattia. Una malattia ‘giustificabile’ ad esempio per mantenere la purezza della razza, tanto per nominare una xenofobia del secolo scorso. E tante volte le xenofobie cavalcano l’onda dei populismi politici. Ho detto la settimana scorsa, o l’altra, che delle volte in alcuni posti sento fare discorsi che somigliano a quelli di Hitler nel ’34. È come se in Europa ci fosse un pensiero di ritorno”.

La difesa della natura, infine. “L’ho già detto in un altro viaggio, c’è nell’inconscio collettivo un motto: l’Africa va sfruttata. Noi non pensiamo mai: l’Europa va sfruttata. Dobbiamo liberare l’umanità da questo inconscio collettivo. Il punto più forte dello sfruttamento è sull’ambiente, con la deforestazione, la distruzione della biodiversità”. “In Vaticano abbiamo proibito la plastica, stiamo in questo lavoro”. “Bisogna difendere l’ecologia, la biodiversità, che è la nostra vita, difendere l’ossigeno, che è la nostra vita. A me conforta che a portare avanti questa lotta siano i giovani, che hanno una grande coscienza e dicono: il futuro è nostro, col tuo fa quello che vuoi, ma non col nostro! Credo che essere arrivati all’accordo di Parigi è stato un passo avanti buono, e poi anche gli altri… Sono incontri che aiutano a prendere coscienza. Ma l’anno scorso d’estate, quando ho visto quella foto della nave che navigava al Polo Nord come se niente fosse, ho sentito angoscia, e poco tempo fa abbiamo visto tutti la fotografia dell’atto funebre simbolico per quel ghiacciaio che non c’era più in Groenlandia. … Tutto questo avviene fretta, dobbiamo prendere coscienza cominciando dalle cose piccole. I governanti stanno facendo tutto? Alcuni di più, alcuni di meno. È vero che c’è una parola che devo dire e che sta alla base dello sfruttamento ambientale”. “E la parola brutta brutta è corruzione: io ho bisogno di fare questo e per farlo devo deforestare e ho bisogno del permesso del governo o del governo provinciale. Vado dal responsabile - e qui ripeto letteralmente ciò che mi ha detto un imprenditore spagnolo - e la domanda che noi sentiamo dire quando vogliamo far approvare il progetto è ‘Quanto per me?’, sfacciatamente. Questo succede in Africa, in America Latina e anche in Europa. Dappertutto, quando si prende la responsabilità socio-politica come un guadagno personale, lì si sfruttano valori, la natura, la gente. L’Africa va sfruttata… Ma pensiamo a tanti operai che sono sfruttati nelle nostre società; il caporalato lo abbiamo in Europa, non l’hanno inventato gli africani. La domestica pagata un terzo di quello che si deve, non l’hanno inventato gli africani, le donne ingannate e sfruttate per la prostituzione nel centro delle nostre città, non l’hanno inventato gli africani. Anche da noi c’è questo sfruttamento, non solo ambientale, anche umano. E questo è per corruzione. E quando la corruzione è dentro nel cuore, prepariamoci, perché arriva di tutto”.

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