19/08/2020, 08.00
LIBANO
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Patriarca maronita: la ‘neutralità attiva’ per l’unità e la salvezza del Libano

di Fady Noun

Per il card Raï è in pericolo l’esistenza stessa del Paese in questo periodo di cambiamenti politici e geografici. La “Svizzera d’Oriente” e i conflitti che hanno stravolto la nazione e la regione. Onu e comunità internazionale devono risolvere il problema dei rifugiati palestinesi e dei profughi siriani.

Beirut (AsiaNews) - L’unità del Libano è minacciata? È quanto afferma con forza il patriarca maronita, il card Beshara Raï, che ha appena pubblicato ieri 18 agosto un “Memorandum sul Libano e la neutralità attiva” di nove pagine, in cui si dichiara a favore di questo “non allineamento” che considera essenziale per la sopravvivenza del Paese e la sua vocazione storica. “La molteplicità e la profondità delle differenze minacciano non solo lo Stato, ma anche l’essenza stessa del Paese”, ovvero la sua ragion d’essere e la sua esistenza stessa “in questo periodo pieno di cambiamenti geografici”. 

“La neutralità del Libano è la garanzia di unità del Paese e del suo posto nella storia, soprattutto in questo periodo pieno di cambiamenti geografici e costituzionali” afferma il patriarca nel preambolo del suo memorandum, ricordando che in una omelia del 5 luglio aveva chiesto all’Onu “di operare per il consolidamento dell’indipendenza del Libano e della sua unità, per l’applicazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite che lo riguardano e per riconoscere la sua neutralità”.

Questa richiesta aveva ottenuto il sostegno di alcuni e sollevato le riserve di altri, ammette nella sostanza. Nel suo memorandum, il patriarca cerca di spiegare il “perché” della sua richiesta e di dissipare alcune delle ambiguità che aveva sollevato. Il documento patriarcale cita in modo esplicito come ragion d’essere della campagna a favore della “neutralità attiva” il posto preponderante e sproporzionato preso da Hezbollah nella vita della nazione. 

Ma prima di arrivare a questo, egli comincia con il precisare che questa neutralità, sebbene non abbia assunto l’aspetto di “rango costituzionale”, non era per questo meno presente nello spirito dei fondatori dello Stato del Grande Libano (1920), “come politica di difesa e delle relazioni estere che questa nuova e piccola entità politica che veniva ad essere il Libano avrebbe dovuto seguire per affermare la sua esistenza e preservare la sua indipendenza, unità e identità”. 

“Questa tendenza - aggiunge - è stata confermata nel 1943, quando il governo dell’indipendenza ha dichiarato che il Libano si sarebbe impegnato per la neutralità fra Oriente e Occidente”. 

“Il relativo allontanamento del Libano dai conflitti nella regione, tra il 1943 e il 1975, ha generato prosperità e ha fatto guadagnare al Libano il titolo di ‘Svizzera d’Oriente’” assicura il patriarca. Grazie a questa politica, sottolinea, “il Libano è riuscito a preservare l’unità del suo territorio, nonostante i piani per l’unità araba, e le molteplici guerre arabo-israeliane”.

Il primo, serio allontanamento da questa politica di non allineamento avviene “con l'ingresso del fattore palestinese sulla scena interna, e l’inizio dell’attività militare palestinese in Libano, con il sostegno di alcuni libanesi, che si è resa manifesta qualche tempo dopo con lo scoppio della guerra nel 1975” prosegue il memorandum.

“Di fronte alla divisione fra cristiani e musulmani che ha bloccato la governabilità, lo Stato libanese ha ceduto e accettato di compromettere la sua sovranità, firmando l’Accordo del Cairo nel 1969, che ha autorizzato le organizzazioni palestinesi a fare delle operazioni militari contro Israele partendo dal sud del Libano”. Questo è, in qualche modo, il peccato originale.

Da quel momento in poi, “è proseguita la catena di allineamento dello Stato e dei gruppi libanesi, con conflitti ideologici, politici, militari e confessionali in Medio oriente. Israele ha occupato il Libano (1978-2000), le organizzazioni palestinesi hanno dominato il resto del territorio fino al centro di Beirut (1969-1982), poi l’esercito siriano è entrato nel suo territorio (1976-2005), mentre si registrava al contempo la nascita di Hezbollah con il suo progetto basato sulla Repubblica islamica dell’Iran, nelle sue dimensioni religiosa, militare e culturale (1981-…)”. Così facendo, il patriarca maronita accusa il partito filo-iraniano e le politiche che da esso ne conseguono di essere un fattore di disgregazione del Libano, che va corretto con un ritorno alla “neutralità attiva”.

“Tutti questi avvenimenti si sono succeduti a causa dell’allontanamento del Paese nei confronti della politica di neutralità, peraltro riconosciuta anche senza un suo inserimento nella Costituzione” prosegue il memorandum. In questo modo lo Stato ha perduto la propria autorità interna, il Paese la sua sovranità territoriale, la nazione il suo ruolo politico, la formula di governo il proprio equilibrio e la società la propria specificità a livello di civilizzazione. Questo disequilibrio ha inoltre prodotto dei conflitti interni secondari, ma altrettanto violenti come i conflitti principali. Ed ecco che il Libano, in questo modo, oggi si trova a oscillare fra unità e divisione”.

“L’esperienza di cento anni (1920-2020) di vita dello Stato del Grande Libano ha dimostrato che è difficile essere ‘il Paese-messaggio’ senza adottare il regime di neutralità. L’allineamento con i conflitti del Medio oriente e dei suoi popoli ha influenzato la formula della partnership tra cristiani e musulmani, nei suoi aspetti spirituali, nazionali e umani. Il Libano è così entrato in uno stato di disintegrazione e i vari tentativi di soluzione e compromesso sono falliti. Ecco perché nulla salverebbe la sua unità, indipendenza e stabilità se non la neutralità, sapendo che la molteplicità e la profondità delle differenze minacciano non solo lo Stato ma l’essenza stessa del Paese.

“La dichiarazione di neutralità del Libano è un atto fondante, come la dichiarazione dello Stato del ‘Grande Libano’ nel 1920 e la dichiarazione di indipendenza nel 1943. Il primo atto ha impedito la fusione dei libanesi nell’unità arabo-islamica e ha garantito loro il regime democratico parlamentare e la convivenza. Il secondo atto ha concesso la sovranità allo Stato nascente e ha consolidato il suo posto nella cerchia delle nazioni. Il terzo atto, per il quale ci stiamo adoperando, impedisce la divisione del Libano, lo protegge dalle guerre e conserva la sua specificità. La neutralità è dunque ‘il patto di stabilità’, dopo i due patti di esistenza e sovranità”. 

Ma cosa chiede esattamente il Libano all’Onu?

Oltre al racconto storico che diventa argomento a favore della neutralità, il documento afferma che “per sopravvivere è necessario che le Nazioni Unite, assieme ai Paesi interessati, trovino una soluzione per mezzo milione di profughi palestinesi e gli oltre un milione e mezzo di sfollati siriani presenti sul proprio territorio”. E, in generale, che vengano applicate le risoluzioni del Consiglio di sicurezza che lo riguardano. In tal modo dissipa la confusione attorno a una richiesta di “riconoscimento internazionale della neutralità del Libano”, a cui si prestava l’interpretazione dell’omelia citata all’inizio dell’articolo. Quello che cerca il patriarca è una maggiore comprensione di quello che rende la storica vocazione del Libano “un messaggio di libertà e un esempio di pluralismi per l’Oriente, come per l’Occidente” come ha affermato con parole indimenticabili papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera apostolica a tutti i vescovi della Chiesa cattolica sulla situazione del Libano (1989). “Se questo Paese - avvertiva il papa - venisse a mancare, la causa stessa della libertà subirebbe uno scacco drammatico (…) La scomparsa del Libano diverrebbe senza alcun dubbio uno dei più grandi rimorsi del mondo. La sua salvaguardia è uno dei compiti più urgenti e più nobili che il mondo contemporaneo deve assumersi”. Non potrebbe esserci supplica più grande.

A sostegno della popolazione di Beirut e del Libano, in appoggio alla Caritas Libano, AsiaNews ha deciso di lanciare la campagna "In aiuto a Beirut devastata". Coloro che vogliono contribuire possono inviare donazioni a:

- Fondazione PIME - IBAN: IT78C0306909606100000169898 - Codice identificativo istituto (BIC): BCITITMM -

Causale: “AN04 – IN AIUTO A BEIRUT DEVASTATA”

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