20/12/2017, 08.37
ISRAELE-PALESTINA
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Per i palestinesi cristiani, un Natale con ‘l’amaro in bocca’

Preoccupazioni per le tensioni e che i pellegrini decidano di cancellare i loro viaggi: "Speriamo, anzi chiediamo a tutti di venire, non di annullare i loro viaggi". Due giorni fa, l’incontro fra i leader delle Chiese e il presidente Abbas. Gerusalemme per i palestinesi cristiani deve essere “una città del mondo, una città universale, una città della pace”.

Gerusalemme (AsiaNews) – Un Natale con “l’amaro in bocca”. Descrive così Sobhy Makhoul, diacono del Patriarcato maronita di Gerusalemme, l’attesa delle festività natalizie della comunità cristiana palestinese, preoccupata dalle tensioni e dalla possibilità che molti pellegrini rinuncino al loro viaggio per paura delle tensioni. La “malaugurata” decisione del presidente americano Donald Trump “ha messo in subbuglio tutto il Paese”, e si è rivelata non solo “fuori luogo” ma anche “fuori tempo”.   

“In molti ambienti i festeggiamenti sono stati abbandonati, ci sono azioni di protesta. Anche  oggi sarà una giornata molto dura: è indetto uno sciopero generale. Per colpa di una simile decisione, annunciata prima di Natale, molti festeggiano con l’amaro in bocca”, racconta Makhoul.

“Da noi, 10 giorni o due settimane prima di Natale vengono accesi in piazza gli alberi di Natale. Alcuni hanno deciso di cancellare le cerimonie, altri no. Le parrocchie si preparano al Natale come sempre, seguendo i riti orientali, ma i festeggiamenti, come i mercati di Natale, sono sottotono a causa delle tensioni”.

Il 6 dicembre dopo l'annuncio di Trump, le luci dell'albero di Betlemme - accese pochi giorni prima - sono state spente (vedi foto n.1).

Due giorni fa, il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas ha incontrato i leader cristiani per gli auguri di Natale (vedi foto n.2). Nell’occasione, egli  ha ribadito che i palestinesi continueranno a lottare con mezzi di pace. “L’Amministratore apostolico [mons. Pierbattista Pizzaballa] ha detto che non dobbiamo cancellare le nostre feste, al contrario, dobbiamo festeggiare per dimostrare che siamo presenti, per dimostrare e manifestare la nostra appartenenza a questa terra, a questo Paese”.

“La gente è un po’ preoccupata per come evolverà la situazione”, continua Makhoul. “Aspettiamo migliaia e migliaia di pellegrini tra Natale e l’Epifania, quando c’è sempre un gran movimento di pellegrinaggi. Speriamo  che non si facciano influenzare dalle notizie che danno le agenzie di informazione nel mondo.  Speriamo, anzi, chiediamo a tutti di venire, non di annullare i loro viaggi, manifestando così la loro solidarietà a tutti gli arabi qui e specialmente alla Chiesa locale e a Gerusalemme”.

I palestinesi cristiani seguono la linea della Chiesa e chiedono una “Gerusalemme aperta a tutti quanti”, internazionale, tolta dalle “delle mani di qualsiasi appartenenza politica che potrebbe essere contro una parte dell’una o dell’altra. Né Israele, né Palestina, né arabi, né musulmani, né cristiani, che sia veramente una città del mondo, una città universale, una città della pace”. 

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