18/07/2005, 00.00
THAILANDIA
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Scontri fra guerriglia islamica ed esercito thai

Poteri eccezionali al primo ministro: "Dobbiamo restringere i diritti e le libertà dei cittadini, per poter vivere in pace". Critiche al provvedimento ritenuto "dittatoriale".

Bangkok (AsiaNews/Agenzie) – Due bombe sono esplose oggi nella città di Narathiwat: una di fronte agli uffici sanitari ha ferito un poliziotto e un soldato; un'altra nel distretto di Rangae. Nello stesso distretto, sempre oggi, un cecchino ha sparato a 2 persone. Questi sono solo alcuni degli episodi di violenza che insanguinano il sud della Thailandia a causa del perdurare di un conflitto fra esercito e guerriglia islamica.

Venerdì 15 luglio - dopo un raid di decine di ribelli nel distretto di Yala, con 4 morti e almeno 20 feriti - il governo ha conferito poteri eccezionali al primo ministro Thaksin Shinawatra per le province meridionali - Narathiwat, Yala e Pattani, oltre a 4 distretti nella vicina Songkhla - a maggioranza islamica. In precedenza Thaksin aveva cercato una soluzione negoziale e aveva costituito una Commissione per la riconciliazione nazionale. Ma i pochi risultati sembrano aver spinto alla scelta dei poteri di emergenza. Ora il premier ha facoltà di arrestare fino a 7 giorni i sospetti senza un'accusa formale, fare intercettazioni telefoniche, imporre il coprifuoco e la censura. Proprio oggi si riunisce un Consiglio dei ministri per precisare i poteri e le iniziative del premier.

"Dobbiamo agire con decisione - ha detto Thaksin - altrimenti le agitazioni potrebbero propagarsi in altre province". "Quando la società non è sicura – ha aggiunto – dobbiamo restringere i diritti e le libertà della maggioranza dei cittadini per permettere a tutti di vivere in pace".

La stampa nazionale sottolinea l'inutilità del provvedimento d'emergenza - nella zona vige già da mesi la legge marziale - e parla di poteri "dittatoriali" e "incostituzionali". L'entrata in vigore di leggi speciali potrebbe suscitare proteste anche tra la popolazione musulmana moderata, ancora in attesa dei miglioramenti promessi da Thaksin all'inizio del suo mandato nel 2000. Nella Thailandia meridionale permangono povertà, disoccupazione e discriminazioni, rispetto al nord buddista che ha conosciuto una maggiore prosperità. Abdulrahman Abdulsamad, leader del Comitato islamico a Narathiwat, teme che arresti ingiustificati possano innescare incidenti come lo scorso ottobre a Tak Bai, dove morirono oltre 80 persone.

Secondo alcuni analisti gli attentati sono opera di rivoltosi islamici, che agiscono insieme a gruppi criminali e contrabbandieri. I ribelli vogliono la secessione dal resto del Paese - gli islamici sono circa il 4% della popolazione a maggioranza buddista - e l'annessione con la confinante Malaysia, di cui la regione era parte fino a un secolo fa. Di recente i ribelli hanno mostrato di possedere armi più sofisticate – tra cui bombe attivate a distanza – e hanno svolto attentati anche in altre province.

Il bilancio degli ultimi 18 mesi di violenze nel sud è di 810 morti, tra cui diversi monaci buddisti. Dallo scorso ottobre oltre 10 mila buddisti sono stati addestrati e armati dalle pubbliche autorità, per difesa personale, in un clima da guerra civile. (PB)

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