27/10/2020, 13.04
TURCHIA - FRANCIA - ISLAM
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Scontro Erdogan-Macron: il pretesto dell’islam e l’opportunismo politico

L’Eliseo esalta la figura del professore decapitato da un estremista e difende la libertà di espressione. Per il “sultano” le vignette su Maometto sono offensive, Macron ha disturbi mentali e lancia il boicottaggio dei prodotti francesi. Una battaglia raccolta da gran parte del mondo musulmano in uno scontro ideologico fra “noi e loro”.

Istanbul (AsiaNews) - L’appello al boicottaggio dei prodotti francesi in Turchia lanciato ieri dal presidente Recep Tayyip Erdogan ha aperto un nuovo, sempre più vasto fronte di scontro fra Ankara e Parigi, che rischia di sfociare in una guerra (in primis commerciale) fra due mondi contrapposti. A scatenare la tensione l’assassinio del professore francese Samuel Paty per mano di un radicale islamico di origini cecene il 16 ottobre, in risposta alla decisione del docente di mostrare in classe le controverse vignette su Maometto di Charlie Hebdo. A difesa di Parigi si è schierata in blocco l’Europa, mentre il mondo musulmano - con poche sfumature al suo interno - condanna il gesto blasfemo e rivendica la difesa dei principi e dei valori della fede musulmana nel contesto di una contrapposizione ideologica sempre più marcata. 

Ieri ad Ankara il “sultano” Erdogan, che ha fatto di nazionalismo e islam le armi per il consenso, si è rivolto alla nazione chiedendo di “non comprare le marche francesi”, nel contesto di un discorso al vetriolo contro Macron e mettendone in dubbio la “sanità mentale”. Il leader dell’Eliseo sarebbe alla testa si una “campagna di odio” contro i musulmani, che vengono trattati in Europa “come gli ebrei al tempo della Seconda guerra mondiale”. 

Francia e Turchia sono da tempo ai ferri corti su vari dossier internazionali, dalla Siria alla Libia, al Mediterraneo orientale. L’ultima crisi, nata attorno alle controverse vignette, ha spinto Macron a richiamare l’ambasciatore ad Ankara per consultazioni. Rendendo omaggio al docente ucciso, il capo di Stato francese ha quindi aggiunto che il Paese continuerà a difendere questo genere di caricature, come espressione della libertà di pensiero, di parola, di satira contro l’oscurantismo. 

Nel mondo musulmano la controversia è vista come una questione di rispetto dell’islam di fronte ad atti blasfemi che colpiscono il cuore della fede. Nei giorni scorsi almeno 200 persone hanno manifestato davanti alla residenza dell’ambasciatore francese in Israele, mentre nella Striscia di Gaza alcuni dimostranti hanno bruciato le immagini del presidente Macron. In Libano l’appello alla protesta non ha avuto grandi adesioni e i toni della condanna restano sfumati, come recita una nota del movimento sciita Hezbollah che parla di “insulto deliberato”. 

A nord del Sahara, dalla Tunisia al Marocco passando per l’Algeria si sono svolte piccole proteste ed è stato rilanciato in rete l’appello al boicottaggio di prodotti transalpini. Il ministro marocchino degli Esteri parla di “vignette offensive” frutti di “atti di immaturità”, perché la libertà di espressione si deve fermare quando “inizia la libertà e il credo degli altri”. In Siria si registra un appello simbolico al boicottaggio a Bab al-Hawa, punto di passaggio di merci e prodotti nel nord-ovest e manifestazioni si sono svolte in zone controllate dai ribelli e dai gruppi estremisti vicini ad Ankara. In Giordania il governo sottolinea che “offendere” il credo altrui non è segno di libertà, mentre in Kuwait il ministro degli Esteri ha incontrato per chiarimenti la rappresentante diplomatica di Parigi, mentre dai bancali sono spariti i prodotti classici della tradizione francese, dal formaggio ai cosmetici.

Dall’Iraq arriva la nota di Rabat Allah, neonata fazione armata vicina a Teheran, che annuncia “rappresaglie” senza specificare. Il Primo Ministro del Pakistan Imran Khan ha accusato Macron di “attaccare” l’Islam. In Qatar le catene di distribuzione al-Meera e Souq al-Baladi hanno ritirato i prodotti francesi dagli scaffali, dall’Egitto arriva la voce del grande imam di al-Azhar Ahmad el-Tayeb che denuncia una “campagna sistematica per invischiare l’islam in battaglie politiche”. Appelli al boicottaggio vengono rilanciati anche nello Yemen, critiche e attacchi giungono infine anche dai vertici dall’Iran, sebbene la Repubblica islamica sia opposta alla Turchia in molte delle questioni internazionali. La difesa della religione musulmana, sia esso vero slancio o solo un pretesto, va oltre le divisioni in questo frangente. 

Analisti ed esperti sottolineano che la controversia appena sorta sembra più una battaglia ideologica e opportunistica, perché in molti casi in cui vi sono vere persecuzioni e attacchi contro i musulmani (Uiguri in Cina, Rohingya in Myanmar) i Paesi islamici sono i primi a tacere. In questo caso ad emergere sembra più la polarizzazione delle posizioni contrapposte nel dibattito pubblico fra cosiddetti puristi dell’ islam e difensori della libertà, che non lascia alcun spazio al confronto. Un mondo binario che ruota attorno al “noi” e al “loro”, senza incontrarsi mai. 

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