14/12/2006, 00.00
IRAN
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Si stringe la morsa del controllo sociale

di Dariush Mirzai
Mettendo suoi uomini ai vertici dell’amministrazione pubblica e del settore economico pubblico, il presidente impone stili di vita e restrizione delle libertà.

Teheran (AsiaNews) – La clamorosa protesta degli studenti dell’università Amir Kabir di Teheran  contro il presidente Ahmadinejad ha confermato i timori di cambiamenti drammatici nel campo dei diritti umani che, all’indomani dell’elezione di Ahmandinejad, nell’estate del 2005, erano stati espressi da molti osservatori stranieri. Così era anche se, a prima vista, non c’era niente di nuovo: nel nord di Teheran, le ragazze continuavano a camminare “imperfettamente velate”, nessuna legge nuova è stata introdotta da un Parlamento assai ostile al nuovo presidente, e le moltissime restrizioni che Khatami non ha potuto o non ha voluto sopprimere, continuavano ad esistere: censura dei media, controllo sociale, ecc.

Le prime misure prese da Ahmadinejad, - presidente che però non è il vero capo dello Stato (lo è l’ayatollah Khamenei, la Guida suprema) – sono consistite nel mettere suoi uomini, provenienti dalle milizie rivoluzionarie Pasdaran o Bassij, in vari posti dell’amministrazione pubblica e del settore economico controllato dal regime (in pratica, il 70 % dell’economia iraniana). Questi cambiamenti, apparentemente secondari, hanno però permesso di applicare, quasi un anno dopo l’elezione, un programma di controllo sociale rafforzato: sotto mira, le donne (vestiti, libertà personali, ecc.) e anche gli intellettuali, i sindacalisti, le minoranze. Quest’autunno, sembra che il programma “Ahmadinejad” sia entrato in una nuova fase. Un funzionario della municipalità di Teheran accusa: “Non avevano toccato la nostra gerarchia l’anno scorso, ma la settimana scorsa è arrivato un nuovo direttore generale, una sorpresa totale. E’ un Pasdaran. Ha istallato nell’ufficio un tappeto di preghiera e sullo scrittoio, il computer ha lasciato posto ad un gran pulpito per la lettura del Corano. Ci ha riuniti tutti ed ha spiegato che prima di tutto, dobbiamo pregare e rispettare i divieti religiosi, così tutto andrà meglio a Teheran. E poi, ha detto che dovremmo metter fine a tutte le cooperazioni con Paesi e municipi esteri, perché non serve a nulla. Basta pregare”. Un’impiegata del Ministero dell’Interno riferisce che lei e le colleghe hanno ricevuto istruzioni nuove: non è più lecito portare una borsa a mano, a meno che non sia di color nero. “La pressione è quasi permanente”, aggiunge un’altra, “noi che lavoriamo per le autorità pubbliche siamo sottoposte ad ancora maggiori restrizioni”. In altri casi, come nelle Università, il metodo utilizzato consiste nel cambiare i rettori (fatto nel 2005) e poi, come sta accadendo adesso, nel mandare in pensione decine di docenti troppo “liberali”.

Il sistema iraniano funziona in gran parte sulla delazione e la responsabilità indiretta. Il tassista che accetta in macchina una donna “imperfettamente velata” rischia una multa o pene ancora più severe – deve perciò sempre aver un occhio nel retrovisore, sorvegliando non il traffico caotico, ma i passeggeri. Alcuni commercianti hanno trovato un sistema per stare in pace e manifestare lealtà al regime: autoadesivi all’ingresso del negozio indicano che solo le donne “ben velate” sono accettate.

La dittatura non è totale – ci sono molti spazi di “libertà” o, per meglio dire, zone grigie e tolleranze de facto. Per il regime, si tratta di una specie di valvola di sicurezza. Ed è anche molto utile lasciare qualche libertà in cambio di informazioni e magari un po’ di denaro. Significativo è il controllo collegato ai viaggi all’estero. Il cittadino che vuole uscire dall’Iran deve chiedere un “exit visa”, dopo aver ottenuto il visto per il Paese da visitare. Questo bollo sul passaporto costa più o meno secondo le destinazioni – tassa massima per Dubai, dove molti iraniani possessori di passaporti canadesi o statunitensi “cambiano cittadinanza” e continuano il viaggio verso destinazioni meno “islamiche”. L’”exit visa”, però, è anche un modo per costringere le persone ad andare a votare. La carta d’identità iraniana, infatti, è un libretto che viene utilizzata anche per votare: la partecipazione alle elezioni è indicata sul documento con un timbro. L’astensione sistematica non è proibita – ma sarà allora forse più difficile ottenere da un ente ufficiale un documento, un’autorizzazione… ad esempio, l’exit visa… . Il sistema esisteva già prima di Ahmadinejad, ma le zone grigie sono divenute più piccole: il controllo sociale cresce, sopratutto grazie all’autocensura e alla disciplina collettiva.  

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