06/09/2007, 00.00
INDIA - TIBET
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Tibetani in esilio: la nuova legge sulla reincarnazione, assurda e crudele

di Nirmala Carvalho
Secondo il governo tibetano esiliato in India, il tentativo di Pechino di controllare le reincarnazioni mira a colpire il Dalai Lama ed a “reprimere in maniera brutale i tibetani, innocenti sotto il dominio tirannico della Cina”.
Dharamsala (AsiaNews) – I nuovi regolamenti del governo cinese sul riconoscimento delle reincarnazioni dei lama tibetani “sono assurdi e crudeli”, progettati “esclusivamente per colpire il Dalai Lama” ed “in chiaro contrasto con la stessa legge cinese, che preserva le condizioni di vita e gli usi tradizionali delle regioni autonome”. E’ il commento degli esuli tibetani in India alla nuova legge (entrata in vigore lo scorso 1 settembre) che regola la reincarnazione, principio del buddismo tibetano.
 
Secondo Lodi Gyaltsen Gyari, stretto collaboratore del Dalai Lama, questi nuovi regolamenti “colpiscono l’identità religiosa tibetana dritto al cuore. Pechino deve capire che questa decisione creerà soltanto nuovo risentimento fra i tibetani, mettendo in luce le ingerenze del Partito comunista nella sfera religiosa”.
 
Gelek Namgyal, segretario del Centro ricerche politiche e parlamentari del Tibet, dice ad AsiaNews: “Questo è il tentativo cinese di risolvere la questione tibetana e metterla da parte una volta per tutte. Il Dalai Lama è il leader spirituale e politico del Tibet. Pechino pensa di poter controllare il Tibet, se controlla la reincarnazione del Dalai Lama: questo non accadrà mai, perché il leader del Tibet sarà scelto dalla comunità buddista internazionale e non, come dice la legge, soltanto da quella cinese”. Penpa Tsering, direttore del Centro, aggiunge: “E’ evidente il tentativo cinese di abusare della religione e delle tradizioni tibetane per raggiungere scopi ed interessi di natura politica”.
 
Durissima la reazione di Lobsang Nyima, kalon [ministro ndr] per la religione e la cultura del governo tibetano in esilio. In un lungo comunicato stampa, infatti, egli attacca l’interpretazione storico-religiosa della nuova legge alla luce del suo vero scopo, “reprimere in maniera brutale i tibetani, innocenti sotto il dominio tirannico della Cina”.
 
Dopo aver analizzato in 7 punti gli errori ed i “fraintendimenti” commessi dal legislatore cinese, il kalon conclude con un appello al popolo ed al governo della regione autonoma tibetana: “Come prevede la stessa legge cinese, sono illegali tutti quei regolamenti che vanno contro gli usi ed i costumi delle regioni autonome. Ribellatevi a questo sopruso, e per farlo usate le loro stesse leggi”.
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