24/05/2005, 00.00
COREA DEL SUD
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Un codice bioetico comune per dare un senso alla folle corsa della biotecnologia

di Theresa Kim Hwa-young
E' la proposta del professor Veatch, titolare della cattedra di Etica medica alla Georgetown University, presentata al 150° anniversario dell'Università Cattolica di Seoul.

Seoul (AsiaNews) – Il mondo moderno ha bisogno di un codice di bioetica "internazionale ed universale" perché "essere un esperto in campo medico non significa conoscere il significato di moralità medica". Lo ha detto Robert M. Veatch, professore di Etica medica all'Istituto Kennedy di Etica della Georgetown University, durante il suo intervento in occasione del 150° anniversario dell'Università Cattolica coreana, celebrato dal 18 al 20 maggio.

Nell'Aula Magna della facoltà di teologia sono intervenuti 14 esperti, coreani ed internazionali, invitati a parlare di temi diversi, fra cui "vita e teologia", "legge e filosofia" e "vita e medicina".

Il prof. Veatch ha presentato una relazione dal titolo "Regolazione della biotecnologia: il bisogno di parametri internazionali" in cui sviluppa la proposta di un 'codice' - approvato dalla comunità internazionale - con il quale si regoli la ricerca biomedica in tutto il mondo. Secondo lo studioso, infatti, "parametri bioetici comuni sono necessari alla luce del rapido sviluppo della biotecnologia". "Ora che abbiamo capito con quale velocità si trasmettono le informazioni in campo scientifico nel III millennio – continua il professore – è assolutamente necessario definire se l'etica della clonazione di un embrione umano sia una scelta culturale o una fondamentale questione morale che non può essere lasciata alle singole preferenze nazionali".

Le norme comuni non possono essere proposte e approvate da singoli governi o da gruppi medici: "Essere un esperto in scienze mediche – spiega Veatch - non rende una persona esperta sulla moralità medica. Anche i governi sono squalificati, perchè riflettono solo gli interessi culturali, sociali e religiosi dei propri popoli". Il primo esempio pratico è quello del Paese ospitante: "Il governo della Corea del Sud ha fatto in fretta a creare l'Atto di Bioetica per dare a queste ricerche delle linee morali e politiche, ma l'origine di un atto normativo del genere dovrebbe essere molto più ampia, internazionale ed universale".

Per superare i relativismi culturali e creare parametri comuni bisogna sfruttare l'ampio raggio di soggettività connesso all'etica: "Se l'etica è generale – spiega lo studioso - potrebbe ricevere il consenso internazionale" e specifica che "le norme sarebbero poi da applicare e caratterizzare con riguardo alle singole culture locali".

Il problema finale, "discernere fra quali siano le norme culturali da preservare e quali siano violazioni dello standard internazionale", viene risolto con l'adozione universale di 3 criteri.

Il primo è il consenso ad ogni singola operazione: il consenso è "necessario e fondamentale" e senza di questo "ogni operazione decade e diviene immorale". Il secondo criterio riguarda l'uccisione di altri esseri umani - che squalifica ogni fine - mentre l'ultimo è caratterizzato dalla prevenzione contro ogni "evidente svilimento della dignità umana, come la schiavitù".

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