09/02/2012, 00.00
CINA-TIBET
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Un monaco si dà fuoco in Tibet contro l’occupazione cinese. È il 21mo dal marzo 2009

L’episodio è avvenuto a Ngaba, nella provincia del Sichuan, teatro nelle passate settimane di proteste e scontri violenti, dove hanno perso la vita almeno sei persone e altre 60 sono rimaste ferite, alcune delle quali in modo grave. Si ignorano le generalità dell’uomo, immediatamente portato via da soldati e agenti.
Ngaba (AsiaNews/Agenzie) – Un monaco tibetano si è dato fuoco a Ngaba ieri sera per protestare contro l’occupazione cinese. E’ il 21mo caso del genere dal marzo 2009, da quando cioè Pechino ha dato il via a una nuova ondata di repressione sui monasteri. La maggior parte dei protagonisti di questi gesti disperati sono monaci o ex monaci. L’ultimo episodio di questa catena è accaduto a Ngaba (cinese Aba) nella provincia del Sichuan alle 18.30 ora locale davanti a una scuola. Un uomo, gridando slogan, si è dato fuoco. Secondo fonti tibetane in India “l’autore della protesta sembrava un monaco, ma non conosciamo né il nome, né il suo luogo di origine e i dettagli relativi”.

Secondo testimonianze locali “l’uomo è stato immediatamente portato via dai soldati e dalla polizia”, e altri due monaci che si trovavano nelle vicinanze sono stati arrestati. La sicurezza a Ngaba è stata rinforzata molto negli ultimi tempi. Il gesto di auto-immolazione è avvenuto verso sera, quando la sorveglianza delle forze di sicurezza cinesi ha cominciato ad allentarsi. Oggi in particolare, giornata in cui i tibetani in esilio danno vita in tutto il mondo a manifestazioni di solidarietà con i compatrioti, la sorveglianza è particolarmente severa.

Sei giorni fa altri tre tibetani si erano dati fuoco a Serthar (Seda in cinese), sempre nella provincia del Sichuan per protestare contro la durissima repressione da parte dei cinesi di manifestazioni di protesta della popolazione. Almeno sei persone sono rimaste uccise, e 60 ferite, alcune delle quali in modo grave. Secondo i media cinesi i morti sarebbero solo due. Altre proteste sono avvenute nelle province di Draggo (Luhuo in cinese) e Dzamthang (in cinese Rangtang).
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