11/11/2008, 00.00
VATICANO
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Una conferenza in Vaticano su come stare vicino al bambino malato

Sono oltre quattro milioni i piccoli morti di Aids e sei milioni quelli rimasti invalidi a causa delle guerre. Il card. Barragan ribadisce il “no” della Chiesa alla ricerca sulle staminali embrionali che “finora non servono a niente e non hanno guarito nessuno”
Città del Vaticano (AsiaNews) - Non è facile stare di fronte a una persona malata e quando il malato è un bambino, il problema si aggrava. D’altro canto, quello del bambino malato è un problema incombente: nello scorso decennio oltre due milioni di bambini sono stati uccisi nel corso di conflitti armati, sei milioni sono rimasti invalidi, decine di migliaia sono stati mutilati dalle mine antiuomo, mentre, di recente, sono stati reclutati 300mila bambini soldato. Oltre 4 milioni e 300 mila bambini sono morti di AIDS; ogni giorno, solo in Africa, settemila sono colpiti dal virus, e si contano già in oltre 14 milioni gli orfani a causa di questa malattia.
 
Sono dati che, nella loro enormità, danno la dimensione di un problema che interroga anche la Chiesa, che alla "Pastorale nella cura dei Bambini malati" dedicherà la XXIII conferenza internazionale promossa dal Pontificio consiglio per gli operatori sanitari (per la Pastorale della salute), che si terrà dal 13 al 15 novembre in Vaticano, e che è stata presentata oggi. L’incontro ha dato adito al cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio consiglio, di ribadire l’opposizione del Vaticano alla ricerca sulle staminali embrionali: “fino ad adesso le cellule staminali embrionali non servono a nulla e finora non c'è mai stata una guarigione. Quelle che invece hanno una valenza positiva sono quelle del cordone ombelicale e le cellule staminali adulte".
 
Il cardinale Barragán, nel fornire i “numeri” della situazione ha sottolineato come “la povertà resta la causa principale delle malattie dell’infanzia. Un miliardo e duecento milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno. Perfino nei Paesi più ricchi, un bambino su sei vive sotto il livello di povertà. Il problema della droga, poi, si è esteso in proporzioni allarmanti anche agli stessi centri scolastici infantili. Il 30% dei bambini con meno di cinque anni soffrono la fame o sono mal nutriti”. “Duecentocinquanta milioni di bambini al di sotto dei 15 anni lavorano, tra questi circa 60 milioni in condizioni di pericolo. Secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro, 120 milioni di bambini e bambine, tra i 5 e i 14 anni, lavorano a tempo pieno, molti per 6 giorni alla settimana e alcuni perfino 7, spesso obbligati a farlo rinchiusi in locali privi di aerazione, male illuminati e con guardie armate per evitare che fuggano”.
 
Per giunta, “oggi molti bambini e adolescenti sono abbandonati a se stessi e ai loro istinti. L’ambiente in cui vivono è dominato da Internet e dalla televisione”, e “molte famiglie hanno rinunciato al loro dovere educativo. Il padre e la madre lavorano e non hanno mai tempo per i figli”.
In queste circostanze, la domanda è stimolante: come dovrà essere la Pastorale nella cura dei bambini malati? E’ la risposta che la conferenza cercherà di dare”. Essa dapprima si interrogherà sulla realtà e sull’origine delle malattie infantili, poi si chiederà cosa dicono la Sacra Scrittura e i Padri della Chiesa sulla cura dei bambini e quale è stata la testimonianza dei Santi che hanno consacrato la loro vita alla cura dell’infanzia ammalata. La terza parte sarà dedicata all’"Azione". “Di che tipo di catechesi e formazione nella fede abbiamo bisogno per far fronte a questa grave problematica? Come procedere a livello sacramentale con questi bambini? Come adoperare le scienze psicologiche in questa cura?”.
 
“Credo. – ha spiegato da parte sua mons. José L. Redrado, O.H., segretario del Pontificio consiglio - che il servizio pastorale debba svolgere un ruolo importante nel binomio bambino-genitori e soprattutto bambino-madre, per captare esperienze, necessità, problemi; per captare la vita e esservi presente. Per questo le attenzioni pastorali si orienteranno maggiormente verso una relazione di aiuto in cui nasca la fiducia e a partire dalla quale si potranno ricostruire tanti problemi vitali che affiorano nei momenti di dolore. La Pastorale migliore sarà, quindi, una presenza continua, discreta, non invadente, una presenza organizzata e coordinata, che accentui i punti forti di necessità delle persone nell’ospedale: al centro il bambino ammalato e attorno a lui i suoi genitori e il personale sanitario”.
 
“Più degli adulti il bambino ha la sensibilità e l’intuizione di riconoscere se il ‘pastore’ che si presenta a lui è vero ed autentico”, ha sottolineato padre Felice Ruffini, M.I., sotto-segretario del Pontificio consiglio “E – ha aggiunto - se vogliamo dirla con un detto popolare, ‘se è un vero prete’, se ci crede veramente a quello che dice e soprattutto se è coerente nella sua vita. Non è una ‘Missione’ facile portare luce sul cammino tribolato e oscuro di una giovanissima vita, prigioniera di sofferenza corporale pesante, o precocemente candidata a terminarne la corsa”. “Il sacerdote addetto alla Cappellania ospedaliera pediatrica – ha concluso - deve vivere profondamente dello Spirito di Gesù, e avrà da Lui al momento opportuno l’ispirazione di come partecipare al piccolo malato l’esperienza di San Paolo, che scrive di se stesso ‘Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me…. (egli) mi ha amato e ha dato se stesso per me’ (Gal 2, 20)”.
 
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