04/05/2012, 00.00
MYANMAR
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Vescovo di Myitkyina: un “mediatore” per la pace fra esercito birmano e Kachin

Mons. Francis auspica l’intervento di Aung San Suu Kyi o di una personalità di primo piano della comunità internazionale. Egli conferma l’ipotesi di una “importante offensiva” dei militari e denuncia le sofferenze dei civili, le vere vittime del conflitto. Le iniziative della Chiesa birmana per gli sfollati: cibo, alloggio e istruzione per i bambini.

Myitkyina (AsiaNews) - La Chiesa birmana cerca un "mediatore" in grado di raggiungere un "accordo di pace duraturo" fra l'esercito birmano e le milizie ribelli nello Stato settentrionale Kachin, al confine con la Cina, teatro da mesi di una guerra civile fra i due fronti. La Nobel per la pace Aung San Suu Kyi o una personalità di primo piano della comunità internazionale sarebbero "le figure ideali", secondo quanto riferisce ad AsiaNews mons. Francis, vescovo di Myitkyina. Il prelato conferma l'escalation di tensione e non esclude l'ipotesi di una "importante offensiva" dei militari, che finirebbe per colpire ancor più la popolazione civile, già martoriata da mesi di violenze. Intanto sacerdoti, suore e volontari cattolici si adoperano per portate soccorso ai profughi - oltre 60mila secondo stime Onu, mentre migliaia hanno varcato il confine direzione Cina - fornendo loro riparo, cibo e generi di conforto.

Ieri un alto ufficiale del Kachin Indipendence Army (Kia) ha lanciato l'allarme: l'esercito birmano starebbe preparando una "imponente offensiva" contro una roccaforte delle milizie etniche ribelli. Obiettivo dei militari la città di Laiza, nel nord del Myanmar, dove si sono concentrate circa 2mila truppe e armi pesanti in attesa dell'ordine di attacco. Le forze ribelli sarebbero circa 3mila, ma la loro forza è inferiore rispetto al potenziale di fuoco a disposizione del Tatmadaw (l'esercito birmano, ndr).

Di recente il governo centrale ha raggiunto accordi di pace con diversi gruppi etnici, nel quadro di un cammino di democratizzazione che dovrebbe interessare le diverse componenti che formano l'Unione del Myanmar. Tuttavia, nel giugno scorso la ripresa dei combattimenti ha spazzato via un fragile cessate il fuoco che durava da 17 anni; a nulla sono serviti, finora, gli ordini del presidente Thein Sein all'esercito di fermare l'offensiva e sei round di colloqui fra governo e leader Kachin.

Interpellato da AsiaNews mons. Francis, vescovo di Myitkyina, auspica l'intervento della comunità internazionale, perché possa "affrontare le due parti e mediare una soluzione". La situazione rischia di precipitare perché "l'esercito invia sempre più truppe", mentre le milizie etniche "cercano di rispondere" con i mezzi a disposizione. "Queste nuove violenze - spiega il prelato- portano ulteriori sofferenze alla popolazione". Al riguardo, egli propone nuovi dialoghi in cui "si faccia parlare la gente" e che vi sia una personalità di primo piano per favorire la pace: "Ci aspettiamo che Aung San Suu Kyi o altri, anche di livello internazionale - aggiunge - siano in grado di assumere questo compito. Il mondo esterno deve vedere con i propri occhi le sofferenze della popolazione".

Intanto la Chiesa cattolica birmana ha avviato una serie di iniziative per rispondere ai problemi degli sfollati. Nella sola Myitkyina sono aperti  tre centri di accoglienza, che "offrono rifugio, cibo, beni di prima necessità" e, sottolinea mons. Francis ad AsiaNews, "anche asili e scuole elementari, perché i bambini possano continuare il cammino educativo. Facciamo quello che possiamo per rispondere alle necessità". Il vescovo non esclude l'ipotesi di una pesante offensiva dell'esercito, ma prega perché possano prevalere pace e dialogo. Egli denuncia anche l'uso di armi pesanti, granate e chimiche, che "fanno sanguinare o vomitare" le vittime. Invece di garantire la sicurezza, soprattutto nei villaggi più remoti, i soldati compiono crimini e violenze. "Basta violazioni - conclude mons. Francis - perché è la popolazione civile la vera vittima di questa situazione di tensione fra le parti". (DS)

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