06/09/2011, 00.00
CINA
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Yao Lifa, democratico cinese: rapito dalla polizia, torna a casa e “scompare"

Yao Lifa è stato detenuto in modo illegale per 10 settimane, percosso, privato di cibo e sottoposto a torture. Tornato a casa per la cattiva salute, dopo un giorno “scompare” di nuovo. Le decine di dissidenti rapiti dalla polizia e internati ai lavori forzati o in ospedali psichiatrici.
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – E’ scomparso di nuovo Yao Lifa, attivista per i diritti umani, appena rilasciato dalla polizia dopo oltre 10 settimane di arresto illegale. Il cinese Centro per i Diritti Umani e la Democrazia (Chrd) denuncia almeno 52 casi documentati di dissidenti “rapiti” dalla polizia e trattenuti in modo illegale negli ultimi mesi.

Yao, 53 anni, era appena tornato a casa a Qianjiang (Hubei) il 4 settembre. Il 20 giugno scorso la polizia lo aveva portato via e trattenuto dapprima in un appartamento e poi in albergo, senza accuse e senza poter vedere né un avvocato né i familiari. Ieri egli è andato al suo lavoro di insegnante di scuola elementare. Ma la moglie Feng Ling racconta che ha chiamato per dire che non tornava a pranzo. Da allora non ha avuto notizie e teme che sia stato di nuovo arrestato per impedirgli di presentarsi come candidato indipendente per le prossime elezioni distrettuali, come aveva annunciato su un popolare sito internet. Infatti l’attivista nel 1999 è stato eletto come candidato indipendente nelle elezioni parlamentari in Qianjiang.

Feng dice che il marito dopo la detenzione soffre di stomaco e il 3 settembre è stato scarcerato proprio per essere ricoverato in ospedale per un’infiammazione alla cistifellea. Dopo 2 giorni è potuto tornare a casa. Egli mostra segni di percosse sul corpo e in 2 mesi ha perso 10 chilogrammi, perché il cibo era scarso. Era sotto continua sorveglianza e non poteva leggere libri o guardare la televisione. L’agenzia Radio Free Asia riferisce che era sottoposto a privazioni e torture psicologiche, come non poter lavare i suoi vestiti o indossare abiti puliti.

Fonti di stampa dicono che da ieri pomeriggio il telefono di Feng è muto.

Da mesi la Cina “rapisce” decine di dissidenti e attivisti per i diritti umani per trattenerli in luoghi sconosciuti, senza poter vedere nessuno e senza accuse formali. Questa prassi è illegale per la stessa legge penale cinese, che riconosce precisi diritti ai detenuti. Ora è allo studio del Parlamento una legge che consente alla polizia di “sequestrare” e detenere per mesi i “sospettati” per fatti che riguardano la sicurezza nazionale, il terrorismo o la corruzione.

Il Chrd ha documentato decine di casi di recenti arresti illegali. Alcuni, come Ding Mao di Mianyang (Sichuan) e Gao Chunlian di Xianning (Hubei) sono detenuti da febbraio, ma solo dopo mesi hanno avuto accuse formali e sono stati avvisati i familiari. Per altri, come Xue Mingkai, 21 anni, ancora manca un ordine formale di arresto, dopo mesi di detenzione, seppure i genitori hanno saputo dove è detenuto. Ma per Wei Shuishan, attivista dello Zhejiang scomparso il 5 marzo, ancora manca qualsiasi notizia. Come pure manca per Lan Ruoyu di Chongqing, scomparso dal 27 febbraio quando la polizia sequestrò il suo computer; per Tan Yanhua di Guangzhou scomparso dal 25 febbraio; per Zhang Haibo di Shanghai, portato via dalla polizia il 20 febbraio.

Parecchi, come Cheng Li di Pechino, Hua Chunhui di Wuxi (Jiangsu), Yang Qiuyu di Pechino, dopo mesi di carcere sono stati condannati a uno o più anni di rieducazione-tramite-lavoro, veri lavori forzati irrogati con processi “amministrativi” dove non è prevista l’assistenza di un avvocato. Hu Di, scrittore di Pechino, scomparso il 13 marzo, è stato internato in un ospedale psichiatrico.
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