19/12/2008, 00.00
GIAPPONE
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Yokosuka, la sete di Dio nel Giappone delle contraddizioni

L’esperienza di p. Giorgio Ferrara, Pime, per 17 anni in una parrocchia della diocesi di Yokohama, nella baia di Tokyo. La beatificazione dei martiri, occasione di evangelizzazione in un Paese super- tecnologico, che cerca il senso della vita.
Roma (AsiaNews) – “Qui il Natale ormai è festeggiato da tutti. È normale scambiarsi i regali; i grandi magazzini hanno il loro albero addobbato e trasmettono di continuo canti natalizi; le strade sono piene di luci; c’è addirittura la torta di Natale! Ma la maggior parte della gente non sa perché si festeggia”. Padre Giorgio Ferrara, 48 anni, missionario del Pime, parla così del Giappone, dove è arrivato nel 1991 “per far conoscere chi è il festeggiato a Natale”. Il suo impegno si è svolto soprattutto nella parrocchia di Yokosuka, nella diocesi di Yokohama. “In questi 17 anni  - racconta - è stato un crescendo: sempre più persone hanno scoperto Gesù. Tra la messa della vigilia e quella di Natale in chiesa arrivano 700 persone e almeno 150 non sono cristiane. Nel Paese c’è una grande sete di Dio”.
 
Su oltre 128 milioni di abitanti, i cristiani sono lo 0,7%, quasi un milione e mezzo di persone. Poco più della metà sono giapponesi, i restanti stranieri: una sparuta minoranza immersa in una società di tradizione scintoista e buddista e in un Paese pieno di paradossi. “Quando mi chiedono se il Giappone è una terra di contraddizioni dico: ‘È vero’” afferma padre Ferrara. “ Esso è il più occidentale dei Paesi orientali, ma è asiatico nell’animo; è invaso dalla tecnologia, ma permeato da antiche tradizioni; la gente ha il culto del lavoro e nel contempo un forte sentimento religioso”.
 
“Se chiedi alla gente qual è la sua fede, ti dicono che non pratica nessuna religione. Poi a casa hanno l’altare degli antenati e se senti la televisione, le parole Dio e preghiera ricorrono spessissimo nei programmi”. “Nel nostro asilo parrocchiale – continua il sacerdote – su 162 bambini, solo una minima parte è cattolica: questo è un segno di stima e interesse verso la fede. Se c’è una cosa che si può dire del Giappone oggi è che c’è davvero una sete di Dio molto forte”.
 
“Andando all’osso dei disagi della società giapponese - afferma il padre del Pime - si potrebbe dire che il problema è che non ha ancora conosciuto Gesù Cristo”. I primi missionari cristiani sono arrivati sull’isola quasi 500 anni fa. Alla fine del XVI secolo i cattolici erano già 300mila. “Eppure ancora oggi molti giapponesi per definire la Chiesa usano la parola yosei, che indica qualcosa che viene dall’occidente. Anche questo può sembrare un paradosso, ma è così. Bisogna solo avere pazienza”.
 
Sono molte le persone che arrivano alla Chiesa, tante in età adulta. “Uno dei motivi è la sofferenza, il fatto che la vita dominata dal lavoro a un certo punto non regge. Per motivi di lavoro o di famiglia sono tanti alla ricerca di Dio, anche se non sanno nominarlo: sono alla ricerca di salvezza, di significato”. “Uno dei problemi più ricorrenti – racconta p. Ferrara - è l’alcolismo. Nella nostra parrocchia un giorno è arrivata una donna, madre di famiglia, che aveva un marito sempre ubriaco. È arrivata alla Chiesa perché non sapeva dove andare. Cercava una aiuto per sé, qualcosa che la salvasse. Così ha cominciato a venire in parrocchia, poi ha frequentato il catechismo e alla fine si è fatta battezzare”.
 
“Quella donna - continua - ha trovato la sua salvezza, è legata ormai alla parrocchia. Il problema è il dopo! Si fa fatica a far capire alle persone come continuare a vivere nella fede. Tu che hai il marito alcolizzato, hai trovato la salvezza che cercavi, sei contenta. Il passo è quello di testimoniarlo alla tua famiglia. Ma se torni a casa, e tuo marito è di nuovo ubriaco, e tu lo sgridi o lo insulti davanti ai tuoi figli, questo non è testimoniare la fede”.
Il 24 novembre sono stati beatificati 188 martiri giapponesi. “È stato un grande evento e molto atteso - dice padre Ferrara - che rilancia l’evangelizzazione in Giappone. Persone comuni che danno la loro vita per Cristo: questo fa pensare non credenti e cattolici, perché la maggior parte dei santi giapponesi sono martiri che hanno testimoniato la fede nel modo più estremo. Anche oggi c’è bisogno di santi, ma servono piuttosto persone che portino la loro testimonianza nella vita quotidiana. Nel cristianesimo ci sono tanti aspetti che sono rivoluzionari per la cultura giapponese: il perdono, lo stare insieme a persone diverse, anche straniere,…. ”.
 
Il missionario racconta che quest’anno, per la prima volta alcuni giovani della parrocchia sono andati a fare un campo di vacanza in Corea. A causa della guerra passata e dell’imperialismo giapponese, fra coreani e giapponesi non corre buon sangue. “È stato un lavoro lunghissimo – dice p. Ferrara -  abbiamo passato molto tempo a prepararlo. Alla fine, la settimana passata insieme con i ragazzi coreani è stata molto bella e i nostri erano stupiti di quello che succedeva. Che non era altro che stare insieme condividere del tempo e delle cose. Ma sono tornati a casa entusiasti”. “In questi anni abbiamo fatto lo stesso con i militari della base americana che si trova a Yokosuka, e con la comunità peruviana: stranieri che, grazie alle fede, sono diventati una presenza familiare per la comunità della parrocchia”.
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