25/08/2021, 11.43
VATICANO
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Papa: l'ipocrisia nella Chiesa è un male particolarmente detestabile

Nella catechesi tenuta nell'aula Paolo VI Francesco si è soffermato sulle "mezze verità", una finzione che è propria di "chi non sa amare veramente". Un pensiero anche per gli atleti impegnati a Tokyo nelle Paralimpiadi: "Offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio"  

Città del Vaticano (AsiaNews) – L'ipocrisia è un sintomo dell'incapacità di amare davvero. Ed è un male “particolarmente detestabile” quando si manifesta anche nella Chiesa. Lo ha detto papa Francesco questa mattina rivolgendosi ai fedeli nell'aula Paolo VI in Vaticano per il settimanale appuntamento dell'udienza generale del mercoledì.

Proseguendo la sua catechesi dedicata alla lettera ai Galati, il pontefice si è soffermato oggi sul tema dell'ipocrisia che è uno dei “pericoli della Legge”. Commentando il brano di Gal 2,11-14 in cui Paolo ricorda un episodio avvenuto anni prima, quando rimproverò Pietro perché - dopo averlo già fatto a Giaffa, in casa di Cornelio - ad Antiochia evitava di stare a mensa con quanti dal paganesimo erano giunti al cristianesimo per non essere criticato da quelli che erano arrivati da Gerusalemme. “Predicatori fondamentalisti” ha annotato il pontefice che avevano “creato confusione e tolto la pace a quella comunità”.

Francesco si è quindi chiesto: “Cosa è l’ipocrisia? Si può dire che è paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità”.

Per sottrarsi al dovere di dire la verità “sempre, dovunque e nonostante tutto”, si inventano le mezze verità, che sono una finzione: perché la verità – ha ricordato il papa - è verità o non è verità. Le mezze verità sono questo modo di agire non vero. E in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all’insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell’ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno…”.

La Bibbia, ha ricordato Francesco, propone tanti esempi luminosi sulla lotta all'ipocrisia. Per esempio la figura dell'anziano Eleazaro, nel secondo libro dei Maccabei: gli veniva chiesto di fingere di mangiare la carne sacrificata agli dei per salvare la sua vita, ma lui rispondeva che «non è degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant’anni Eleazaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione per appena un po’ più di vita, si perdano” (2 Mac 6,24-25). “Che bella pagina su cui riflettere per allontanarsi dall’ipocrisia”, ha commentato il pontefice.

“L’ipocrita - ha proseguito nella sua catechesi - è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Non è capace di amare veramente, si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore”.

Di qui l'invito a stare in guardia nelle situazioni della vita dove si può annidare l'ipocrisia: “Spesso – ha ammonito il papa - si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato. È particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa. E purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti”.

“Non abbiamo paura di essere veritieri - ha concluso Francesco - di dire la verità, di sentire la verità, di conformarci alla la verità. Così potremo amare. Un ipocrita non sa amare. Agire altrimenti dalla verità significa mettere a repentaglio l’unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato”.

Al termine della sua catechesi questa mattina il pontefice ha rivolto un pensiero anche agli atleti impegnati da ieri nelle Paralimpiadi a Tokyo. “Invio loro il mio saluto li ringrazio - ha detto - perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio. Essi, infatti, manifestano come l’impegno sportivo aiuti a superare difficoltà apparentemente insormontabili”.

Salutando un gruppo di pellegrini presenti ha ricordato inoltre i cinque anni trascorsi dal terremoto nell'Italia Centrale: “Con il concreto aiuto delle istituzioni – ha commentato il papa - è necessario dare prova di 'rinascita' senza lasciarsi abbattere dalla sfiducia. Esorto tutti ad andare avanti con speranza”.

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