07/02/2022, 11.00
AFGHANISTAN - ONU
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Ai talebani servono 4 miliardi di euro per salvare gli afghani dalla fame

Almeno 24 milioni di persone su 36 versano in condizioni critiche, gli aiuti arrivano col contagocce. Appello di Onu e agenzie internazionali per l’allentamento delle sanzioni. Focolai di dissenteria, morbillo, dengue, malaria e Covid-19. Fuga in massa delle dottoresse dal ritorno al potere dei talebani. 

Kabul (AsiaNews) - Per rispondere ai fabbisogni di una popolazione afghana sempre più povera e alla fame, colpita da una crisi sanitaria senza precedente, servono oltre 4 miliardi di euro. È l’allarme lanciato dalle agenzie umanitarie ancora presenti sul territorio, secondo cui almeno 24 milioni di persone - su un totale di 36 milioni di abitanti - versano in condizioni critiche e hanno bisogno urgente di aiuti. Che però non arrivano o entrano con il contagocce, mentre i funzionari delle Nazioni Unite assicurano che l’assistenza umanitaria prosegue, a prescindere dalla situazione politica (il potere nelle mani dei talebani) che regna nel Paese. 

Ramiz Alakbarov, vice rappresentante speciale per l’Afghanistan del segretario generale Onu, rilancia l’appello per gli aiuti ai quali vanno affiancati il rispetto dei diritti e delle libertà dei cittadini. In risposta, il ministero dell’Economia del governo talebano assicura di aver preparato un modello per la “distribuzione trasparente” dei beni di prima necessità alle persone nel bisogno e dice di accogliere con favore il sostegno delle Nazioni Unite e delle agenzie internazionali. 

Tuttavia, la situazione sul terreno si fa sempre più difficile in particolare nel settore della sanità che, secondo gli esperti, è a un passo dal collassare per la mancanza di risorse e bisogni crescenti, dalla lotta alla fame al contenimento della pandemia di Covid-19. In un lungo reportage il New York Times racconta di ospedali e cliniche che “lottano per resistere” fra carenze croniche di finanziamenti e una “ondata di malnutrizione e malattia acute”. Secondo alcune stime, fino al 90% dei nosocomi e dei centri di cura potrebbe chiudere entro i prossimi mesi affossando definitivamente le speranza di cura della popolazione. 

All’ospedale Indira Gandhi di Kabul, ma la situazione è simile in ogni clinica del Paese, vere e proprie ondate di bambini affamati arrivano giorno e notte in auto, taxi, ambulanze o altri mezzi di fortuna. La malnutrizione acuta è solo l’ultimo tassello di una cascata di malattie in una nazione il cui sistema sanitario è giudicato “fragile”, per usare un eufemismo. Il mese scorso lo stesso António Guterres ha definito l’Afghanistan “appeso a un filo”, rilanciando l’appello per la sospensione delle sanzioni o dei blocchi che ostacolano la consegna di aiuti umanitari. 

“Per 20 anni abbiamo tenuto l’Afghanistan attaccato a una trasfusione” mantenendolo in vita, ha sottolineato Filipe Ribeiro, rappresentante di Medici senza frontiere (Msf). Da un giorno all’altro, aggiunge, “abbiamo rimosso la flebo” e “ora dobbiamo trovare un modo per rimetterla”. Stime Onu affermano che tre quarti della popolazione afghana soffre di povertà acuta e 4,7 milioni di persone soffriranno di malnutrizione grave entro l’anno. Per i bisogni immediati servono tra i 4,5 e i 5 miliardi di euro, mentre Save the Children parla di “raddoppio” dei bambini gravemente malnutriti che si rivolgono a cliniche e ospedali dall’ascesa al potere degli studenti coranici ad agosto. Solo a dicembre almeno 40 bambini sono morti per strada, in attesa di cure mediche.

L’Organizzazione mondiale della sanità riferisce di focolai diffusi di dissenteria, morbillo, dengue, malaria e Covid-19, che minacciano di sopraffare ospedali già gremiti. Tariq Ahmad Akbari, direttore sanitario dell’ospedale Indira Gandhi, spiega: “Quando cerco di parlare alla gente del Covid, mi sento rispondere che non hanno cibo, acqua, elettricità quindi perché preoccuparsi oltremodo di questo virus?”. Sette delle otto dottoresse della struttura sono fuggite dopo l’arrivo dei talebani, mentre il personale medico negli ultimi cinque mesi è passato da 350 a 190 persone.  Quattro dei cinque microbiologi dello staff si sono dimessi e solo cinque dei 34 centri dedicati al nuovo coronavirus di tutto l’Afghanistan risultano ad oggi operativi.

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