27/10/2003, 00.00
Focus Afghanistan
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Amicizia a distanza

di Meenakshi Ganguly, (Time Asia)

Ghotair siede nella sua buia catapecchia a Kandahar, mentre allatta uno dei suoi quattro figli e dà uno schiaffo a un altro che piange per attirare l'attenzione. Orfana fin da piccola, Ghotair si è sposata con un cugino perché, nell'Afghanistan lacerato dalla guerra agli inizi degli anni Novanta, nessuna ragazza nubile era al sicuro. Ora Gothair ha 24 anni, è sposata da 12 anni e suo marito, un camionista quando trova lavoro, a fatica riesce a mantenere la famiglia.

Quando gli si chiede di descrivere la sua vita, Ghotair sorride, ma la sua risposta è triste: "Di giorno devo cercare da mangiare per la mia famiglia, di notte dormo e il mattino dopo andare a cercare ancora cibo".

È diversa la vita di Rangina Hamidi, 26 anni, che è riuscita a fuggire. La sua famiglia ha lasciato Kandahar nel 1979, e dopo 10 anni come rifugiati in Pakistan, sono sbarcati negli Stati Uniti. Suo padre fa il commercialista e Rangina ha frequentato la prestigiosa Università della Virginia. Al secondo anno di università ha cominciato a portare un velo in testa, disorientando i suoi amici americani e sconvolgendo i suoi parenti più liberali. "Stavo molto bene in America, racconta, ma sentivo che mi mancava qualcosa". Dopo la caduta del regime talebano nel 2001, Rangina saluta i suoi amici e la sua famiglia, sale su un aereo per il Pakistan e arriva a Kandahar: "Volevo ritornare a lavorare per la mia gente".

Ora, la seria 26enne con un diploma di scienze religiose è la migliore amica di Ghotair, che a malapena riesce a scrivere il suo nome. Sono entrambe musulmane, nate nella stessa città. Ma quando queste due nuove amiche si incontrano, due mondi entrano in collisione: la vita di una donna afghana che ha toccato il fondo sotto i talebani e un nuovo tipo di esistenza che lotta prepotentemente per rinascere. E mentre l'esitante governo di Kabul ha fatto grandi promesse di liberare le donne dell'Afghanistan, questa lotta avviene spesso dietro le porte chiuse delle case come quella di Ghotair.

Rangina è impegnata in un'organizzazione non governativa a favore delle donne, Afghani per una società civile, fondata da Qayum Karzai, fratello del presidente afghano Hamid Karzai. Ogni mattina, percorre le vie di Kandahar ed esorta le donne ad imparare a leggere e incoraggia le famiglie a mandare le loro figlie a scuola. Rifiutandosi di portare il hijab, Rangina è una figura insolita in una città profondamente conservatrice come Kandahar, dove la maggior parte delle donne rimangono chiuse in casa. La sua voce non è universalmente popolare. Alcuni mariti impediscono alle proprie mogli di ascoltarla.

Ma Rangina trova chi la ascolta nella via dove abita Ghotair.

Vestite anonimamente nel consueto hijab blu, alcune donne si dirigono verso la catapecchia di Ghotair, portando scialli e tovaglie che hanno ricamato. Dietro ad uno straccio sporco che funge da porta di casa, consegnano a Rangina il loro lavoro per il quale vengono pagate con gli aiuti di una Ong.

"Ha cambiato la nostra vita", esclama sorpresa Ghotair. "Adesso possiamo comprare vestiti e latte in polvere per i nostri bambini".

Le presenti nella stanza sono tutte parenti: infatti, le nove coppie che vivono nelle case di fango lungo la strada sono fratelli, sorelle e cugini che si sono sposati fra di loro per evitare di pagare la dote.

Quando tolgono il hijab, le donne afghane sembrano felici. Ghotair è la parrucchiera della famiglia, e tutte le donne hanno capelli acconciati. Ai mariti piace quando le loro mogli si truccano e indossano abiti trasparenti: assomigliano alle star del cinema di Bombay.

Sembra che le donne invidino ed ammirino Rangina. "Se le mie figlie potessero essere come te", le dice Ghotair, "sarebbe il più bel regalo che potrei ricevere". Infatti, nessuna bambina nella via di Ghotair frequenta la scuola. La nipote di sette anni di Ghotair, Farzana, è già stata promessa ad un uomo a cui la famiglia deve 2.300 dollari. Rangina ascolta la storia con orrore. Ammette di soffrire di quello che gli afghani ritornati sentono essere come "la colpa dei superstiti", chiedendosi come sia riuscita a fuggire dagli orrori che ancora schiavizzano i suoi nuovi amici. Non appena lascia la catapecchia di Ghotair, ha un sospiro: "C'è ancora molto fare!".

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