13/12/2021, 12.30
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Asia indietro nella vaccinazione Covid: serve nuovo tipo di vaccini

di Riccardo Lampariello*

In realtà popolose come l’India è al 36%; nello Yemen devastato dalla guerra è all’1,2%. In percentuale solo in Africa la situazione è peggiore. Incidono la conservazione del medicinale a basse temperature e le carenze dei sistemi sanitari locali. La soluzione è il ricorso a uno spray orale o nasale che non richiede refrigerazione né l'assistenza di operatori sanitari.

Ginevra (AsiaNews) – Nel mondo la vaccinazione contro il Covid-19 va a due velocità, lasciando i Paesi in via di sviluppo a malapena immunizzati. Gli sforzi internazionali come l'iniziativa Covax hanno cercato di garantire vaccini per tutti, ma con scarsi risultati finora. Stati asiatici molto popolosi hanno vaccinato in modo completo circa un cittadino su tre e centinaia di milioni di persone non hanno ricevuto alcuna dose. La copertura vaccinale è del 23% in Bangladesh, 24% in Pakistan, 36% in India e Filippine, e 37% in Indonesia. In nazioni devastate dalla guerra il dato è drammatico: 1,2% in Yemen, poco più del 4% in Siria e 9% per l’Afghanistan. In termini percentuali, la situazione è peggiore solo in Africa.

Mentre il coronavirus non ha risparmiato alcuna regione del globo, la risposta alla pandemia è stata diversa da Paese a Paese, esacerbando le disparità nell'accesso all'assistenza sanitaria. Grazie a un'alta copertura vaccinale, gli Stati più ricchi hanno arginato il numero di morti e ricoveri; alcuni come la Spagna possono permettersi di mantenere in funzione la maggior parte dei servizi, con restrizioni limitate. Anche se di recente la situazione sanitaria è degenerata in molte nazioni, non è nulla in confronto all'anno scorso con misure di blocco rigorose e generalizzate.

La vaccinazione ha avuto un impatto tale che secondo alcuni esperti il Covid diventerà presto endemico. Man mano che più persone vengono vaccinate o infettate, il virus perderebbe la sua virulenza e i casi gravi diventerebbero rari come in un'influenza stagionale.

A parte la crescente esitazione verso l'inoculazione, in molti Paesi in via di sviluppo qualsiasi campagna di vaccinazione potrebbe risultare un vero calvario, e ciò anche se i governi interessati avessero molte dosi a disposizione: trasporto, stoccaggio e somministrazione sono i principali ostacoli per accedere al vaccino.

Poiché in alcune parti del mondo ci sono ancora bambini a dose zero (che non hanno ricevuto nemmeno una singola dose di qualsiasi vaccino), la vaccinazione per tutti – o per gran parte della popolazione – allo scopo di raggiungere l'immunità di gregge è una pura chimera.

Nel migliore dei casi, gli attuali vaccini necessitano una catena del freddo, con quelli più efficaci che richiedono fino a meno 60 gradi Celsius per la conservazione: semplicemente impossibile per molti Paesi con scarsa copertura elettrica e logistica di base. Per non parlare del numero di operatori sanitari necessari per realizzare campagne di immunizzazione di massa in Stati con carenze storiche di personale medico. Gli attuali vaccini anti-Covid sono efficaci e sicuri, ma sono adatti ai contesti delle nazioni ad alto reddito.

Qualsiasi strategia globale per l’emergenza pandemica che faccia affidamento solo sugli attuali vaccini è miope. Se le barriere all'attuazione della vaccinazione non vengono superate, qualsiasi riduzione di prezzo e persino l'eliminazione del brevetto diventano  inutili. I nuovi investimenti per il Covid dovrebbero andare verso lo sviluppo di una nuova generazione di vaccini, idealmente uno spray orale o nasale che non richiede refrigerazione né l'assistenza di operatori sanitari, e con una durata di conservazione di almeno 12 mesi. Un tale ritrovato sarà adatto allo stato del sistema sanitario di molti Paesi poveri.

Con l'obiettivo di garantire una distribuzione più equa dei vaccini, a novembre si è riunita una task force sulla lotta al Covid formata da alcuni organismi internazionali – tra cui l'Organizzazione mondiale della sanità – e dalle società farmaceutiche produttrici. In modo deludente, le discussioni si sono concentrate solo su come fornire più vaccini, eliminare le strozzature al loro commercio, diversificare la produzione, ecc. I partecipanti non hanno riconosciuto in primo luogo le debolezze del sistema sanitario di molti Paesi per sostenere le campagne vaccinali.

Questo approccio non considera neanche le priorità contrastanti di molte nazioni alle prese con altre irresistibili piaghe irrisolte, come la malaria e la malnutrizione, per citarne alcune. Per combattere il Covid, la cooperazione internazionale dovrebbe anche investire in modo massiccio nel sostegno ai sistemi sanitari delle realtà in via di sviluppo.

Poiché la pandemia non ha confini, la situazione nei Paesi con risorse limitate può mettere a rischio lo stesso processo di “endemizzazione” a causa del previsto sviluppo di nuove varianti. Una tabella di marcia per sconfiggere il Covid-19 dovrebbe coinvolgere tutti gli Stati e non essere guidata da pochi. Qualsiasi pandemia prima o poi finisce: le scelte politiche di oggi determineranno quando e a quale costo umano (ed economico).

 

*Direttore del programma sanitario di Terre des hommes Foundation. Le opinioni espresse nell’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle dell’organizzazione per cui lavora.

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