24/07/2025, 12.14
LIBANO
Invia ad un amico

Barrack ai libanesi: 'Proseguire con pazienza sulla via del dialogo'

di Fady Noun

L'inviato americano di origini libanesi per la terza volta a Beirut per rilanciare l’accordo sul cessate il fuoco. Continua ad arrancarel disarmo di Hezbollah su tutto il territorio libanese. Per il dplomatico qulla delle armi è una questione «puramente interna» e non può essere ottenuta alcuna garanzia da Israele. Ai libanesi e al patriarca maronita ha assicurato che «gli Stati Uniti non abbandoneranno il Libano». Ora il diplomatico è atteso a Tel Aviv.

Beirut (AsiaNews) - Proveniente dal mondo degli affari, Tom Barrack è il nipote di libanesi greco-cattolici originari di Zahlé (Békaa). Ambasciatore del suo Paese in Turchia, è stato incaricato dal presidente Trump di occuparsi dei dossier siriano e libanese in qualità di inviato speciale. La recente visita di Barrack in Libano è stata la sua terza negli ultimi due mesi. L’obiettivo del viaggio era ricevere una risposta ufficiale a una proposta americana per il disarmo di Hezbollah, che aveva presentato durante la sua seconda visita. A differenza delle visite precedenti, questa volta il diplomatico ha ampliato il ventaglio degli incontri, includendo personalità religiose e numerose forze politiche, nel tentativo di convincere e ottenere il sostegno di varie parti libanesi alla sua missione.

Contrariamente alle sue aspettative, il governo non ha fornito né un calendario né misure concrete per il disarmo di Hezbollah. Il presidente del Parlamento, Nabih Berri, ha insistito sulla necessità di offrire qualcosa alla comunità sciita, anche solo un via libera alla ricostruzione, ma questo argomento non sembra aver convinto l’inviato americano. Barrack ha ribadito che la sua amministrazione non può chiedere garanzie a Israele, che non ha alcuna leva sullo Stato ebraico e che la questione delle armi di Hezbollah è «puramente interna».

Il punto centrale della missione - ha spiegato in sostanza - è capire come rilanciare il processo di disarmo di Hezbollah, dopo il fallimento dell’accordo di cessazione delle ostilità entrato in vigore il 27 novembre 2024. “Non sta funzionando. Voi avete un punto di vista, loro hanno un punto di vista, lasciateci offrirvi il nostro punto di vista su dove siamo e su come possiamo risolverlo”, ha dichiarato. E prima di partire per Tal Aviv ha aggiunto: "Fate in fretta, Israele non aspetterà a lungo. E sono loro non gli Stati Uniti che decideranno quandop il tempo sarà scaduto".

Dove finisce il disarmo

Per Israele, l’accordo prevede lo smantellamento della rete militare di Hezbollah finanziata dall’Iran, su tutto il territorio, “a partire” dalla regione a sud del fiume Litani. “Non c’è alcuna intenzione di consegnare le nostre armi a Israele”, replica il suo segretario generale Naïm Qassem. Tuttavia, il partito cerca di negoziare la sua cooperazione, sostenendo di aver già rispettato la prima parte dell’accordo del 27 novembre, consegnando le proprie posizioni in quella regione all’esercito libanese, secondo quanto previsto dalla Risoluzione 1701. Secondo Hezbollah, è Israele ad aver violato l’accordo, continuando ad occupare cinque postazioni di osservazione in territorio libanese, proseguendo i bombardamenti contro i combattenti e le postazioni del partito, e impedendo sistematicamente la ricostruzione di una serie di villaggi frontalieri rasi al suolo.

Secondo un bilancio basato sui dati del ministero della Salute libanese e dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), circa 280 persone (tra cui civili) sono state uccise in attacchi israeliani sul territorio libanese dalla fine di novembre. Statistiche locali indicano inoltre che circa 100mila unità abitative sarebbero state distrutte da Israele durante i 13 mesi di guerra con Hezbollah.

Israele, i drusi e lo spettro del “secondo Libano”

Ricevuto mercoledì nella sede patriarcale di Bkerké dal patriarca maronita Béchara Raï, dopo aver incontrato il presidente Aoun, il primo ministro Nawaf Salam e il presidente del Parlamento, Tom Barrack ha dichiarato di agire come “mediatore onesto”, nel tentativo di impedire che le divergenze tra Israele e Hezbollah sfocino in una “devastazione”.

Secondo una fonte ecclesiastica anonima, Barrack adatta la sua missione a una dichiarazione fatta dal primo ministro israeliano dopo i bombardamenti su al Swaida e Damasco il 14 luglio scorso. “Non permetteremo la creazione di un secondo Libano” in Siria, aveva affermato Netanyahu, riferendosi al confine israelo-siriano. “Ci impegniamo inoltre a proteggere la popolazione drusa con azioni intense. Spero che non dovremo andare oltre”, aveva aggiunto il premer israeliano. Secondo la fonte, “è chiaro che l'incubo Hezbollah continua a tormentare Israele; e la prova è che il ritorno degli abitanti nei villaggi del nord di Israele non è ancora avvenuto”.

In ambienti politici libanesi si ritiene che nei piani di Barrack e della sua amministrazione si tengano presenti tre elementi: primo, che le decisioni di Hezbollah non vengono prese in Libano, ma a Teheran, che sta cercando nuovi alleati a Mosca e Pechino; secondo, che Hezbollah agisce con astuzia e, anche in caso di ritiro completo di Israele, manterrà le sue armi per continuare a influenzare le decisioni interne libanesi, come dimostra il suo continuo ostacolo alle forze Onu dell’Unifil attraverso la popolazione locale; infine, si pensa che su questo punto specifico, Hezbollah e il movimento Amal potrebbero avere posizioni divergenti, cosa che Berri avrebbe confidato a Barrack.

Il leader delle Forze Libanesi (FL), Samir Geagea, ha criticato martedì la risposta ufficiale del Libano all'inviato americano Tom Barrack. Ha inoltre accusato le autorità di aver fornito una risposta senza consultare il governo, che secondo la Costituzione è responsabile dell’amministrazione delle politiche pubbliche, né il Parlamento, che ha il compito di controllare l’azione del governo.

Per quanto riguarda invece la Siria, la missione di Barrack attualmente consiste nel convincere Ahmad al-Sharaa a tenere conto dei “messaggi” israeliani, in particolare dei bombardamenti su al-Swaida e Damasco che hanno impedito all’esercito siriano di prendere il controllo della regione. Gli Stati Uniti mettono in guardia dal rischio che la Siria, lasciata a se stessa, possa diventare una nuova Libia o un nuovo Afghanistan. Per questo chiedono una riduzione della presenza di islamisti e salafiti nei circoli di potere, e un’apertura al pluralismo e ai movimenti sunniti moderati.

TAGs
Invia ad un amico
Visualizza per la stampa
CLOSE X
Vedi anche
Fra 10 giorni lo scambio di prigionieri fra Israele ed Hezbollah
08/07/2008
Joumblatt con gli Hezbollah: un “colpo di Stato bianco”
22/01/2011
Sfeir, sul futuro del Libano gravano le divisioni tra cristiani e le pretese di Hezbollah
02/10/2006
Gaza: Libano ostaggio di Hezbollah. Timori di ‘grande guerra’ fra i cristiani del sud
06/11/2023 10:25
Gaza: Chiese libanesi per la ‘neutralità’, ma Hezbollah soffia sul conflitto
23/10/2023 10:32


Iscriviti alle newsletter

Iscriviti alle newsletter di Asia News o modifica le tue preferenze

ISCRIVITI ORA
I più letti
“L’Asia: ecco il nostro comune compito per il terzo millennio!” - Giovanni Paolo II, da “Alzatevi, andiamo”