06/02/2017, 14.56
LIBANO
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Beirut, card Tagle: contro muri e pregiudizi, serve l’incontro con storie vere, persone reali

di Fady Noun

Il presidente di Caritas-Internationalis è intervenuto a un incontro organizzato da Caritas Libano sulla “formazione del cuore”. Il porporato ha sottolineato gli interventi dell’organismo cattolico, così differente dalle altre Ong. Essa resta una “presenza di Dio fra gli uomini” e deve essere al servizio di tutti. Globalizzazione e populismo richiedono una trasformazione morale.

 

Beirut (AsiaNews) - Vi era un certo slancio, ma anche una nota di stanchezza fra i membri e il personale di Caritas Libano intenti ad ascoltare, nei giorni scorsi, l’intervento del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas-Internationalis. Il porporato è intervenuto in un incontro a Beirut incentrato sulla “formazione del cuore” per quanti operano nel sociale sotto l’egida di Caritas Libano, l’organismo caritativo incaricato di promuovere la pastorale sociale della Chiesa cattolica. 

Al mondo vi sono 165 sedi nazionali della Caritas, ciascuna delle quali gode di piena autonomia, sebbene esse siano legate in modo organico alla Caritas-Internationails, anch’essa presente in tutte le zone critiche e con gravi problemi umanitari. Un impegno capillare che non fa distinzioni fra emergenze provocate dalla guerra, dalla povertà o da catastrofi naturali. In questo modo Caritas-Internationails arriva ad occuparsi di almeno 198 fra nazioni e territori. 

Nella sala polivalente situata al secondo piano interrato della sede centrale di Caritas Libano, nel quartiere di Sin el-Fil a Beirut, il cardinal Tagle, seduto al tavolo con p. Paul Karam, presidente di Caritas Libano, sembrava svanire dietro al grande mazzo di fiori bianchi posto davanti a lui. 

Ma il suo sorriso e il suo buonumore erano in grado di superare tutti gli ostacoli. Con l’affabilità di un uomo abituato a parlare in pubblico - egli è anche professore di teologia - il prelato ha parlato bene e a lungo della “formazione del cuore” così necessaria perché Caritas-Libano non affondi solo nella “gestione”, perché essa non si trasformi in “una Ong fra tante altre”, ma resti “quella presenza di Dio fra gli uomini” che è e deve sempre essere per tutti. 

Situazione di angoscia. Ecco il racconto del cardinale: Nepal, 25 aprile 2015. Un terremoto devastante colpisce il Paese. In una piccola cittadina sperduta, a più di 200 km da Kathmandu, il sisma aveva provocato in pochi minuti almeno 3mila vittime. 

In questo villaggio non vi era nemmeno un cristiano, ma tre giorni dopo la catastrofe Caritas era sul campo, operativa. “La povertà era tale che per ringraziarci - racconta il porporato - queste persone non avevano altro da offrire che dei versi, delle danze e delle ghirlande di fiori. Poi, hanno trovato un po’ di acqua e dei biscotti e ce li hanno offerti. Ho finito per dare i miei biscotti, in segreto, a un bambino fra le braccia di sua madre, che li fissava senza vergogna. Amore universale, ecco la Caritas”. 

Il discorso e il sorriso del cardinal Tagle non hanno potuto cancellare le rughe sul volto di tutti gli astanti. Egli stesso ne aveva fatto allusione. “Perché siete alla Caritas, quando potete guadagnare due volte di più altrove?” chiede al personale dell’ente, il cui lavoro è legato in modo indissolubile alla missione cristiana nel mondo.

Un discorso accolto in modo benevolo, anche se non sono mancate perplessità. Durante il periodo di colloquio informale che ha seguito il suo intervento, il presidente di Caritas-Internationalis ascolterà a più riprese queste parole: la comunità di accoglienza - hanno spiegato alcuni dei presenti - risente nel profondo dell’ingiustizia di una distribuzione degli aiuti che la esclude sebbene anch’essa, alle volte, è allo stesso livello di bisogno della popolazione che aiuta. Indirettamente, vogliono far sentire anche la loro voce?

Per il cardinal Tagle la crisi è macro-economica. L’enorme afflusso di rifugiati, il flusso dei migranti verso i Paesi ricchi è “il segnale di un risveglio”. “Noi parliamo di globalizzazione dagli anni ’80 - ha aggiunto il porporato - ma ultimamente, in particolare in Occidente, si sta sviluppando un atteggiamento protezionista. Alcuni Paesi cominciano a promuovere politiche protezioniste. Certo, è del tutto legittimo che lo facciano. Ma fare     queste scelte in un mondo così fluido come il nostro, mentre povertà, conflitti e ingiustizie cacciano intere popolazioni dalle loro terre natali, è qualcosa di preoccupante”. 

“Per quale motivo una globalizzazione che sembrava così promettente - prosegue l’arcivescovo di Manila - sta per produrre un qualcosa che è totalmente contrario ad essa?”. A mio avviso, aggiunge, “la questione morale di fondo è la seguente: che genere di globalizzazione si è avuta nel corso degli ultimi anni? Durante il vertice economico di Davos, Oxfam [Ong impegnata a contrastare le ingiustizie all’origine della povertà nel mondo] ha reso pubblico uno studio nel quale emerge che i beni delle otto persone più ricche al mondo equivalgono a quelli di circa 3,6 miliardi di uomini e donne poveri. Lasciatemi dire che se questa è la globalizzazione, allora questa è una cosa oscena!”. 

“Quello cui assistiamo - avverte il porporato - è forse il segno di una crisi morale ancora più profonda. Giovanni Paolo II lo ha raccontato: la globalizzazione dell’amore e della soddisfazione dei bisogni primari è positiva, ma la globalizzazione cui stiamo assistendo è quella che favorisce un piccolo numero di individui. E quelli che si considerano dimenticati o, peggio ancora, oppressi oggi si ribellano. Sfortunatamente, i politici sanno capitalizzare abilmente queste situazioni e questi sentimenti di frustrazione. Il populismo non è mai andato così lontano. Dal canto suo, papa Francesco ha parlato di ‘globalizzazione dell’indifferenza’”. 

Sulle restrizioni all’immigrazione imposte dalla nuova amministrazione americana, il cardinal Tagle esprime riserve: “Discriminare Paesi e popoli come se i migranti provenienti da quelle zone fossero delle minacce potenziali è frutto di generalizzazione. E, come tutte le generalizzazioni, possono essere ingiuste […] Di contro, ho sentito dire che verrà concessa priorità ai cristiani. Non credo che questa scelta renda felice i diretti interessati. Non è il momento di aggiungere ulteriori discriminazioni a quelle che vi sono già nel mondo. Dichiarazioni di questa natura possono ravvivare animosità nei loro confronti e provocare reazioni ostili verso i cristiani da parte dei musulmani. Lo ripeto, in tutti i conflitti ci sono gli innocenti, cristiani come musulmani, che finiscono per essere coinvolti. Ecco perché ho delle riserve”. 

Come antidoto verso i pregiudizi che colpiscono migranti e sfollati, il cardinal Tagle prescrive il contatto con “persone vere, storie reali”. “Se aprite gli occhi, le orecchie, i cuori - avverte - potrete dire: questa qui avrebbe potuto essere mia madre o mia sorella; questo qui avrebbe potuto essere mio padre”. Ai responsabili di governo e agli amministratori che incontro, dico sempre: di grazia, sappiate che la decisione che prendete tocca la vita di persone vere. Se ad ispirarvi non sono la dignità umana e il bene comune, la vostra azione complicherà il problema, invece di risolverlo. Non potete creare dei conflitti, spingere i popoli all’esodo, e poi sbarrare loro la porta davanti al naso!”. 

Tuttavia, questo è proprio ciò che sta accadendo. 

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