03/01/2023, 12.23
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Benedetto XVI e il Libano: fattore di unità e identità contro l’esodo dei cristiani

di Fady Noun

Nel settembre 2012 il papa emerito ha compiuto un viaggio apostolico nel Paese dei cedri, ultimo all’estero del pontificato prima delle storiche dimissioni. L’esortazione frutto del sinodo sul Medio oriente, affidata alle Chiese cattoliche orientali. L’invasione silenziosa della modernità la sfida di oggi, assieme alle violenze estremiste. 

Beirut (AsiaNews) - Non era certo necessaria l’immensa capacità di sintesi di questo gigante dell’intelletto che è stato papa Benedetto XVI per capire e integrare l’enorme diversità del mondo cattolico, di cui è parte la porzione del popolo di Dio che vive in Terra Santa e in tutto il Medio oriente. Venendo in Libano, dove è giunto il 12 settembre 2012, ultimo viaggio all’estero del  suo pontificato, il papa emerito da poco scomparso è infatti venuto per tutta la regione, consegnando alle sei Chiese cattoliche orientali l’esortazione apostolica frutto del Sinodo per il Medio oriente che si era tenuto due anni prima: “La Chiesa cattolica nel Medio oriente: comunione e testimonianza” (10-24 ottobre 2010).

Era arrivato con un elemento di svantaggio, ovvero il ricordo della calorosa accoglienza riservata al suo predecessore Giovanni Paolo II nel 1997. Sarebbe stato possibile rivivere quei giorni? In realtà, la sua chiarezza e i suoi modi dolci e gentili nell’espressione, così distinti, a modo loro avrebbero suscitato uguale meraviglia. 

Le autorità civili e religiose che lo hanno accolto al suo arrivo, al palazzo presidenziale, gli hanno riservato un caloroso benvenuto. Rivolgendosi al pontefice per un saluto, il muftì Mohammad Rachid Kabbani ne era sicuro: “Le nostre relazioni privilegiate - afferma - sono anche il nostro messaggio al mondo”. Difatti egli era venuto per continuare ciò che Giovanni Paolo II aveva iniziato col Sinodo sul Libano (1995) e che Francesco porta avanti oggi con metodo, soprattutto con la Dichiarazione di Abu Dhabi (2019): mappare spiritualmente la “culla” del cristianesimo e “riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi” (Giovanni 11:52). Essa è “l’unica Chiesa di Cristo [che] si esprime nella diversità delle Tradizioni liturgiche, spirituali, culturali e nella disciplina delle sei venerabili Chiese cattoliche orientali sui iuris, così come nella Tradizione latina” come avrebbe affermato nella messa di apertura del sinodo, tenuto a Roma nel 2010. 

Quello nel Paese dei cedri non era il suo primo viaggio in Medio oriente. “É questo il criterio interiore - sottolineerà poi nella solenne celebrazione eucaristica di apertura del sinodo - che mi ha guidato nei viaggi apostolici in Turchia, in Terra Santa [Giordania, Israele e Palestina] e a Cipro, dove ho potuto conoscere da vicino le gioie e le preoccupazioni delle comunità cristiane”. Benedetto XVI si è accostato al Medio oriente attraverso il Libano, una eccezione democratica e pluralista in un mondo caratterizzato da autocrazie. Inoltre, ci piace pensare che egli sia venuto per aiutare i libanesi di tutte le confessioni, a partire dai cristiani, ad apprezzare nel giusto modo la sintesi della civilizzazione islamo-cristiana che amiamo definire “il vivere in comune” e che il suo predecessore aveva offerto come modello al mondo occidentale e orientale. 

In questa prospettiva, egli era venuto a infondere una nuova vita alle “radici religiose” della comunità maronita, maggioritaria in Libano fra i cristiani, di cui Giovanni Paolo II aveva ricordato essere “la fonte della loro identità nazionale”. Un aggiornamento diventato indispensabile per padroneggiare una storia che si stava complicando dalla creazione del “Grande Libano” (1920) e per il movimento di decolonizzazione che aveva seguito la Seconda guerra mondiale.

Rivolgendosi alle migliaia di giovani venuti ad ascoltarlo sulla grande piazza allestita all’entrata della sede patriarcale maronita di Bkerké, Benedetto XVI ricorderà loro “l’onore” che deriva dal vivere in una terra calpestata dai piedi del Cristo. E aggiungerà: “Vorrei salutare ora i giovani musulmani che sono con noi stasera. Vi ringrazio per la vostra presenza che è così importante. Voi siete con i giovani cristiani il futuro di questo meraviglioso Paese e dell’insieme del Medio oriente. Cercate di costruirlo insieme! E quando sarete adulti, continuate a vivere la concordia nell’unità con i cristiani. Poiché la bellezza del Libano si trova in questa bella simbiosi. Bisogna che l’intero Medio oriente, guardando voi, comprenda che i musulmani e i cristiani, l’Islam e il Cristianesimo, possono vivere insieme senza odio, nel rispetto del credo di ciascuno, per costruire insieme una società libera e umana”. 

Il defunto papa emerito non ha dimenticato, in quell’occasione, i giovani arabi che sono riusciti a venire all’incontro: “Ho saputo inoltre - avrebbe aggiunto - che ci sono tra noi dei giovani venuti dalla Siria. Voglio dirvi quanto ammiro il vostro coraggio. Dite a casa vostra, ai familiari e agli amici, che il Papa non vi dimentica”. Egli si è rivolto a loro quando il Paese veniva ancora identificato, non senza sofferenze, con le rivolte di piazza legate alla Primavera araba, prima di piombare nelle violenze della guerra.

Il papa era “entusiasta” dell’accoglienza “esuberante” che i giovani gli avevano riservato, ricorda mons. Paul Sayah, all’epoca vicario patriarcale maronita. Ed è proprio in seguito a questa accoglienza che a due libanesi viene affidata la stesura delle meditazioni della Via Crucis. Tuttavia, il viaggio di Benedetto XVI in Libano sarà anche l’ultimo del pontificato e non porterà tutti i frutti desiderati. Tanto che oggi le comunità libanesi aspettano con trepidazione una nuova visita papale, con la necessità di poter essere di nuovo confermati nella loro vocazione storica.

Passati una decina di anni, il panorama esteriore è enormemente cambiato e si è avverato proprio quanto Benedetto XVI e molti altri come lui temevano: gli appelli al dialogo sono giunti troppo tardi. La scellerata invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel marzo 2003 ha stravolto il Paese. Le tenebre di Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico] si sono estese sulla piana di Ninive (2014-2019). La Siria e l’Iraq stesso si sono svuotati della loro presenza cristiana, un esodo difficilmente reversibile mentre il dramma palestinese si è ormai radicalizzato.

Per il Libano, privato dalle sue generazioni di giovani più istruite, la lotta si consuma sul piano economico e antropologico. Economicamente, il Paese non riesce a liberarsi dalle grinfie di coloro che hanno saccheggiato le sue risorse e le sue ricchezze. Antropologicamente, la modernità intesa come invasore silenzioso - e in altri momenti molto rumoroso - si è infiltrata ovunque, lanciando alla Chiesa e ai fedeli la formidabile sfida del relativismo etico che, in alcuni casi, si è infilato anche all’interno delle istituzioni stesse.

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