25/11/2025, 08.03
RUSSIA
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Boris Kagarlitskij e il dissenso dell’ultimo marxista di Russia

di Vladimir Rozanskij

Il 68enne sociologo russo è uno dei più illustri prigionieri politici di Putin, ma lo era stato già nell’Urss di Brežnev. Dal lager egli dichiara di sentirsi più libero di esprimere le proprie opinioni. Egli sta scontando una condanna a cinque anni per “giustificazione del terrorismo” in riferimento alle sue critiche per la guerra. Peggiorano le condizioni di salute in carcere. 

Mosca (AsiaNews) - Il nome del sociologo russo Boris Kagarlitskij, prigioniero politico nella Russia di Putin e già dissidente nell’Urss di Brežnev, ritorna sempre più spesso nelle “cronache dal lager” di cui rappresenta uno dei personaggi più particolari. Egli dichiara di “preferire il lager a Twitter” per sentirsi libero ed esprimere le sue opinioni, mai allineate con il potere costituito, ma neppure con le principali ideologie di opposizione.

Nei giorni scorsi la sua avvocata ha informato del peggioramento delle sue condizioni di salute, mentre sta scontando una condanna a cinque anni in campo di concentramento per “giustificazione del terrorismo”; invece di mandarlo a fare controlli in ospedale è stato rinchiuso in cella d’isolamento per “disordine nel comodino” della sua cella di detenzione. Prima di essere condannato, Kagarlitskij aveva ignorato i segnali provenienti dalle autorità, che avrebbero visto con favore un suo trasferimento all’estero, per evitare i fastidi di uno dei più noti pubblicisti “di sinistra” sia in Russia che al di fuori dei suoi confini.

Come racconta il giornalista Ilja Azar su Novaja Gazeta Kazakhstan, il sociologo 68enne è stato un maestro per diverse generazioni di persone, fin da quando era prigioniero dei sovietici, e nel 2014 aveva apertamente appoggiato la “rivolta del Donbass” contro gli ucraini, salvo poi condannare l’invasione putiniana del 2022. È stato quindi arrestato a luglio del 2023 per aver parlato in senso positivo dell’esplosione sul ponte di Crimea, in un video pubblicato sul canale YouTube Rabkor dal titolo: “Congratulazioni esplosive al gatto del ponte, agli uomini in preda alla crisi di nervi e agli assalti alle inutili infrastrutture”.

Pochi mesi dopo fu rimesso in libertà e costretto soltanto a pagare una multa, “sperando di averlo spaventato a sufficienza”, come afferma la figlia Ksenia Kagarlitskaja, e consegnandogli subito il passaporto per espatriare, ma Boris non ne aveva alcuna intenzione. “Si è messo a provocare ancora di più”, racconta Ksenia, dando subito un’intervista al canale Khodorkovskij – Live per sostenere le sue critiche al regime putiniano e alla guerra. Secondo il suo amico e sostenitore Pavel Kudjukin, “probabilmente sperava nella copertura dei suoi amici nell’amministrazione del Cremlino”. La figlia sperava di portarlo con sé in Montenegro, ma egli non ne ha voluto sapere.

A febbraio del 2024 Kagarlitskij è stato convocato in tribunale per il processo d’appello richiesto da procuratore, ed era talmente convinto che non gli sarebbe successo niente che aveva prenotato una vacanza in Egitto, ma dal tribunale è finito direttamente alla condanna del lager. Egli ha comunque insistito che “se vuoi in qualche modo influire sulla politica russa, devi rimanere in Russia”, una posizione che lo allinea alle tragiche scelte del più grande dissidente della Russia putiniana, il martire Aleksej Naval’nyj.

A chi gli contesta che “ormai in Russia la politica non esiste più da tempo”, egli ricorda di essere stato in lager ben prima della Russia Unita di Vladimir Putin, quando non c’erano neppure le elezioni falsificate di oggi, ed era stato arrestato nel 1982 (era ancora vivo Brežnev) nel cosiddetto “caso dei Giovani Socialisti”, che criticavano da sinistra lo stesso regime comunista. Per Kagarlitskij “stare in galera fa parte della lotta politica, e bisogna essere sempre pronti a questo”. I suoi seguaci ne riconoscono anche oggi la “grande apertura mentale”, la sua ispirazione per un vera “rivoluzione egualitaria” che superasse prima il totalitarismo del partito, e quindi la dittatura degli oligarchi della Russia attuale.

Anche i suoi critici ne riconoscono l’onestà mentale e la capacità di affascinare anche il grande pubblico, “non è Gandhi, ma è difficile trovare qualcuno che non si sia trovato in conflitto con lui su qualche argomento, ricavandone alla fine impressioni molto piacevoli”, affermano diversi commentatori. Perfino la figlia Ksenia non si allinea al padre, “non mi ha fatto diventare marxista, sono una liberale di sinistra”, e insieme a tante persone in Russia guarda al padre Boris come un profeta di una Russia futura, fatta di “uomini veri che pensano con la propria testa”.

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